LE SENSAZIONI DI UNO “SPROVVEDUTO” di G. La Grassa

 

Non sono un tecnico, non analizzo bilanci societari perché non ne ho la competenza e perché chi ce l’ha, ha anche di solito una serie di soffiate e notizie ad altri non concesse. Ho però ogni tanto delle sensazioni, “me lo dice la mia mammella sinistra”. Da tanto tempo non credo al miracolo Fiat e al mago Marchionne (da alcuni soprannominato Marpionne). Mi è sembrato strano che una impresa miracolata continui a chiedere prepensionamenti, rottamazioni e quant’altro. Mi è parso curioso il comportamento dell’ad (Fresco) che precedette l’attuale; fu liquidato in buona parte con titoli Fiat e si affrettò a venderli. Così tanto inetto da non sapere leggere e capire i bilanci dell’azienda? Da non intuire le possibilità di un miracolo, poi compiuto in un batter d’occhio dal suo successore?

La scorsa settimana, finalmente, i primi scricchiolii del miracolo in questione. Non tanto per il calo del titolo in Borsa; gli andirivieni dei prezzi in questo “sacro luogo” del capitalismo indicano soltanto giochi speculativi (tra rialzisti e ribassisti), almeno fino a quando non si verifichi un crack (Cirio e Parmalat dovrebbero aver insegnato qualcosa). Ci sono però tre grandi banche che hanno declassato il titolo: la ben nota Goldman Sachs (“Lei si che se ne intende”: di pastrocchi, con le decine di hedge fund che possiede, alcuni dei quali già le sono saltati), la Ubs e la WestLB. La Fiat può consolarsi con i giudizi della JP Morgan, ma fino ad un certo punto. Non mi sono mai fidato del rating di certe istituzioni finanziarie, so che hanno un significato politico che va oltre quello puramente economico-finanziario; questo tuttavia fa risaltare ancor più la debolezza della Fiat, non attenua per nulla il significato del declassamento. Del resto, proprio la Goldman e altre del genere dettero semmai rating positivo fino a pochissimi mesi prima del fallimento delle appena citate Cirio e Parmalat.

Mi insospettisce anche la difesa d’ufficio della Fiat da parte del Foglio, di cui penso bene per come è fatto e per la competenza di chi ci scrive, malissimo invece per i suoi rapporti con settori portanti dell’establishment italiano (proprio quelli più succubi degli USA e di Israele). Tale giornale ha cercato di sostenere che le suddette società finanziarie hanno emesso giudizi negativi solo perché Marchionne è stato così serio da non esaltare certi successi dell’azienda. Non ci si era affatto accorti di questa “timidezza” e sobrietà di “Marpionne” alla presentazione della 500, trionfo del cattivo gusto pubblicitario e dell’enfasi italiota.

 

Penso che lo scricchiolio corrisponda alla realtà, ma la solita sensazione mi suggerisce che la resa dei conti per la Fiat non è ancora dietro l’angolo. Non si può ragionare in termini solo economici, che sono i più facilmente truccabili. La “signora Fiat” è ormai sfiorita, ma si è ben bene imbellettata, ha la grande stampa e altri media (e tutta la politica, di destra come di sinistra) a proprio favore; per cui tiene ancora duro e cerca di trovare infine un buon partito per marito; se non ci riesce in un congruo periodo di tempo, però, la vecchiaia imporrà le sue regole e resterà zitella. Affinché qualcuno non venga indotto in errore da questa metafora, chiarisco che il buon marito non è un’altra impresa (questa sarebbe semmai uno “zio ricco”, magari “d’America”); è invece quel regime che la Fiat, assieme agli altri della GFeID, cerca di instaurare da quindici anni al posto del precedente annientato da “mani pulite”. Un nuovo regime meno costoso e centrato sui rinnegati del PCI, ormai comprati al 100% e proni ai suoi voleri, anche perché sempre ricattabili a causa del loro passato. D’altronde questi rinnegati, malgrado l’infinita serie di rotture “a sinistra”, hanno sempre controllato le frange dette “estreme” e le hanno ogni volta corrotte con buoni posticini, oltre che minacciando di far loro perdere le piccole quote del mercato elettorale così importanti per vendersi meglio. Ogni volta che una frangia si stacca “a sinistra”, comincia a dire che però non si può fare il gioco della destra (anzi di Berlusconi), si deve restare vicini “alle masse” (quali è un mistero!), e così continua ad appoggiare lo sporco gioco della sinistra detta moderata e della GFeID che è alle spalle di quest’ultima.

