IL FERRANDO (QUASI ) FURIOSO
Ieri sera Marco Ferrando era ospite della trasmissione di Mentana “Matrix”, invitato dal conduttore per chiarire al pubblico le ragioni della sua uscita da Rifondazione Comunista ha potuto anche parlare delle sue prospettive future che stanno per materializzarsi nella costituzione di un nuovo Partito Comunista dei lavoratori. Tale soggetto politico, a suo dire, intende recuperare i temi sociali fatti naufragare dal partito di Bertinotti. Fin qui, ovviamente, nulla di male. Ferrando evidenzia lucidamente la deriva verticistica di RC e del suo segretario, il quale in cambio dell’occupazione di fette di potere politico-statale è sceso ai compromessi più inverecondi, con buona pace dei lavoratori e delle minoranze che si vanta di rappresentare.
Certo che questa “deviazione” nasce da molto lontano e Ferrando ci ha messo più di un decennio per maturare l’inevitabile decisione. Personalmente ricordo di una Conferenza dei Giovani Comunisti tenutasi a Firenze, molti anni or sono, nella quali i giovani del partito furono chiamati a decidere la linea politica da seguire (si trattava in realtà di confermare l’adesione alle scelte già elaborate dai testoni del gruppo dirigente) e i temi da sviluppare per le battaglie politiche di quegli anni, eravamo nel ’95, se la memoria non mi inganna. In quell’occasione ricordo di aver votato le tesi della sua corrente (prendendomi la rampogna rabbiosa del segretario della mia città che mi accusò di moderatismo borghese) contro la linea Cossutta-Bertinotti che all’epoca, lontana dall’appoggio al movimentismo no-global (ancora inesistente ma i cui prodromi si sviluppavano nella cultura dei centri sociali), puntava ad una sottrazione di consensi e di militanti alla “base” del PDS (intrisa abbondantemente di nostalgia “pcista” e di mancata elaborazione del lutto per la dipartita del più grande partito comunista d’occidente). Naturalmente ai ferrandiani fu quasi impedito di parlare e, già per questo, pur essendo lontano dal trotzkysmo, decisi di votare per la minoranza interna. Da allora sono passati molti anni, ma Ferrando ha continuato a seguire le magnifiche sorti e progressive di RC fino all’attuale strappo, maturato all’indomani della decisione del gruppo dirigente di escluderlo dalle candidature per il parlamento. In quest’occasione, a quanto pare, un Bertinotti paonazzo, e con le vene pulsanti di rabbia, avrebbe detto a Ferrando di ritenersi fuori dai giochi elettorali a causa di una presa di posizione del leader trotzkysta sull’illegittimità dello Stato d’Israele. Il partito, invece, sosteneva e sostiene tutt’ora la linea dei due popoli e due Stati. Ferrando fu costretto ad abbozzare e, pur non rinnegando nulla di ciò che aveva scritto, si giustificò dicendo che il libro era di qualche anno prima e che le sue affermazioni erano state decontestualizzate.
Questa è la storia, ma torniamo a ieri sera. Ferrando ha sostenuto da Mentana che un governo che si appresta a rifinanziare le missioni di guerra, che intende semplicemente revisionare la legge 30 e non abolirla come si era promesso, che ha come Ministro dell’economia Padoa-Schioppa, non potrà che essere contro i lavoratori e filo-liberista. Giustissimo compagno Marco Ferrando. Ma quando poi Mentana gli chiede per chi ha votato alle ultime elezioni torna fuori la vecchia malattia del trotzkysmo, ossia l’ “entrismo”. Ferrando, infatti, dice di aver votato Rifondazione, ma solo per una ragione irrinunciabile, mandare a casa Silvio Berlusconi. Mi sembra paradossale che una persona apparentemente così raziocinante, anche televisivamente efficace se vogliamo, cada in una contraddizione così dilattantesca. Scusami compagno, mandiamo a casa Berlusconi (un dominante parvenu, nemmeno tanto accetto dai poteri attualmente dominanti) per favorire un’altra frazione di dominanti che ha condensato nel suo grembo una serie di poteri forti che vanno dalla finanza, all’industria, ai sindacati. Non ti pare che questo moloch sindacal-finanziario-industrial-politico sia persino peggiore del precedente governo della destra? Oppure anche noi vogliamo farne una questione di stile, cultura, diritti civili, pacs e viaggi più sereni all’estero per Furio Colombo che si vergognava di essere italiano?
Questa contraddizione è davvero triste, per non dire politicamente indecente. Si tratta di una presa di posizione gravissima per chi si dice anticapitalista, dimostra come anche i sedicenti antagonisti abbiamo introiettato “la cultura normale” (analogica alla scienza normale di Kuhn) intesa come campo oggettivo “naturale” oltre il quale non si può andare. Ovvero siamo contro il sistema ma fino ad un certo ed accettato punto. Se la sinistra è quello che Ferrando ha detto ieri sera, e cioè un coacervo di poteri che hanno trovato un’ intesa (da Bertinotti a Padoa-Schioppa) come mai li ha votati? Non ci si rende davvero conto che non c’è nessuna destra da abbattere e che il potere è fatto di granuli di condensazione di forza che creano reticoli di rapporti (consolidati o più fluidi) trasversali alla destra e alla sinistra?
Evidentemente l’essenza culturale che si fa “natura” del sentire comune, pur partendo da una base ideologica particolare(derivante, appunto, dal lavorio specifico dei gruppi dominanti che producono tale ideologia) è così radicata e condivisa che chiude gli occhi anche ai comunisti(critici).
Allora, ci rivediamo alla prossima scissione, compagno Ferrando.