LA CENSURA PREVENTIVA NON E’ "MARXIANA"

Dopo gli ultimi arresti di esponenti della FIOM in merito all’infiltrazione di presunte Brigate Rosse nel sindacato si è scatenata la canea massmediatica "ufficiale" (appoggiata anche di alcuni settori della cosiddetta sinistra critica ) contro questi compagni che, in molti casi, hanno rigettato l’ accusa di essere militanti del partito armato. E’ vero, qualcuno si è anche dichiarato prigioniero politico, ma non si può fare di tutta l’erba un sol fascio.

Per quelli che si sono dichiarati estranei alla faccenda abbiamo già espresso la nostra solidarietà sul sito Ripensaremarx (pubblicando due interventi di delegati FIOM), non in virtù di un principio rivoluzionario ma in virtu’ del principio "borghese" della presunzione d’innocenza fino all’attestazione dei fatti addebitati. In questo non ci vediamo nulla di trascendentale, nè comprendiamo l’isterismo di alcuni sedicenti marxisti circa l’immediato allontanamento degli "ambigui" o dei "solidali" dalle liste telematiche di discussione; nella fattispecie quello commissionato da Piccioni, redattore del Manifesto, contro Laboratorio Marxista (nell’ambito della lista "Marxiana") reo di aver espresso la propria solidarietà (prima umana e poi politica) a chi veniva immediatamente posto alla gogna mediatica.

Per questo prendiamo due "Piccioni" con una fava. Cogliamo l’occasione per ribadire che proprio chi scrive per il Manifesto dovrebbe aver un po’ di pudore data la schizofrenia delle posizioni assunte dal quotidiano, sedicente comunista, in questi anni. Con l’albeggiare del governo Prodi le cose sono andate addirittura peggiorando, la specialità di questo giornale (escludendo qualche bravo giornalista ancora nel pieno dei suoi sensi, ne cito uno per tutti come Dinucci) è divenuta la normalizzazione dell’inaccettabile attraverso campagne come "bacia il rospo" o "abbatti il cavaliere mascherato" senza preoccuparsi minimamente degli intrecci micidiali di potere (GF-ID) coagulatisi a sinistra (in questo momento più ferali di quelli esistenti nella parte avversa). Il Manifesto farebbe bene ad eliminare la frase "quotidiano cominista" dall’epigrafe per sostituirla con la più calzante "quotidiano seltzer, come si può far digerire al popolo di sinistra tutta la merda capitalistica". In secondo luogo, dovrebbero essere borghesi fino in fondo ed attendere l’accertamento dei fatti prima di scatenarsi con le scomuniche. Comunque vi proponiamo l’intervento di Laboratorio Marxista su questi fatti e subito dopo l’intervento di G. La Grassa.

La censura preventiva non è marxiana

Qualche giorno fa (il 21/2) abbiamo ricevuto una email di Gennaro Scala, moderatore della lista telematica “Marxiana” (alla quale sono iscritti una serie di compagni e di noti intellettuali, alcuni dei quali di orientamento marxista).

In questa email Scala comunicava l’espulsione dalla lista a due membri per il fatto di essere legati al CIP Alessandrino di Roma (previa segnalazione con richiesta di esclusione da parte di Francesco Piccioni, redattore de “il Manifesto”, anch’egli iscritto a “Marxiana”) considerati “di conseguenza” implicati nelle più o meno note vicende che riguardarono quel centro sociale all’inizio degli anni ’90.

In quella stessa email (e non si capisce proprio che cosa c’entrasse) lo Scala comunica al suo interlocutore l’esclusione del Laboratorio Marxista da “Marxiana” per avere espresso solidarietà ai compagni e alle compagne arrestati il 12 febbraio scorso tra Torino, Milano e Padova[1].

La motivazione addotta è la seguente:

 

Quanto al Laboratorio Marxista è stato tolta l’iscrizione per non fare girare anche su “marxiana” dei comunicati girati su altre liste di “solidarietà ai compagni arrestati” che non distinguevano tra coloro che possono essere stati arrestati ingiustamente e i matti che si sono dichiarati “prigionieri politici” (chissà in quale epoca e situazione politica pensano di vivere). Se qualcuno intende suicidarsi politicamente perché non ha una prospettiva poltica a causa dello mente rivolta al passato, si può e si deve fare il massimo per provare a distoglierlo, ma nessuna “solidarietà” pelosa.

 

Ora, a parte la conclusione concettualmente incomprensibile (“solidarietà” pelosa che significa ? La nostra non è “solidarietà”, ma solidarietà e non certo pelosa) rileviamo un problema di metodo e un problema di contenuto.

 

Il problema di metodo riguarda l’esclusione senza appello e senza possibilità di offrire il nostro punto di vista; veniamo quindi “condannati” senza neppure avere avuto il processo o meglio dopo aver avuto il processo sommario dei due moderatori. Tenuto conto del fatto che noi non abbiamo inviato su “Marxiana” il nostro comunicato non si capisce neppure in quale scorrettezza saremmo incappati da meritare l’espulsione.

 

Ma, come sempre avviene, le questioni di metodo risultano incomprensibili se slegate dalle questioni politiche, ovvero di contenuto.

 

Prima considerazione.

Ammesso e non concesso che sia da “matti” dichiararsi “prigionieri politici” e vivere con la “mente rivolta al passato” (ma uno che viene arrestato per la sua attività politica come si dovrebbe dichiarare – volendosi dichiarare – prigioniero comune ? Quanto alle persone che vivono con la mente rivolta al passato ce ne sono tante, in questo paese), perché questo, Gennaro Scala, non lo dice ai compagni arrestati ? Perché lo dice a noi traendone motivazione per la nostra esclusione dalla lista ?

