MANOVRE DI POTERE (COME FINIRA’ LA DEMOCRAZIA BORGHESE IN ITALIA)*

di Gianfranco La Grassa

Lungi da me voler difendere Tronchetti Provera. Le complicate, e per nulla chiare, manovre che lo condussero ad impossessarsi della Telecom (con un mucchio di debiti ancor oggi assai pesanti), dopo il flop dei dalemiani “capitani coraggiosi” (Gnutti e Colaninno), non depongono affatto a favore della sua limpidezza e cristallinità. E’ un grosso capitalista (diciamo pure del tipo italiano) come tutti gli altri ben noti. Tuttavia, la lotta in corso è preoccupante per il possibile accumulo di poteri in mano al gruppo della SuperIntesa (che è fortemente legata alla finanza americana, come per la verità tutti gli altri nostri gruppi finanziari), di cui il maggiordomo politico è l’attuale disastroso (e pericoloso) Premier, ma a cui si sono ultimamente avvicinati – vista l’aria che tira – anche gli ambienti dalemiani (e D’Alema, quale servo di potenti interessi, è tanto pericoloso quanto Prodi).

L’operazione, come al solito, trova la sua longa manus nella magistratura, che conduce i giochi a “fuoco lento” (va avanti per anni) in modo da porre gli indagati “sotto schiaffo”, con la possibilità di ricatti, “spade di Damocle”, ecc.; si fa il possibile affinché questi si ritirino dalla lotta senza bisogno di arrivare ad uno scontro feroce e aperto che potrebbe provocare ferite pure agli attaccanti. La stessa sostituzione di Tronchetti al vertice della Telecom può oggi essere meglio letta in questa chiave, ben sapendo le qualità mediatorie (ma sempre al servizio di precisi interessi) del sig. Rossi.

La Magistratura ha appurato che gli spiati dai vertici Telecom erano soprattutto Colao e Mucchetti, entrambi uomini di Bazoli (Intesa). Il primo era amministratore delegato (ad) della RCS, proprietaria del Corrierone, e fu defenestrato dopo uno scontro tra il suo protettore, da una parte, e, dall’altra, l’Unicredit (Profumo) appoggiato proprio da Tronchetti, e probabilmente Montezemolo, ecc.: diciamo dal gruppo degli “industriali decotti” (anche se la Fiat è in preda “al miracolo”, continuo a vederla come strategicamente inconsistente). Mucchetti è vicedirettore del Corriere, si pone in antitesi al direttore Mieli in quanto quest’ultimo sta con l’“altro gruppo”, mentre egli è vicino ai vertici della superbanca. Adesso si dice che al Corriere (nel comitato di redazione, immagino) si è preoccupati. Mi auguro che invece di esprimere solo preoccupazione, questi pennivendoli comprendano almeno quali giochi si stanno facendo sulla testa di tutti gli italiani, poiché il superpotere che si cerca di creare – da parte della finanza e della politica, con le solite manovre giudiziarie che durano ormai da quindici anni – è qualcosa che abolirebbe la stessa “democrazia borghese”.

Ricordiamo alcuni fatti, ma tralasciandone altri, fra cui l’incredibile vicenda pro e contro Fazio – con il condimento dei “furbetti del quartierino” (più Unipol, ecc.) – che è stata presentata, come al solito, quale opera di pulizia “etica” degli affari, mentre è stata la pura difesa del più vecchio, corrotto, inetto e servo (degli USA) establishment italiano, che ha accettato a Governatore della Banca d’Italia una diretta emanazione della “piovra” americana di nome Goldman Sachs. Adesso, via via, si capisce meglio tutta la faccenda; e quanto i gonzi italiani si siano fatti irretire dai nostri indecenti media. La magistratura, poi, è il peggio che si possa immaginare quale simbolo della decadenza servile del nostro paese.

Comunque, ricapitoliamo poche cose. L’Intesa tenta di conquistare Capitalia – mentre la magistratura mette in difficoltà e lega le mani a Geronzi (guardate che non mi viene minimamente in testa di dipingerlo come un “cherubino”) – in quanto tale banca ha circa il 10% di Mediobanca che, a sua volta, è il maggiore azionista delle Generali con il 14%; e quest’ultima è il vero obiettivo, essendo il nucleo centrale della finanza italiana e assai rilevante in sede europea. La Capitalia, anche per merito del suo ad Arpe, resiste e l’operazione rifluisce. L’Intesa ripiega sul San Paolo e conclude con successo l’operazione, che non è affatto una fusione (su un piede di perfetta parità, come si vuol far credere) ma, sostanzialmente, una incorporazione (dove Bazoli e l’ad Passera dell’Intesa sono i veri dirigenti).

Poi arriva il piano Rovati (cioè Prodi, cioè sempre dell’Intesa, e sempre con dietro la suddetta “piovra”), tramite il quale si pretende la resa di Tronchetti, lo scorporo della rete fissa da quella mobile della Telecom, con acquisto della prima tramite un’operazione fintamente “pubblica”, portata avanti dalla Cassa Depositi e Prestiti (carrozzone dove si addensano putridi poteri politici al servizio di quelli finanziari) mediante l’utilizzazione di una somma pari a più di un terzo della finanziaria poi approvata. Manovra pesantissima con la scusa di conti pubblici disastrati, che poi si rivelano non essere nient’affatto tali; e i bugiardi lo sapevano fin dall’inizio! Ma avevano bisogno di costituirsi le scorte per le loro malversazioni e attività di potere e corruzione. Il piano “Rovati” viene smascherato in tempo – soprattutto perché lasciava all’asciutto gli ambienti dalemiani, e questi hanno reagito! – e tuttavia Tronchetti, già indagato, viene costretto a lasciare il suo posto a Rossi che conduce l’operazione con più “dolcezza”, riuscendo probabilmente a recuperare i suddetti ambienti dalemiani e situandosi nell’attuale posizione che sembra preludere al definitivo sbaraccamento (forse soffice, se Tronchetti dà prova di “ragionevolezza”) del precedente vertice.