L’unico a non stare – fino ad un certo punto – al gioco, per suoi squisiti motivi personali, è stato Berlusconi; in questo modo, ci ha salvato in passato, per gli “imperscrutabili” e tortuosi percorsi della “Storia”, dal nuovo regime che questo marcio e fallimentare establishment italiano voleva (e vuole) sostituire a quello pre-“mani pulite”. Ecco spiegato il mistero dell’accanimento antiberlusconiano dei “magnifici quattro”: Corriere, Repubblica, Stampa, Sole24ore (pur se ognuno per suo conto e per conto di certi spezzoni del suddetto establishment che si guardano in cagnesco fra loro). Ecco spiegato il “sinistrismo” (molto snob) di un personaggio come Furio Colombo, già rappresentante (non nel senso basso del termine, sia chiaro) della Fiat negli USA, diventato ad un certo punto direttore del giornale fondato da Gramsci. Ecco però anche spiegato il moderatismo “pirlesco” e da avanspettacolo di Berlusconi, che tenta e ritenta da allora di farsi accettare in qualche modo onde giungere ad un “onorevole” (solo per lui) compromesso con i “poteri forti”. Tutto il baraccone Italia di questi ultimi anni dipende da questo vizio d’origine.

 

Per inciso: ho perso i dati (e la fonte degli stessi), comunque negli ultimi tempi sono aumentati vertiginosamente gli utili bancari e diminuiti quelli industriali. Adesso però le cose sono in via di cambiamento. Certe sinecure bancarie (come la commissione di massimo scoperto e altre) sono azzerate (lo saranno veramente? Comunque lo dovrebbero, ma non si deve credere a nulla di quanto dicono e promettono questi saltimbanchi). Il mercato immobiliare è fermo (con possibile tendenza al calo nel prossimo futuro), i tassi crescono (con difficoltà via via maggiori per la grande quantità di persone che hanno contratto mutui immobiliari a tasso variabile). Finora, le banche speravano di far fronte a tali difficoltà con un’orgia di operazioni sui derivati (vere scommesse da superenalotto per chi non tiene il banco), ma sembra infine iniziata la rivolta delle piccole-medie imprese, le più fregate in questi giochi, con possibile valanga di ricorsi giudiziari.  

Perché ho fatto questo inciso? Perché in questi ultimi anni, la GFeID è stata guidata dal sistema bancario, che dopo gli sconquassi del risiko ben noto del 2005 (con tutte le code giudiziarie ancora molto in voga in questi giorni), ha portato a termine le tanto glorificate – tanto quanto il miracolo Fiat e il lancio della 500 (prodotta in Polonia; sic!) – fusioni Intesa-San Paolo e Unicredit-Capitalia. Si nota benissimo che prosegue sordamente la conflittualità tra questi due colossi, mentre altri Istituti (vedi MPS ad es.) scalpitano per trovare qualche partner adatto all’uopo. In tutto questo, non è ancora chiara, perché sempre in bilico, la funzione che assumeranno negli attuali difficilissimi equilibri Mediobanca e Generali.

