LA GUERRA E’ (QUASI) VINTA.
La Guerra è arrivata a Kiev. Il prolungamento della cosiddetta operazione antiterrorismo, ben oltre i limiti previsti dai suoi propugnatori e con risultati disastrosi per le forze armate ucraine, costringe Kiev a fare i conti con la realtà. E con i suoi soldati che tornano alle famiglie chiusi in una bara ed avvolti in una bandiera. Slava Ucraina vuol dire lutto e disperazione in tutto il Paese. Quale gloria ricompenserà chi ha perso il marito, il figlio, il fratello o l’amico, mandati a morire per gli interessi di quattro traditori della patria che si sono arricchiti derubando lo Stato ed ora anche sacrificando la gioventù nazionale per interessi stranieri e valori alieni alla propria cultura? Le vite spezzate in nome di una finta rivoluzione sono ormai troppe e gridano vendetta. La Propaganda fatica a nascondere la situazione e la popolazione si ribella alle autorità responsabili dell’escalation militare. Gli oligarchi si ostinano a fare passare il messaggio contrario ma nascondere la disfatta non è più possibile. L’esaltazione dei giorni di Majdan sta lasciando il posto allo sconforto e alle lapidi di oggi. Le medaglie sulle tombe non consolano nessuno. A fortiori quando si perde. Si susseguono in tutto l’ovest scene di gente comune che chiede la cessazione delle ostilità ed il ritorno a casa dei propri ragazzi rastrellati per le strade e spediti, contro la loro volontà, a combattere in una zona che non conoscono. Molti di loro non sanno nemmeno perché si trovano nel Donbass, vogliono solo tornare alla loro quotidianità. L’Ucraina sta collassando socialmente dopo essere stata distrutta economicamente. Il rigido inverno ucraino è dietro l’angolo e le persone non hanno di che riscaldarsi. I prezzi dei beni di prima necessità sono saliti alle stelle e non ci sono soldi in tasca per strappare un’esistenza decente. Valeva la pena morire in piazza, ed adesso anche sul campo di battaglia, per rincorrere i fantasmi della libertà e di una democrazia che non si mangia? La terra promessa europea è stata soltanto un abbaglio, l’inganno di un gruppo di affaristi che voleva svendere il patrimonio pubblico per ingrassare i suoi conti. La libertà di farsi gli affari loro, questo pretendevano gli oligarchi che si commuovevano come coccodrilli su Piazza Indipendenza, fingendo empatia con i manifestanti e già pregustando un altro saccheggio pubblico alle spalle dei contribuenti. L’austerità imposta dal Premier Yatseniuk non è più tollerabile in un clima di demoralizzazione generale. I Generali ucraini sono pronti a trattare una resa onorevole con i separatisti, per essi è meglio qualche concessione territoriale che una fine ignominiosa. Poroshenko non ne vuol sapere di deporre le armi perché la capitolazione militare sarebbe anche la sua fine. Sarebbe costretto a fare i conti con insormontabili questioni interne che gli esploderebbero in faccia in assenza di un nemico “esterno” da combattere. Dovrebbe affrontare problematiche di ogni genere: dagli ultranazionalisti che controllano alcuni ministeri e dipartimenti chiave del governo, dei quali dovrebbe immediatamente sbarazzarsi per essere credibile con i suoi alleati democratici in Europa, al disarmo delle bande di criminali che lui stesso ha equipaggiato per la rivolta e la guerra, all’emorragia delle finanze pubbliche sulle quali pendono i diktat dell’UE e del FMI. In queste circostanze sarebbe molto meglio per lui scappare all’estero e cercare protezione presso uno di quei governi occidentali che hanno assicurato la sua ascesa con brogli elettorali ed eliminando i partiti sgraditi dalla competizione. Per tutte queste motivazioni Putin sta aspettando a riconoscere la Nuovarussia le cui sorti potrebbero presto essere contrattate con un nuovo governo di emergenza nazionale meno compromesso con gli stranieri e più vicino alla Russia, che potrebbe nascere sulle ceneri di quello attuale. Lo abbiamo scritto sin dall’inizio, il Cremlino non rinuncerà nemmeno ad una fetta dell’Ucraina, che vada o meno in porto il disegno della secessione.
Nel frattempo sul campo si susseguono le vittorie delle milizie. Mariupol ormai circondata cadrà nelle mani degli insorti. La battaglia per l’aeroporto di Donetsk è questione di ore, altre regioni aspettano il segnale per rivoltarsi. Senza gli aiuti fattivi della Nato gli ucraini non andranno da nessuna parte. La domanda principale è, dunque, questa: l’Alleanza Atlantica arriverà sino al punto di agire scopertamente e di aprire un pericoloso confronto diretto con la Russia? Personalmente ne dubito. E’ meglio che le diplomazie internazionali si mettano subito al lavoro per cercare una soluzione di comodo che salvi la faccia a tutti quelli che hanno provocato questa guerra. Putin non concederà più di ciò a chi ha voluto mettere scompiglio nel suo giardino di casa.