UNA LETTERA DI GIUSEPPE DI MARCO
Come sempre Gianfranco la Grassa invita, stimola all’intervento scritto, non solo sulle sue teorizzazioni, proposte ed analisi, ma anche sulle considerazioni che ognuno di noi ha di questo mondo. Lo capisco e mi rammarico per la mia non agevole scioltezza nello scrivere e per la mia stanchezza e pigrizia mentale. Capisco anche che oggi, forse più di ieri e del lontano periodo del sogno della rivoluzione fallita (meno male dico con il senno di poi), è necessario partecipare alla vita sociale e collettiva di chi si trova nel mare tormentoso senza più le certezze che ci hanno guidato nel passato anche recente.
Non voglio fare nemmeno un breve excursus sulle prospettive che teoricamente pensavamo aprirsi con la crisi dell’URSS: i traditori della vera dittatura del proletariato mostravano il loro volto, così il comunismo si poteva riaffermare. Poi abbiamo scoperto che tutto quello che pensavamo si reggeva sul fatto che esistessero i traditori del socialismo reale. Tutto il “nostro” progetto politico non aveva niente di concreto e di reale, era un castello di sabbia. Oggi penso che la storia dell’URSS non ha niente a che fare con presunti tradimenti da una corretta via scritta, ma è la conseguenza di quella corretta via scritta, inficiata dal pensiero illuministico e dal pensiero costruttivista. Spero che un giorno ci si potrà sedere intorno ad un tavolo e parlare delle cose appena dette, per me sono un elaborazione del lutto che non trova ancora una via d’uscita.
In questi ultimi anni (tre per la verità) il mio pensiero e la mia vita quotidiana è rivolta principalmente a far crescere nel migliore dei modi mio figlio, potrà sembrare un ritorno al privato ai più, per me è invece un tentativo per capire anche quanta libertà noi siamo capaci di trasmettere, noi che pensavamo di imporla globalmente ad una società non cosciente della propria schiavitù.
Forse vorreste sentire anche una mia opinione sulla terza forza che Gianfranco ha elaborato come proposta di critica alla politica dominante sia nell’arco costituzionale che in quella “alternativa”. Penso che sia un primo tentativo di uscire fuori e riproporre uno strada politica collettiva che dia una prospettiva storica. Non entro nel merito specifico delle cose da lui dette, non penso che ci sia qualcosa per il quale non essere d’accordo. Farei molto più attenzione invece alla sua proposta di sedersi per ridiscutere in modo collettivo. Mi trovo istintivamente pronto ma come ho detto sopra sento anche la necessità di elaborare il lutto, ed allora ridiscutere anche della crisi della politica come soggetto e come progetto da mettere in atto, o noi pensiamo di essere dei soggetti con un progetto che non devierà dalla corretta via?
L’organizzazione, il partito sono molto probabilmente ancora necessari, ma sono necessari per la totalità dell’anticapitalismo o per tematiche e per obiettivi che via via ci si presenteranno davanti.
Faccio queste osservazioni non perché voglio precorrere i tempi, sia perché anche Gianfranco fa un cenno all’importanza, per lui storica, dell’organizzazione, sia perché penso che sia necessario ridiscutere gli aspetti del ruolo della soggettività nella vita storica dell’umanità.
Non voglio, proprio così, dilungarmi oltre, aspetto che ci sia un momento di discussione collettiva che sia orale e non solo scritta e che si inizi anche attraverso una critica della storia del comunismo, non solo, e fatta anche in modo giusto da Gianfrano, della parte della teoria oggettiva dello sviluppo capitalismo.
Sono in posizione di attesa, non penso di avere la forza di farmi promotore e organizzatore di un incontro collettivo, aspetto che gli eventi si muovano, ripeto ho ancora qualcosa di importante da fare con mio figlio, ma anche mi diverto sull’ecologismo come il “cane della moglie di Agnelli” (Agnelli il fu avvocato).
20 ottobre 2006