LO SPETTRO EUROPEO

 

Per anni abbiamo creduto che ad aggirarsi per l’Europa fosse lo spettro del comunismo, il quale minacciava tutte le potenze del Vecchio Continente e i suoi dominanti. Oggi che quelle illusioni sono miseramente svanite anche gli spettri assumono obiettivi e forme diversi. La nuova entità spettrale si chiama Unione Europea. Fa sentire a più riprese la sua voce attraverso raccomandazioni, rampogne e minacce. Dal suo essere evanescente vengono fuori numeri, conti, inneggiamenti all’abbattimento del debito pubblico, contenimenti del rapporto deficit-Pil intorno al 3%.

Lo spettro s’incarna in cupi personaggi in carne ed ossa che diffondono il suo verbo e annunciano l’apocalisse in caso di disattendimento dell’oracolo. Queste vestali, che si fanno chiamare economisti, sono super partes e “tecnicamente corretti”. Il problema è che lo spettro europeo è in realtà un demone di seconda classe senza nessuna aspirazione all’ascesa, succube di una suprema entità d’oltre atlantico.

Oggi l’Europa chiede all’Italia una finanziaria da 35 mld e non accetta rateizzazioni, impone i tempi senza alcuna proroga. Ecco, questo è uno dei rari casi in cui lo spettro europeo si manifesta e fa percepire la sua aurea spettrale. La sua essenza è monetaria, si nutre dei tagli alla spesa: sanità, scuole, pensioni ecc., ha servitori in tutti i governi, soprattutto in quelli che si dichiarano di sinistra.Tutto il resto, invece, lo delega, o meglio, attende che si mettano in moto i neuroni americani per accodarsi ai suoi impulsi, alle sue decisioni.

Dei governanti coraggiosi romperebbero questa assurda tendenza, chiederebbero una ridefinizione dei parametri e penserebbero ad un’alleanza trasversale tra paesi europei per cambiare le regole del gioco, per dare consistenza ad un continente azzoppato dall’egemonismo americano.

Qui si discute invece se spalmare la finanziaria in due anni o accettare tutti i tagli in un anno solo.

Così si formano due partiti all’interno del centro-sinistra: i rigoristi e gli splamatori, il gioco delle parti tra poliziotti buoni e poliziotti cattivi.

I primi dicono che non si può disattendere il verbo, c’è un patto di stabilità che lo impone e i patti si rispettano, pacta sunt servanda (esclusi quelli con gli elettori). I secondi, che fanno un po’ la parte del poliziotto buono, cercano escamotage per dividere la manovra nell’arco di due anni, ci edulcorano la pillola. In entrambi i casi non cambiano i soggetti sociali che dovranno subire le conseguenze della riduzione della spesa. Insomma due modi diversi per sodomizzarci.

Eppure, se come tutti ripetono, c’è stato un incremento delle entrate fiscali pari a 15 mld, la manovra potrebbe essere di soli 20 mld, magari spalmata in due anni e con una seria politica di sviluppo che riguardi i settori più avanzati, tecnologicamente strategici, piuttosto che limitarsi ad un mero abbattimento della spesa. Ciò comporterebbe, ovviamente, l’approntamento di strategie economiche aggressive che non piacerebbero agli americani, i quali continuano a propinarci fandonie sul business puro e sui costi comparati, al fine di comprimerci in settori vetusti ed ormai spremutissimi. Allora ci si accontenta delle nicchie di mercato lasciate libere dagli Usa, roba da passate rivoluzioni industriali, dove ci ritroviamo la concorrenza dei cinesi e di chissà quanti altri.

Ci vuole coraggio per fare questo, lo sappiamo, ed è per questa ragione che non ci aspettiamo nulla dai questi servi che dicono di essere di sinistra. Tutto ciò che hanno fatto e proposto sino a questo momento è andato in tale direzione e sfido chiunque a dire il contrario. Gli unici che esultano sono la Confindustria (dei grandi imprenditori e del cuneo fiscale) e la finanza filoamericana delle M&A.