IL "TRENO" CHE ALL’INCONTRARIO VA’ (di G. La Grassa)
Come assiduo viaggiatore delle ferrovie (odio l’automobile e soffro a guidare), è da almeno 10 anni che assisto al degrado, via via acceleratosi sotto Governi di opposto colore, di questo importante mezzo di trasporto, meno costoso, meno inquinante e di gran lunga più sicuro e rilassante (con numero di incidenti stellarmene inferiore) rispetto a quello su strada. Tutti sappiamo come nel nostro paese, sempre dominato dalla Fiat, quasi il 90% delle merci è trasportato su ruote di gomma, mentre in ogni altro paese europeo il rapporto è di circa 60 (strada) a 40 (ferrovia). Adesso siamo infine alla giusta resa dei conti. Dopo l’Alitalia, anche le Ferrovie – il cui amministratore delegato è un ex alto dirigente della CGIL (teniamolo ben presente!) – annunciano di essere sull’orlo del fallimento. E come si giustifica questo evidentemente non molto brillante dirigente? Con l’impossibilità di aumentare le tariffe e il prezzo dei biglietti per ostilità del Governo di centrodestra.
A parte il fatto che da dieci anni a questa parte ho ricordo di un buon numero di sedicenti “ritocchi” (all’in su) dei prezzi dei biglietti, incredibile è la “filosofia” di questi sindacalisti e politici “di sinistra”. In qualsiasi azienda, se si vogliono aumentare i prezzi di vendita delle merci, si pensa a qualche loro miglioramento. Invece, i sostenitori del “pubblico” pensano sic et simpliciter all’aumento dei prezzi per far quadrare i conti, in rosso per pessima amministrazione dei sedicenti servitori dello Stato. Si aumentano a dismisura le imposte mentre tutti i servizi forniti dall’Amministrazione Pubblica sono in fase di degrado esponenziale. La Sanità sembra all’ultima spiaggia, si accrescono i tempi di attesa per visite e interventi chirurgici (anche per malattie gravi), il ricovero ospedaliero è ridotto al minimo e in condizioni di assistenza e di pulizia e igiene sempre più scadenti; ma aumenta il loro costo e viene introdotto un ticket di 27 euro (50.000 vecchie lire!) per il pronto soccorso (per qualsiasi motivo vi si ricorra). Aumenta il prezzo dei servizi postali (perché questo significa l’aver parificato tutta la posta alla prioritaria) e siamo di nuovo all’intasamento più vergognoso; le semplici lettere impiegano giorni per arrivare e un certo numero va pure perso. Degrada il trasporto ferroviario, come è ormai da lungo tempo sotto gli occhi di tutti, e si chiede di poter aumentare il prezzo dei biglietti.
Brutti mascalzoni e ladri, prima preparate dei piani di miglioramento dei servizi e fate vedere agli utenti i primi risultati di tali piani, e poi aumentate i prezzi. Invece, no, perché la stragrande maggioranza dei fondi (diciamo pure) “sprecata” dalla Pubblica Amministrazione è spesa corrente per il personale; e quindi mancano sempre soldi (qualsiasi aumento ci sia del costo dei servizi) per investimenti in infrastrutture, in ammodernamento tecnologico, perfino per la semplice manutenzione ordinaria. Il 20% della forza lavoro attiva è impiegata nel “pubblico”; una percentuale assai più elevata che in Inghilterra, Germania, Francia e altri paesi europei (salvo alcuni ex socialisti dell’est), per non parlare degli USA. Mi dispiace, ma per difendere il “pubblico” si blatera a vanvera di neoliberismo, che allora viene di fatto esaltato, reso gradito alla maggioranza dei cittadini.
Il neoliberismo è la credenza che il mercato sia “libero”, aperto alla mera competizione dei produttori sulla base della qualità e innovazione dei prodotti; e si sostiene che esiste la “libera concorrenza” dove prevalgono i “migliori”. Queste sono bufale gigantesche. I mercati sono controllati da potenti istituzioni finanziarie (in Italia solo parassitarie) e da monopoli industriali (nel nostro paese decotti come la Fiat, del cui falso “miracolo” ci accorgeremo fra pochi anni e a cui vengono fatti continui regali anche dall’attuale Governo: mobilità lunga, adesso ancora rottamazione, ecc.); si tratta di enormi concentrazioni di potere, che da noi sono del tutto succubi di quelle del paese dominante centrale (si pensi alla preminente influenza in Italia della Goldman Sachs, ma anche della Morgan Stanley, ecc.). La competizione nel mercato non avviene solo in base alle innovazioni, al miglioramento della qualità, alla diminuzione dei costi e prezzi, ecc. Non ci sono gli immaginari vantaggi per i “mitici” consumatori. Ci vogliono ben altri mezzi, anche extraeconomici (politici e simili), per prevalere!
