OH CHE BEL CASTELLO (di Gianfranco La Grassa)

Il Governatore della Banca d’Italia, Draghi – già vicepresidente della società americana d’asset management Goldman Sachs, consulente del Bilbao nella nota scalata alla BNL, società d’appoggio del patto di sindacato della RCS nel risiko bancario del 2005, garante della “completa affidabilità” della Parmalat pochi mesi prima dell’altrettanto noto crac – è stato nominato presidente del Financial Stability Forum, subentrando a Roger Ferguson, attuale vicepresidente del board della Federal Reserve statunitense. Il suddetto Financial Forum “promuove forme di cooperazione e coordinamento [dirette di fatto dagli USA; ndr] fra le autorità nazionali e internazionali di vigilanza sui mercati finanziari, e sovrintende alle azioni necessarie ad assicurare la stabilità bancaria e finanziaria internazionale, ottimizzare il funzionamento dei mercati e ridurre i rischi sistemici”. Di tale Forum “sono membri le autorità nazionali che hanno competenze nel settore della stabilità e supervisione finanziaria”; e inoltre il FMI, la Banca Mondiale, la Banca dei Regolamenti internazionali, la Banca Centrale Europea, l’OCSE; tutti organismi più che influenzati dalla preponderanza politica e finanziaria statunitense.

L’altro ieri da Washington (riunione FMI) Draghi ha annunciato una “forte ripresa” per l’Italia e la revisione al rialzo della stima di crescita per il 2006: 1,2%. Questo nuovo Governo è come il “mago Casanova”: neanche si è insediato che già fa aumentare il PIL. Per il trimestre gennaio-marzo, i dati parlano di un aumento della produzione industriale dell’8%. Quali sono stati i settori “trainanti” (semplicemente con il più alto tasso di sviluppo)? L’informatica e telecomunicazioni, le biotecnologie, ecc.? Nossignori, pelli e calzature (quelle calzature che due-tre mesi fa erano date per morte, in crisi di sfacelo come la maglieria o l’industria laniera di Biella, sottoposte alla concorrenza asiatica).

Ultima piacevolezza: l’articolo di fondo di Padoa-Schioppa sul Corriere di ieri. Da goderselo interamente, allo stesso livello di goduria dell’articolo di Biagi (sempre in prima pagina, in fondo a destra). Quello che qualcuno vorrebbe come decisivo ministro economico, altri come presidente (o almeno importante e “autorevole” membro) del Consiglio di Europa, sfornava possibili ricette per accontentare tutti, ma proprio tutti, i politici e i cittadini italiani. E finiva con la “saggia” ingiunzione di passare infine dalla politics alla policy; detto in termini molto volgari, italiani, e per ciò stesso inattuabili (solo l’inglese “afferra la realtà” e quindi consente di trasformarla in meglio): passare dal fare politica (da politicanti) agli “alti” indirizzi programmatici. Un altro “mago Casanova”, che per il suo illusionismo usa le parole invece che le mani.

“Questa è l’Italia, bellezza” avrebbe detto Bogey; di “destra” o di “sinistra”.