GLI ULTIMI COMUNISTI E L’UNITA’ DEI DISTINTI di M. Tozzato
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Mentre stiamo assistendo al vergognoso “silenziamento”, da parte dei giornali della cosiddetta Si.Ra.Go. (sinistra radicale governativa), riguardo alla Conferenza Internazionale di Chianciano Terme (promossa dalla Rete europea dei Comitati Iraq Libero): Con
Così scrivono i due parlamentari:<<Porre l’accento sulla frammentazione della sinistra di alternativa equivale ad enunciare il problema decisivo: quello della possibile unità delle forze destinate a rappresentare, in un futuro imminente, l’intera sinistra italiana. […]. La dispersione delle forze è nemica dell’efficacia, mentre oggi sarebbe più che mai necessario che la sinistra facesse sentire tutto il proprio peso per riequilibrare in chiave non moderata l’asse politico dell’Unione.>>
Lasciando stare il fatto che il termine “sinistra”, usato in questa maniera, diviene talmente indefinito da perdere praticamente di significato passiamo a domandarci quali sarebbero gli scopi a cui l’efficacia, di cui parlano i due, andrebbe finalizzata. Siccome, per il senso comune del “popolo di sinistra”, tutta la coalizione dell’Unione è di “sinistra”, il fatto di sminuire ancora le differenze, per unificare di più e meglio la medesima, porterebbe fondamentalmente ad implementare “l’efficacia” di questo governo, o di un altro similare, rendendolo ancora maggiormente servo della GFeID, filoimperialista e filoamericano (servo degli USA), aumentando l’“efficacia” dei suoi provvedimenti contro il lavoro salariato e il piccolo lavoro autonomo, per la devastazione della normativa giudiziaria e penale ecc.. Più modestamente, bisogna convenire che “i due” facevano probabilmente riferimento alla tattica più ”efficace” per riprodurre se stessi come ceto politico privilegiato ed è in questa direzione che nascono i loro problemi. Già nel titolo Grassi e Burgio come gli altri parlamentari della stessa area e coloro che rivestono cariche significative nel partito e nelle amministrazioni regionali e locali, rivendicano una loro non ben precisata diversità; se consideriamo i primi mesi del governo Prodi potremmo dire che questa diversità è essenzialmente quella delle chiacchere a vuoto, ovverosia del proclamare tanti bei principi e proponimenti per poi comportarsi nella maniera opposta (principio della sacralità della propria carica istituzionale a causa dei vantaggi che dà alla persona che la riveste). Riferendosi al periodo che ha visto la nascita del PRC e alla persistenza o meno delle “diversità” allora presenti nella “sinistra”, Grassi e Burgio dicono ancora:<<Sono passati oltre quindici anni e si potrebbe ritenere che queste controversie abbiano fatto il loro tempo. Non è così>> e questo per varie considerazioni come quella che vale <<per il riferimento al comunismo, per noi irrinunciabile, ragion per cui riteniamo impensabile una scena politica italiana senza un grande partito che vi si richiami e che partecipi alle competizioni elettorali>>. Dopo aver rinnegato nella concretezza, e sottolineo concretezza, (chi ha orecchie per intendere….) della propria pratica politica tutto quello che potesse anche lontanamente odorare, e sottolineo odorare, di comunismo, questi signori non possono ad esso proprio rinunciare soprattutto perché hanno bisogno di un partito che li candidi e che quindi partecipi alle competizioni elettorali (vedi sopra – corsivi miei). Concludendo si propone in fine l’unità della sinistra alternativa, evitando <<forzature organizzative>>, come<< unità nella distinzione>> (che si tratti di una rimembranza della crociana unità dei distinti visto che uno dei due è il famoso filosofo prof. Burgio?). Per stigmatizzare le “distinzioni” e le “diversità” i due dotti pubblicisti propongono (ohibò!) alcune leggere forme di “annacquamento”:<<Patti di consultazione per l’azione comune nelle istituzioni centrali e territoriali; giornali, riviste, reti; forum permanenti sui progetti di società, le forme di cambiamento, le questioni cruciali della guerra, della pace e del disarmo>>ecc. Su queste belle cose si possono fare delle meravigliose discussioni, sempre che, al momento di votare la prossima missione militare o la “riforma” delle pensioni si sia pronti a dire: <<Agli ordini mio Prodi ! ( o un”funzionario” equivalente) >>.
Anche i due parlamentari di “Sinistra critica” sono intervenuti su queste questioni in un articolo apparso su il manifesto del 25 marzo assumendo un atteggiamento , per la verità – almeno a parole – decisamente meno remissivo. I due “critici” fanno notare che in corrispondenza dell’avanzare del progetto Partito democratico si sta sviluppando una analoga mobilitazione per la costruzione di un Partito della sinistra e in questa situazione hanno almeno il coraggio di ammettere che <<In nessun caso però si tira un serio bilancio di questa prima fase della sinistra al governo e della sua perdita di credibilità. Il governo ha polverizzato rapidamente molte delle attese che la sua vittoria aveva generato. […] La speranza del cambiamento oggi si scontra con la logica dura dei “rapporti di forza” che vengono presentati come un vincolo alla politica quotidiana e come la ragione fondante del compromesso necessario>>. <<A questa crisi oggi>> non si può rispondere <<con l’ennesima riaggregazione di ceti politici sempre uguali e immutati>>. Ne risulterebbe così, anche, il nuovo <<baricentro che si vuole dare alla sinistra: interna alla prospettiva di governo, incardinata su una logica di mediazione>>. A questo punto Cannavò e Turigliatto tirano le conclusioni:<<noi pensiamo che bisogna rimettere in moto il processo della Sinistra alternativa. A partire da tre punti fermi. Il primo è che la sinistra può definirsi alternativa solo se lo è all’esistente, alla guerra e al liberismo. In altre parole, se non vota la guerra. E nemmeno le “controriforme” delle pensioni o le grandi opere di devastazione ambientale […]. Il secondo elemento è che se non si riparte dalle lotte e dai movimenti sociali nessun progetto di ricomposizione, nessun “cantiere” può essere avviato seriamente. Questi due elementi richiedono un terzo ingrediente: l’”opposizione sociale” al governo Prodi resa indispensabile dalla natura dei 12 punti efficacemente definiti da Marco Revelli <<“12 chiodi ben piantati su una porta sbarrata”>> Naturalmente la nostra analisi della società è del tutto diversa da questo approccio e il lavoro teorico di Gianfranco
Ciò non toglie che il giudizio piuttosto duro sull’operato del governo e la posizione assunta all’interno del partito ci paiano, almeno per il momento, dignitose. L’espulsione di Turigliatto perpetrata vigliaccamente dal Perito Bert e dai suoi accoliti ci ha sicuramente indignato ma noi attendiamo di vedere che significato assumeranno, dopo
con cui si conclude l’articolo: <<Noi comunque nei contenitori riformisti e animati dalla vecchia nomenklatura della sinistra istituzionale non intendiamo entrare.>>
Mauro Tozzato 27.03.2007