In Cammino, verso una nuova epoca. Intervista a La Grassa. di Piero Laporta

gianfranco

1) Perché questo nuovo libro?

La parte teorica prosegue un lavoro di riformulazione della mia teoria sociale di riferimento, che è stata il marxismo, lavoro che prosegue almeno dagli anni ’90 del secolo scorso. Da allora ho tentato di individuare dove si situavano i limiti di questa teoria in merito alle analisi e previsioni circa la dinamica del modo di produzione capitalistico, limiti ben evidenti ormai e, a mio avviso, mai presi in seria considerazione. O ci sono stati abbandoni di tale teoria e passaggio ad altre; oppure goffi tentativi che hanno reso Marx un autore soltanto utopista e pieno di afflati “umanistici”. A mio avviso non è così e ho cercato di approfondire il discorso sui pregi, ma anche sull’ormai evidente invecchiamento del marxismo. Nel libro vi è però anche una parte storica, in cui ho cercato di ristabilire almeno alcune coordinate di certi eventi del passato non lontano, a mio avviso vergognosamente alterati da storici non so se ignoranti o in malafede. Come semplici esempi cito la crisi dei missili a Cuba dell’ottobre 1962 e il caso Moro del 1978.

 

2) Ha un senso il marxismo oggi?

Secondo me sì, ma solo come inizio della scienza relativa alla storia delle società umane. Certamente, il pensiero marxiano si è accentrato poi soprattutto sull’ultima forma di società, quella detta capitalistica, anche perché è indubbio che volesse fornire una impostazione teorica utile all’azione politica di quello che è stato detto “movimento operaio”. Tuttavia, oggi io ritengo si debba mettere un po’ in sordina quell’intento (mi sembra del tutto evidente il suo fallimento, su cui non posso soffermarmi qui, ma su cui ho scritto non so quanti libri e articoli); più interessante è per me considerare Marx una sorta di Galileo della scienza sociale, con tutti i meriti degli iniziatori, ma di cui si devono infine considerare i limiti e il netto “invecchiamento”.

 

3) Chi sono gli eredi del pensiero marxista? Tu? Altri?

Non so dire nulla di altri, anche se non vedo molti marxisti; e anche quelli “scatenati”, in specie dal ’68, mi sembrano più che altro degli inverecondi distruttori di un pensiero scientifico. Quanto a me, non mi considero un erede. Mi sono formato a quel pensiero, l’ho studiato a fondo, ho cercato (e tuttora cerco) di coerentizzare quel modello teorico senza pretendere di riportare quello che veramente avrebbe detto Marx. Quanto più cerco di renderlo coerente, tanto più mi sforzo di evidenziarne i limiti e le possibilità di una positiva uscita da esso per afferrare almeno alcuni elementi rilevanti della dinamica sociale di quest’epoca.

 

4) Dopo le Brigate Rosse, la rivoluzione comunista ha perso dignità storica?

Direi di no, perché ho molti dubbi che le BR facciano parte integrante di quella rivoluzione. Inoltre, quest’ultima viene detta comunista semplificando. Diciamo che si tratta di fenomeni rivoluzionari guidati da forze che si denominavano comuniste e si richiamavano (spesso abbastanza impropriamente) al pensiero di Marx. L’inizio, la “rivoluzione d’ottobre”, si è avuto in un paese dove il supposto “soggetto rivoluzionario” (la classe operaia, che poi in Marx non era quello che hanno inteso i marxisti successivi, sia Kautsky che Lenin) era quasi assente. Negli altri paesi della rivoluzione – lasciando perdere quelli sedicenti socialisti dell’est Europa, indubbiamente occupati dall’Urss – si sono mosse le masse contadine sotto la direzione di partiti detti comunisti, che a mio avviso hanno alla fin fine condotto e vinto una guerra di liberazione nazionale da condizioni di colonialismo (si pensi al Vietnam e a Cuba) o semicolonialismo (Cina). Sulle BR, poi, il discorso sarebbe troppo lungo. Sintetizzando, credo che gli iniziatori fossero in buona fede, ma hanno totalmente sbagliato analisi: previsione di terza guerra mondiale tra imperialismo (Usa) e socialimperialismo (Urss), presenza di un paese ancora socialista (la Cina sotto Mao) che poteva aiutare e, soprattutto, l’Italia quale “anello debole della catena imperialista” (come la Russia nel 1917). Sbagliando totalmente analisi, sono state infiltrate da tutte le parti, sono diventate strumento di molti “manipolatori”. Gli “anni di piombo” non sono stati quelli del “terrorismo rosso”, balla storica di prima grandezza; bensì campo di lotta tra forze politiche (al governo o all’opposizione nei paesi occidentali) nel mentre si stava verificando un processo ignorato dai più: il graduale e coperto passaggio di campo del Pci (messosi a capo del cosiddetto “eurocomunismo”) verso l’atlantismo (Nato e Usa). Processo che ha avuto come momento saliente il viaggio (culturale: figuriamoci!) di Napolitano negli Usa nel 1978, contemporaneo al “fatto Moro”, su cui si sono raccontate le più colossali menzogne. Non è stato rapito dalle BR; queste avranno forse sparacchiato a caso durante l’evento, ma ben altri, e molto preparati e precisi, hanno sparato con grande perizia. Poi lasciamo perdere il seguito, perché non posso troppo espormi in quello che penso. Dico solo: ricordate quelli che non volevano salvare Moro e che sono gli stessi salvati più tardi da “mani pulite” (con anche l’esautorazione di una magistrata che indagava sui postpiciisti), operazione di distruzione della prima Repubblica. Semplice coincidenza?