Comunque, al fine di semplificare, diciamo che la GFeID italiana è attualmente guidata da un trio (non omogeneo e con interessi non coincidenti): Intesa, Unicredit e Fiat. Quest’ultima è sostanzialmente “cotta” (non credo affatto al miracolo, lo ripeterò fino alla noia) e ha fretta. Ma anche le altre due debbono stare molto attente a passi falsi (politici, altro che semplicemente economici e finanziari!), pur avendo alle spalle la finanza americana (e la politica di quel paese; quindi diciamo: il suo complesso finanziario-politico), che non è certo un monolite; è attraversata invece, come ogni altra struttura dei gruppi dominanti di tipo capitalistico, dal reciproco conflitto strategico per la supremazia. Il giudizio declassante della Goldman – come quello benevolo della JP Morgan – rientreranno sicuramente in oscuri giochi che non possiamo decifrare con sicurezza (almeno io non lo posso). Da questo punto di vista, è dunque realistico pensare che quel giudizio non attiene ad un pura valutazione economica del “miracolo” Fiat; questo non mi induce però affatto a credere a “Marpionne” e alle sue stregonerie (trucchi di bilancio o altro che siano). Capisco solo che ormai il tempo per l’operazione politica tentata dalla GFeID (con le “tre punte” già considerate) si sta troppo allungando e i dominanti, anche quelli più potenti posti oltreatlantico, cominciano a scalpitare.

 

Il gioco politico, da me più volte illustrato e che, lo ripeto, dura da quindici anni (da “mani pulite”), ha come obiettivo quello di installare un nuovo regime di centrosinistra meno costoso (le tangenti e molto altro) e ancor più malleabile al potere nostrano – con sopra di sé quello (non omogeneo e compatto) del paese centrale – di quanto non fosse il regime Dc-Psi. La minor costosità, dopo così tanto tempo, rimarrà un sogno; basta vedere quant’è corrotto il “regime campano” per avere un’idea del fatto che i rinnegati piciisti non sono meno magnoni dei vecchi diccì; e quelli di “estrema sinistra”, che tengono loro bordone nell’attuale maggioranza, hanno pretese smodate per non mollare la baracca.

Certi elevati costi, quindi, la GFeID dovrà comunque sopportarli; anche perché – sempre “grazie” a Berlusca che ne inventa di tutti i colori, e a momenti vinceva elezioni su cui la GFeID credeva di andare a nozze, tanto da sporcarsi le mani con l’editto Mieli dell’8 marzo 2006 a favore del centrosinistra – bisogna ormai intrallazzare con l’Udc, con An o almeno suoi pezzi, con la Lega o almeno suoi pezzi, ecc. Costi elevati e una confusione e marciume del diavolo stanno perciò provocando la famosa antipolitica, il qualunquismo. Eppure, non si può al momento mettere termine al pantano (governo Prodi) poiché i pezzi del puzzle si rifiutano di andare docilmente al loro posto. Eppure debbono, per la “gloria” della GFeID e delle sue tre punte (e del complesso finanziario-politico americano che ormai freme, e si divide anch’esso perché non riesce a raccapezzarcisi più con questi infidi e pasticcioni italiani). Se i pezzi andassero a posto, la GFeID, e soprattutto la “cotta” Fiat, metterebbero le mani, tramite i loro “fidi” del nuovo regime di centrosinistra, sulle casse dello Stato. Così potrebbero nutrirsi a piene mani alle spalle del sedicente “ceto medio” (il lavoro autonomo) e, in buona parte, anche di quello dipendente. Le due superbanche attenuerebbero (forse) i loro contrasti, la Fiat darebbe finalmente corso al vero miracolo: una sorta di irizzazione senza più bisogno di dichiarare la statalizzazione dell’azienda, come fu invece obbligato a fare il fascismo con le imprese “cotte” (tipo la Fiat attuale) di quell’epoca. L’azienda di “quella famiglia” resterebbe privata e farebbe finta di aver vinto la scommessa dell’indecente 500 (e della nuova Bravo che è già ora un fallimento quasi conclamato). Potrebbe perfino, se “quella famiglia” non fosse tanto micragnosa e poco “signorile”, fare bella figura concedendo aumenti salariali (ma minimi per carità!) agli operai polacchi.

