L’IDIOZIA AL POTERE

Tutti si stanno accorgendo della mediocrità dei tecnici del governo. Anche a destra hanno progressivamente messo da parte il metus reverenzialis da sempre nutrito nei confronti di questi idioti con alto quoziente intellettivo. Per esempio, sul Giornale di oggi Ludovico Festa definisce Padoa-Schioppa “un mediocre tecnocrate senza visione”. Parole grosse se si pensa che alla nomina di TPS al Ministero dell’economia, sia a destra che a sinistra, panegirici e sviolinate varie non avevano fatto difetto. Evidentemente non basta più essere consulenti Goldman Sachs, occorre anche azzeccare qualche mossa. E di mosse giuste Pado-Schioppa non ha fatte tante, direi proprio nessuna. Ma come poteva farne del resto? A capo del governo c’è un altro “collaboratore” Goldman Sachs che ne combina più di lui e che le spara ancora più grosse possibilmente. Una lotta tra titani dell’idiozia. Romano Prodi quando parla a ruota libera è peggio di Berlusconi, non dirà barzellette oscene come il cavaliere ma il solo fatto di esplicitare il suo pensiero diviene materiale per i comici. Per esempio, il Nostro si è lamentato perché la stampa non lo tutela abbastanza e che se non fosse stato per l’Unità l’intero schieramento mediatico-giornalistico lo avrebbe crocefisso. Ma come? Dopo che il “Corrierone” della Sera ha emanato addirittura un editto (Mieli) in suo favore e che Repubblica non ha fatto altro che mettere pezze per coprire tutti gli inganni della politica del governo! Per quel che si è visto in Parlamento e per quello che stanno combinando con la finanziaria, in un paese diverso e con una stampa meno prona agli interessi dominanti, Prodi avrebbe fatto la fine di Maddalena, o, al meglio, sarebbe finito seppellito sotto le sue stesse amenità. Ha mentito spudoratamente sul caso Telecom e se l’è cavata con qualche rimbrotto non troppo convinto. E’ andato in Parlamento, dopo aver dato del matto a tutti, e ha proseguito colla litania del “non sapevo”, errare humanum est, perseverare autem diabolicum. Ha preso ordini dalla finanza amica (Bazoli e Salza) con la scusa della competitività del sistema Italia mentre stangava chi non voleva chinarsi ai diktat della nuova alleanza finanziario-politica da lui rappresentata. Lo sanno bene sia i Benetton che lo stesso Tronchetti-Provera. Per non dimenticare tutti i dietro-front compiuti ogni qual volta un provvedimento economico scatenava le ire di qualche categoria professionale. In realtà, gli amici di Prodi sono rimasti in due, la Cgil e l’Unità. La prima, con l’ineffabile Epifani, ha preso le distanze dagli altri due sindacati Confederali che rifiutano lo scippo del TFR da parte dell’INPS, la seconda, invece, è l’unica che difende a spada tratta (senza un minimo di decenza) la politica economica del governo (ma data la nota doppiezza dei diessini è facile che si cambi indirizzo al momento opportuno). In un intervista rilasciata al quotidiano spagnolo El Paìs, Prodi ha detto che il suo lavoro è paragonabile a quello del mugnaio, gira e rigira l’impasto, riuscirà a mettere su una bella mozzarella, da registrare col marchio “Partito Democratico” . Il professore va di fretta, ha capito che le mani in pasta potrebbero non essere solo le sue e, dati i precedenti, non può fidarsi molto dei suoi compagni di ventura. Non credo proprio che Prodi riuscirà a vederlo dal vivo il Partito Democratico, ammesso che anche quest’ultimo abbia un parto felice. L’unica formazione politica che Prodi è riuscito a costituire aveva come simbolo un asinello. Ho detto tutto.  Prodi, però, va avanti con la solita sicumera convinto di essere il nuovo Don Chijote della politica italiana. Eppure, nel ’98, aveva fatto esperienza della consistenza delle pale dei mulini. Ma lui, si sa, è un diabolico perseveratore.