Non ci si dimentica però nemmeno della RCS, e dunque del Corriere, dove Bazoli, come sopra visto, era stato in un primo momento sconfitto e aveva dovuto vedere il suo uomo tolto dalla carica di ad. Gli restava però sempre il vicedirettore del Corriere. E adesso quest’ultimo e l’ex ad Colao risultano essere i principali spiati dai vertici Telecom; e quindi, lo si fa sempre più capire senza tanti giri di parole, da Tronchetti. Il che non sorprende, visto che era in corso una lotta per il potere tra il gruppo facente capo all’Intesa (con vari alleati) e l’altro in cui forse l’uomo principale era Profumo (Unicredit), ma assieme a Tronchetti, Della Valle, Montezemolo ecc. Tutti non si possono attaccare, ma facendone fuori uno si tenta di costringere gli altri a riposizionarsi in modo più malleabile. Lo stesso direttore del Corriere Mieli, che sta attualmente con il secondo gruppo ma che è uomo “di mondo” (non a caso è un ex sessantottino), saprebbe fare bene, suppongo, il “minuetto”, mutando all’occorrenza la “figura di ballo”.

In tutto questo bailamme, Profumo è al momento silenzioso. De Benedetti, apparentemente alleato dello schieramento anti-Intesa, continua a “giocare” alla tessera n. 1 del Partito democratico e fa scrivere ai giornali che vede di buon occhio la sostituzione del “provato” Prodi con Veltroni. Tuttavia, il suo “figliuolo” (Marco) è ai vertici europei del Carlyle Group, “piovra” n. 2, stretta alleata (almeno per come i gruppi capitalistici sono alleati, fino alla prossima occasione di accoltellarsi) di quella n. 1, la Goldman. Sarà quindi sincera la posizione attribuita a De Benedetti o, come i dalemiani, è pronto al compromesso se gli si dà qualcosa? Non la vedo tanto bene per Tronchetti (e nemmeno per Geronzi in altro contesto). I suoi alleati sembrano pronti a lasciarlo al suo destino se si è in grado di raggiungere un compromesso generale che curi gli interessi (contrapposti) di tutti (o quasi). Ma sarà facile un compromesso quando i “padroni” americani ci impediscono di ristrutturare il nostro sistema economico complessivo dando spazio ai settori di punta, dove abbiamo invece poche grandi imprese che vanno un po’ per conto loro? Un sistema del genere è destinato a galleggiare in sostanziale stagnazione, non consente ampi margini per accordi fruttuosi tra i gruppi dominanti.

In ogni caso, il tentativo che è in atto è quello di costituire un forte e grosso centro di potere in quanto agglomerato di finanza, stampa (il principale giornale italiano) e telecomunicazioni; ma con l’intento, ormai non più nascosto, di accaparrarsi intanto la Telecom Italia media (che controlla la 7 e MTV), aggiungendo al potere della suddetta concentrazione anche la TV. E, soprattutto, si continua nelle manovre sempre meno scoperte – in cui si coinvolgono anche settori finanziari francesi: vedi la nomina del presidente di Generali, Bernheim, alla vicepresidenza del gruppo Intesa-San Paolo – di avvicinamento all’obiettivo agognato, che è appunto la grande società di assicurazioni. Sia chiaro che la formazione di una concentrazione di banca (la più grande), assicurazioni (la più grande), telecomunicazioni, stampa e TV sarebbe qualcosa di fronte a cui Berlusconi e Mediaset fanno ridere. Questo era fin dall’inizio l’obiettivo dei “sinistri” imbroglioni che gridavano “al lupo” (Berlusconi). Si sono sempre trincerati dietro il presunto “fascista in doppiopetto” – per tutti si veda lo stupido film di quella “poveretta” di Sabina Guzzanti – per nascondere chi sono i veri accentratori del potere, gli “antidemocratici” (persino affossatori della formale democrazia capitalistica, la democrazia di quelli che arraffano e spogliano il popolo fingendo di amarlo).

Per il momento, teniamo presenti questi fatti e seguiamo (con preoccupazione) gli eventi. E ribadiamo con forza: attenti alla sinistra. Altro che “meno peggio”! Altro che meno servile verso l’egemonia USA (che non è solo quella perseguita con i metodi di Bush)!

 

21 gennaio 

 

*Ho dovuto rallentare il saggetto sul "neoromanticismo" (economico e sociale), ma questi fatti sono da commentare, perché del pericolo sembra che in pochi si accorgano (e meno che meno i sinistri). Non so che cosa se ne facciano del marxismo certi "ortodossi". Evidentemente, questi fatti non riguardano né la "trasformazione" né la "caduta tendenziale del saggio di profitto". Ma nemmeno la "Marx renaissance", evento puramente accademico che imbalsama il poveretto con preziose disquisizioni filologiche, tendenti ad appurare se era più vicino ad Hegel o a Spinoza; se era per la "necessità storica" o per il "materialismo aleatorio", o a non so cos’altro ancora; tutte questioni di "evidente" importanza vitale per "tutti noi".