Ma non sembra proprio esserci l’“impianto” necessario a favorire questi giochi. Berlusconi fa di tutto in fondo per favorirli – non volontariamente, solo oggettivamente per pirlaggine o magari per altri “motivi” (si pensi all’ultima trovata del voto garantista sulle richieste della “Clementina”, come se il problema fosse soprattutto penale, tipo quelli che hanno fatto “patire” a lui, e non invece principalmente politico) – ma non basta. Sembra esserci necessità di almeno altri 4-5 anni di pantano e marcescenza continua, come nell’ultimo anno ma in via di accelerazione esponenziale. Entro uno-due anni possono solo inventarsi il Pd e Veltroni (che già rischia di “bruciarsi” nell’espace d’un matin). Non basta affatto, a meno che Berlusconi non abbia un “coccolone” o non lo eliminino con un attentato (magari “islamico”; sarebbe una “divertente” nemesi storica per un filoamericano e filosionista come lui).

 

Dubito che il paese possa reggere 4-5 anni di questa melma montante. Non si vede all’orizzonte nessun “potere forte” (di quelli veri, non l’attuale banda Bassotti con un finto contraltare di centrodestra come minimo patetico) che li spazzi via tramite un’azione di pulizia radicale, fin nei minimi angolini. Tuttavia, malgrado non sia per nulla sicura una autentica catastrofe, l’inettitudine e incapacità di realistica valutazione delle situazioni, dimostrate da queste classi dirigenti (sia economiche che politiche, e anche culturali), stanno veramente superando quelle di ogni altra fase storica del nostro paese. Mi pare difficile – anche se in Italia può accadere di tutto – che si riesca a tirare avanti altri 4-5 anni in questo “cesso”.

D’altra parte, ci sono grandi imprese italiane – formalmente ancora in larga parte “pubbliche”, ma che da tale condizione sono solo danneggiate a causa di quello stormo di voracissime “cavallette” che sono i nostri politicanti – dotate di notevolissime potenzialità; il grave è che esse si inchinano e scendono a compromessi con le cavallette di cui sopra, e dunque con la GFeID. E’ evidente che, dopo l’assassinio di Mattei, certi settori decisivi (i loro apparati manageriali) non hanno saputo più risollevarsi: politicamente e quindi strategicamente, intendo dire. Per decenni, abbiamo dovuto subire lo sciacallaggio di aziende tipo Fiat: ricordiamoci della “qualità totale”, del Robogate, del Lam (incensati in specie da sciocchi ultrasinistri della corrente detta operaista), che hanno preceduto il sostanziale fallimento dell’impresa. Schivato adesso, formalmente, mediante altri trucchi e con la speranza di quello strano tipo di “irizzazione” (privatistica) di cui ho detto. Occorrerebbe l’avvento della da me definita terza forza, di cui certi “compagni” – tutti persi dietro alla “Lanterna magica” del conflitto capitale/lavoro o imperialismo USA/masse diseredate islamiche o sudamericane – non hanno capito molto. Se questa arrivasse e facesse una politica di potenziamento dei settori di punta, strategici, se pubblicizzasse, appoggiasse e ampliasse i recenti ottimi successi della Finmeccanica (con il governo americano e con la Sukhoj russa) e dell’Eni (con la Gazprom) – mettendo in condizioni di non nuocere la GFeID (e le sue tre punte: Intesa, Unicredit e la “cotta” Fiat) – avremmo ben altre prospettive come sistema-paese. Ne riparleremo in un prossimo futuro. Per il momento, tutto tace e siamo nella palta; “avantindré, avantindré, che bel divertimento!”. A presto

 

LE SPERANZE RISORGONO di G. La Grassa

 

Ci sono nuovi ottimi motivi per sperare che il Parlamento dica no all’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche, chiesta dal gip Forleo, dando così ulteriore spinta alla sedicente antipolitica; in realtà a un “sano odio” per questa politica (al gran completo). D’Alema e Fassino non hanno affatto detto si, come titolavano i giornali di disinformazione, bensì si sono rimessi al buon cuore dei loro sodali in quelle due accolite di vampiri che sono Senato e Camera dei Deputati. Il “cavalier nero”, forse in effetti acciaccato e vecchio (un po’ rimbambito lo sembra), vuol costringere i “suoi”, per rifritte questioni di principio, a votare no; finalmente sollevando un’ondata di sdegno e incredulità tra i suoi elettori, di cui si fa portavoce nientepopodimenoche Il Giornale (il suo direttore in testa), mentre Libero sta tra lo sdegnato e l’irridente. Tutto questo quando la grande stampa, quella che ha invitato a votare per il centrosinistra (e che ha pubblicato ogni notizia di processi e indagini sul Berluskaz) censura rigorosamente la smentita di quel Giuffrida che lo voleva implicato con la mafia (e le cui dichiarazioni erano alla base della “documentazione” dei vari Travaglio, Luttazzi, Santoro, ecc.). Il più giustizialista di tutti (in altri tempi), Violante, tuona che il Parlamento deve addirittura votare una mozione di censura contro la Forleo; alcuni della Rosa nel pugno pretendono che sia quanto meno riscritta l’“irrispettosa” richiesta di autorizzazione.

