MADURO CHE DURI
La situazione in Venezuela è precipitata, dopo il referendum sulla Costituente di qualche giorno fa, e non si escludono colpi di mano violenti delle opposizioni, con l’appoggio dei governi occidentali. ll segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, vorrebbe defenestrare Nicolas Maduro, ingerendosi pesantemente negli affari di un Paese sovrano. Una violazione delle regole internazionali che però non indigna la stampa mondiale, perennemente prona agli interessi di Washington. Immaginate se Putin avesse dichiarato, così schiettamente, di voler rimuovere Poroshenko. La reazione dei media e dei “circhi” democratici filo-atlantici sarebbe stata di diverso tenore. “Stiamo valutando tutte le nostre opzioni politiche per creare un cambio di condizioni in cui o Maduro decide che non ha un futuro e vuole andarsene di sua spontanea volontà, oppure noi possiamo riportare i procedimenti governativi alla loro costituzione”, afferma Tillerson che, evidentemente, ritiene il Venezuela un’appendice degli Usa e non uno Stato autodeterminato.
Auspichiamo la strenua resistenza del gruppo dirigente chavista, fino alla sconfitta dei traditori interni e dei loro padrini esteri, tuttavia dobbiamo registrare l’incapacità dei vertici statali a compattare la società venezuelana. Le ricette finanziarie dei cosiddetti socialisti del XXI secolo si sono rivelate inadeguate a risolvere la pesante crisi che attraversa la nazione. Le battaglie per far uscire dalla povertà i ceti emarginati sono sacrosante ma per affrontare le sfide della fase occorre saper rilanciare tutta l’economia, favorendo il benessere dei ceti medi e stimolando gli investimenti delle imprese strategiche che non possono essere usate come enti assistenziali.
Qualche anno fa scrivemmo che queste sarebbero state le difficoltà a cui sarebbero andati incontri i post-chavisti. Quest’ultimi non sono aiutati da un approccio ideologico datato che mal si concilia con le esigenze dell’epoca multipolare. Non è elegante autocitarsi ma tant’è: “Le conquiste sociali del chavismo in Venezuela (che sono senz’altro da preservare) reggeranno unicamente se il Paese riuscirà a collocarsi intelligentemente negli spazi in ridefinizione della geopolitica intercontinentale, conservando ed accrescendo la propria autonomia decisionale. Parliamo di un popolo che fino ad alcuni anni fa soffriva di analfabetismo, elevata mortalità infantile, malnutrizione, disoccupazione, bassi salari, assenza di cure mediche ecc. ecc. Tutti temi messi al centro dell’agenda politica dall’ex Colonnello con le sue missioni volte a forgiare uno stato sociale funzionale ed accessibile. In era di scoordinamento multipolare – in cui i sistemi faticano a trovare la quadra perché non esistono stabili centri di riferimento e di regolazione politico-economica e in cui si accende una strenua concorrenzialità tra i competitors globali – non si respinge la crisi finanziaria senza fortificare le imprese di punta e la sovranità statale. Ad ogni modo, il bolivarismo dovrà coniugarsi, fino a snaturarsi nei suoi elementi idealistici incongrui, con l’oggettività di un certo modello di sviluppo, escogitando formule di identificazione e partecipazione pubblica meno fantasiose del socialismo del XXI secolo. Che sarà costretto dal corso degli eventi, quasi certamente, a segnare il passo. Un’altra incognita seria per i bolivaristi si apre proprio in questo periodo, con la successione ad Hugo Chavez. Nicolas Maduro ha qualità inferiori ed esercita meno seduzione del suo predecessore. Alle ultime elezioni si è affermato di misura sullo sfidante Henrique Capriles Radonski, che dice di ispirarsi al leader del PT brasiliano, Inácio Lula. Sta di fatto che scopriremo presto se dietro l’ex Presidente Chavez si è formato un gruppo dirigente all’altezza dei suoi compiti o se questa esperienza si concluderà tra spinte centrifughe intestine e provocazioni indotte da agenti forestieri, sempre all’opera in tutto il Sud America. Ci sono sintomi di lotte interne e divisioni acerrime che non promettono nulla di buono…L’avvenire dello Stato Venezuelano è legato al destino dell’intera area sudamericana e caraibica. Non si può dire che geopoliticamente il socialismo del XXI secolo abbia interpretato quel ruolo di aggregazione che era nei proponimenti dei suoi fautori, tanto che il più potente vicino nordamericano sembra non esserne così preoccupato. Gli Usa lasciano fare, convinti di ristabilire l’ordine in un secondo tempo, essendo attualmente trascinati su palcoscenici regionali e transcontinentali da essi ritenuti più fulcrali nell’attuazione della loro strategia generale” (Qui) . Forse, nei disegni americani, quel momento si è avvicinato, essendo in definizione le questioni in altri scenari.
Ps. Tutti quelli che stanno accusando Maduro di essere un delinquente ed un sanguinario non meritano alcuna considerazione. Chi lo sta osteggiando, in patria e fuori, è almeno un brigante e mezzo rispetto al “bandito” venezuelano.
Ps.2 Nutro molta simpatia per il Venezuela, luogo dove è sepolto Giovanni Petrosillo. Mio nonno. I miei parenti si lamentano del caos e della povertà. Non ho ragione di dar loro torto ma le cose possono sempre peggiorare come insegna la storia di quel Paese.