 

5) C’è ancora una nazione comunista guida del movimento internazionale?

Nessun comunista dei miei tempi, e tanto meno un marxista, ha mai parlato di paesi comunisti. Si parlava di paesi socialisti, ma come locuzione abbreviata di “paesi in cui è in costruzione il socialismo”. Socialismo e comunismo sono fasi di un processo storico che, come esposte da Marx, hanno precisi caratteri; non sono le locuzioni usate giornalisticamente e per propaganda, sono termini che richiedono massimo rigore di definizione. In ogni caso, da lunghissimo tempo ormai, io sostengo che mai vi è stato inizio di costruzione del socialismo in quei paesi. Sono rimasto favorevole alla “rivoluzione d’ottobre” e ad altre, ma sapendo, per un minimo di conoscenza storica, che nessuna rivoluzione ha mai realizzato gli intendimenti di chi l’ha effettuata e diretta. I risultati sono sempre diversi dal voluto e desiderato; e di questi deve farsi carico un’analisi accurata.

 

6) Qual è l’esito della sua presenza/assenza?

Una storia del tutto diversa da come è stata raccontata. Bisogna ripartire come minimo dalla I Internazionale (1864) ed esporre le vicende assai più sinceramente di come è stato fatto finora.

 

7) Qual è quindi la missione di un comunista, oggi?

Nessuna, se non immaginaria. Sono stato comunista, non me ne pento come non mi pento di provenire dal marxismo, che adesso sto cercando di ristrutturare evidenziandone i limiti (storicamente dati); ma secondo le capacità del mio cervello che non è certo quello di Marx e dintorni. Il comunismo è per me un processo storico finito (come il nazifascismo); le nostalgie provocano solo incomprensione totale di ciò che è stato voluto e di ciò che è stato il risultato finale di tale volizione. Un comunista, oggi, può essere soltanto uno che intende sostituire Dio con una deità terrena. Capisco molto di più quelli che hanno fede in “altro” rispetto a ciò che esiste in questo mondo; quelli che credono in altra dimensione e prospettiva rispetto alle condizioni di una specie animale pur dotata di pensiero e quindi della capacità di produrre un “plusprodotto” (cioè un di più rispetto a quanto necessario per il nostro sostentamento in condizioni storico-sociali in via di mutamento; mentre gli altri animali restano in uno stato stazionario). Non sono religioso, ma figuriamoci se credo a equità, giustizia, cooperazione, reciproca benevolenza, tra esseri viventi su questa terra. Pura ipocrisia di gente invidiosa del maggior benessere di altri.

 

8) Che cosa fare per pulire la storia e la politica italiane dai falsi comunisti profittatori?

Sinceramente vedo comunisti come quelli appena descritti: religiosi ma a volte ipocriti e invidiosi. Sono comunque pochi. La maggioranza è il portato degenerativo di quelle che un tempo venivano chiamate sinistra e destra; termini che sarebbero oggi da cambiare, ma ancora permane questa impropria abitudine. Alcuni da sopportare (con fatica), altri da prendere a pedate; un certo numero da “sfoltire”. La scelta non è però facile. Lasciamo fare alla “storia”; ripeto che siamo “in cammino verso una nuova epoca”.