Ma che dire delle speculari balle delle sinistre? Queste si inventano i vantaggi del settore pubblico, del Welfare (sempre più costoso e degradato nei servizi che fornisce), vedono lo Stato come panacea di tutti i mali, mentre è spesso al centro della corruzione e dello sfacelo delle istituzioni e delle forze politiche che le occupano. Nelle Ferrovie, ad es., mancano macchinisti, ma con una pletora di quasi nullafacenti in altri servizi (si provi a telefonare per avere informazioni; ma è solo una quisquilia, una piccola punta dell’iceberg relativo alla monumentale inefficienza e scarsa laboriosità dei “gloriosi” dipendenti pubblici). Negli Ospedali, mancano infermieri di un certo livello, ma nelle Usl (o Asl) siamo alle solite (idem come sopra). Non parliamo della dirigenza di questi apparati, costituita da personaggi molto peggiori dei loro sottoposti, ma demandati a quei ruoli dal ceto politico per motivi di fedeltà ad esso, senza alcun interesse per le loro competenze e capacità; e questo modo di gestire la “cosa pubblica” è soprattutto tipico della sinistra (non a caso, l’ad delle Ferrovie è un “baldo” cigiellino).
Certo, esistono eccezioni, “gioielli” in questa tenebrosa notte del settore pubblico. Pensiamo, ad es., all’ENI che ha stipulato quello che sembra essere un gran contratto con la Gazprom russa. Però, innanzitutto, non mi intendo di questi contratti e sarà meglio aspettare qualche tempo per vederne i risultati. Inoltre, l’ENI, da sempre, è un’impresa “pubblica”, ma soprattutto è una impresa, ed è gestita come tale, non per pura sistemazione dei propri fedeli servitori da parte di politici corrotti (in specie di sinistra e in specie sindacalisti, i più marci di tutti). Inoltre, pochi mesi fa Scaroni protestava contro il tentativo (proprio di “quelli di sinistra”) di separare l’attività produttiva dell’azienda dalle reti distributive, che si volevano assegnare alle aziende municipalizzate o ex tali (in primo luogo quella di Bologna) che sono, per l’85%, in mano ad amministrazioni di sinistra (come volevasi dimostrare!). Eravamo al punto che la Gazprom entrò nell’ordine di idee di trattare direttamente con queste aziende (un alto dirigente russo si recò proprio a Bologna un sei mesi fa e anche più).
Evidentemente – o almeno così si spera, perché solo il tempo ci chiarirà bene la faccenda – la parte della dirigenza ENI più autonoma dalla politica ha respinto l’assalto di quella legata ai diessin-margheritisti; e ha portato a termine un’operazione, che era stata impostata – udite, udite – da Berlusconi e Putin durante il soggiorno di quest’ultimo in Sardegna (nella residenza del primo) uno o due anni fa (adesso non ricordo bene). Subito, i settori dell’ENI, influenzati dai sinistri, avevano boicottato tale piano, e il precedente presidente dell’ENI (Mincato) è saltato. E’ stato nominato – sempre dal Governo precedente – Scaroni (ricordo che ha partecipato a riunioni del gruppo Bilderberg, se qualcuno rammenta questo nome), il quale ha incontrato ancora opposizioni dalla parte dirigenziale ancorata alla sinistra; con episodi perfino un po’ ridicoli, poiché ai fini della contesa tra le due parti dei vertici ENI è stato anche utilizzato uno spettacolo teatrale dato al Piccolo di Milano, nel maggio di quest’anno, per onorare il centenario della nascita di Enrico Mattei. Scaroni ha comunque più volte protestato – come sopra ricordato – e infine sembra aver concluso l’affare, vantaggioso per noi, ma sembra non meno per la Russia. E gli americani che ne pensano? Non faccio illazioni in merito; vedremo.
Anche l’Enel, altra impresa in parte pubblica – ma impresa prima di ogni altra cosa – ha siglato uno “storico” accordo con l’algerina Sonatrach, ma non si può che ripetere quanto appena detto sopra. Infine, abbiamo anche la Finmeccanica, altro gioiello del nostro sistema produttivo, avversata dagli stupidi della “sinistra antagonista” perché produce armi (ecologisti e pacifisti stanno dimostrando ogni giorno di più quanto sono “positivi” in termini di opposizione anticapitalistica; essi verranno sotterrati da gran parte della popolazione perché incapaci di capire che cos’è un paese arrivato all’attuale grado di sviluppo sia pure capitalistico). Si tratta comunque di “isole” in un mare di potentati finanziari e industrialdecotti (privati ma ben felici dello statalismo della “sinistra” per ottenere bei regalini). Il sistema-paese non andrà avanti indefinitamente in questa situazione di arretratezza e di marcio crescente. E fanno ridere sempre più i sinistri che annunciano riprese; anche i dementi organismi europei pensano ad una Europa come traino dell’economia mondiale, nel mentre il vero traino, il sistema USA, è in recessione; e perfino secondo un Tremonti, vi è qualche probabilità che possa trasformarsi in qualcosa di ben più grave. Ed Europa e, soprattutto, l’Italia crescerebbero impetuosamente? Questo è possibile solo se si truccano i dati così come fa l’Istat con l’inflazione. Abbiamo a che fare con una gran massa di cialtroni e clown.
Il tempo è comunque galantuomo: già il prossimo anno, e ancor più in quelli immediatamente successivi, ci sveglieranno dal torpore (di sinistra) dei gran bei “botti”. Prepariamoci e cerchiamo di compiere una corretta analisi delle sporche manovre politiche (con presumibile compera di parlamentari e di interi gruppi come UDC e Lega) delle nostre concentrazioni di potere economico, con al seguito i loro scherani, intercambiabili, del ceto politico e delle abiette cosche intellettuali: di destra (poco potenti), di sinistra (i più forti) e di “sinistra alternativa” (i venduti reggicoda che fanno da copertura ai precedenti). Lo faremo presto.
16 novembre