Bene, la politica si sputtana sempre più. Mi è molto piaciuto un fax di uno dei destri in rivolta, che afferma essere probabilmente inevitabile una “rivoluzione, o borghese o proletaria”. Usa un linguaggio un po’ vecchio, sembra Giordano o Diliberto; ma il succo è quello che spesso sintetizzo io con “rivoluzione o dentro o contro il capitale”). Non dico che si verificherà sicuramente questo, in ogni caso lieto, evento. Continuo a non udire nemmeno il vagito di una qualche terza forza; inoltre, non siamo usciti da poco da una grande guerra e non siamo ancora dentro una crisi come quella del 1929-33. E’ però interessante che cominci a diffondersi lo scoramento sulla possibilità di salvarsi dal pantano finché perdurano gli attuali schieramenti, dell’una e dell’altra parte. Il suddetto rimbambito (almeno alle apparenze) continua a sfornare dati di sondaggi a lui favorevoli in modo strepitoso (ma che non illustrano come il centrodestra sia ormai spaccato in quattro pezzi, ognuno dei quali presenta ulteriori spaccature) e, con quell’ebete sorriso stampato al centro del troncone inferiore di quello che normalmente è un viso, afferma che tanto la maggioranza imploderà per conto suo. Sparando tale cazzata, dimostra: 1) che non ha capito di quali vermi sia composto il centrosinistra; vermi che nel pantano navigano (stando magari fermi) meravigliosamente bene (evidentemente crede sul serio che si tratti di comunisti, i quali in effetti – quelli veri, non gli imbroglioni oggi “indossatori” di quel nome – non erano vermi); 2) che non ha nessuna idea in testa per essere alternativo allo schieramento governativo. Come quest’ultimo continua a chiamare a raccolta i suoi “fedeli” (coglioni) con lo spauracchio del ritorno di Berlusconi (e altro non sa fare), così quest’ultimo continua a chiamare a raccolta i “liberali” contro immaginarie dittature comuniste.

Nessuno dei due schieramenti ha la minima idea del “che fare”. Se non viene presto questa “rivoluzione, borghese o proletaria” (in realtà nessuna delle due, ma solo una bella “spazzolata” di questa massa di incapaci e succhiasangue), andremo in completa cancrena. Mi dispiace per un “amico”, che si agita quando mi sente invocare il “grande chirurgo”, ma c’è un detto popolare fra i più belli ed incisivi che avverte: “il medico pietoso fa la piaga purulenta”. Il bisturi, a volte, ci vuole. Possibile che nessuno si ricordi più quei bei (e “maschi”) western, in cui John Wayne a un altro (o un altro a John Wayne), con un bel coltellaccio sterilizzato alla viva fiamma, toglieva una pallottola dalla spalla o dalla coscia (o polpaccio) e poi cauterizzava la ferita con una bella brace ardente? E non parliamo di quel che accadeva se il protagonista veniva morso da un serpente! Così ci vuole (cioè ci vorrebbe) ormai in questo paese. Sono rimasto il solo a provare disgusto e voglia di “distruzione”, con equanime ribrezzo e disprezzo, quando vedo una facciazza di sinistra o di destra (e dei “nuovi centristi” amati da Montezemolo e la GFeID) spuntare in TV? A me sembra invece di cominciare ad avvertire tanti “buoni sentimenti” attorno a me. Non sarà però breve l’agonia!