 

Noi possiamo decidere “per noi” quali siano l’“epoca” e la “situazione politica” che ammettono certe pratiche, così come Gennaro Scala può deciderlo per Gennaro Scala. Ma noi non possiamo deciderlo per Gennaro Scala o per gli arrestati e viceversa. Ciascuno, individualmente o collettivamente, sceglie la propria strada e non è detto che in una situazione storico-politica caratterizzata dalla guerra permanente e preventiva in tutto il mondo, da un gigantesco processo di ristrutturazione capitalistica e di espropriazione di diritti conquistati in decenni di lotte, dalla progressiva espulsione anche solo dell’idea di una trasformazione rivoluzionaria del mondo, ecc… il compito principale della fase sia quello di “moderare” liste telematiche, censurando la solidarietà e decidendo – non si capisce bene rispetto a quali criteri – ciò che ognuno debba pensare e fare nella propria vita politica.

 

Seconda considerazione.

Può la solidarietà essere ammessa solo in caso di “innocenza” ?

Gramsci (indipendentemente dal mandato parlamentare) era “colpevole” rispetto alle norme anti-comuniste del regime fascista. Si proponeva, in effetti, di costituire una “associazione sovversiva” con la finalità di instaurare una “dittatura di una classe” e quindi sarebbe rientrato nell’art.270 del Codice Rocco (che è del 1930 e che infatti fu scritto proprio con l’intento di colpire le opinioni comuniste, anarchiche e in generale antifasciste). E così pure Carla Capponi e i gappisti di via Rasella, non possono essere giudicati sulla base della violazione delle leggi nelle quelli operavano. Legalmente erano “colpevoli”, violavano la legge, ma ciò li rende ai nostri occhi immeritevoli ? Da dove deve provenire il nostro giudizio, dalla “colpevolezza giuridica” di chi lotta contro lo Stato o dalla “natura” dello Stato?

Anche nella Val di Susa hanno violato la legge facendo blocchi stradali e impedendo i lavori. Ma chi direbbe che solo chi “non è colpevole” merita la nostra solidarietà ?

 

Terza considerazione.

A noi non sarebbe mai venuto in mente di chiedere al sig. Gennaro Scala di censurare illustri intellettuali (iscritti alla lista “Marxiana”) dai ben noti legami con, ad esempio, il Partito della Rifondazione Comunista, quello stesso partito che partecipa ad un governo le cui misure (conferma della missione in Afghanistan, missione in Libano, scippo del TFR, via libera alla base USA a Vicenza, finanziaria, ennesima contro-riforma delle pensioni, ecc…), a nostro modesto avviso, non hanno molto a che vedere con una impostazione “marxiana” (e lasciamo perdere i tempi del Pacchetto Treu, delle privatizzazioni, della Turco-Napolitano, della Berlinguer…o l’appoggio servile alla politica estera di D’Alema, quello stesso D’Alema che nel 1999 mandava gli aerei da guerra italiani in Jugoslavia “senza mandato ONU” e “senza discussione parlamentare”).

Gennaro Scala forse pensa che facciano più danni rispetto agli interessi dei lavoratori o dei giovani, 15 o 20 comunisti armati. Noi non lo pensiamo; pensiamo, anzi, che oggi come oggi i danni ai lavoratori, ai giovani… li facciano i partiti e i governi che si succedono senza soluzione di continuità politico-programmatico-culturale e tutti, ripetiamo, tutti quei partiti che li appoggiano nonché tutti, ripetiamo tutti, quei “militanti di base” o quegli intellettuali che appoggiano più o meno criticamente quei partiti.

 

Facciamo un esempio che riguarda un dibattito che a lungo ha stazionato in lista.

Noi, Laboratorio Marxista, consideriamo le proposte sul reddito di esistenza e/o cittadinanza ben al di fuori dal mondo e, a ben vedere, “con la mente rivolta al passato” ovvero ad una fase di espansione capitalistica che oggi non c’è più; dubitiamo fortemente che tali proposte possano concretizzarsi in qualcosa di più di piccole indennità di sopravvivenza rese necessarie dalla progressiva espulsione dalla “cittadinanza capitalistica” (ovvero dalla “capacità di spendere”) di settori sempre più ampi di mondo del lavoro a causa di processi come la delocalizzazione delle imprese o la precarizzazioni del reddito e del lavoro.

Eppure non ci verrebbe mai in mente di decretare che – poniamo – Riccardo Bellofiore o Andrea Fumagalli (tanto per citare due illustri iscritti a “Marxiana”) sono due matti con la “mente rivolta verso il passato” (o addirittura complici delle politiche del PRC e di questo governo).

 

Evidentemente, il problema deve essere un altro.

 

Noi abbiamo inviato un comunicato di solidarietà con compagni e compagne arrestati e con strutture politiche e sociali, alcune delle quali colpite da una vasta operazione di denigrazione e intimidazione, accusati di portare avanto in Italia la lotta armata.

Ovviamente Gennaro Scala non "accusa" noi di portare avanti la lotta armata  cosa che gli sarebbe valsa una buona dose di schiaffi non telematici -.

Ci rimprovera, anche se non si capisce bene data la confusione che fa, speriamo inavvertitamente, la sola solidarietà. Ovvero, lui dice, non si può essere solidali con matti con la mente rivolta verso il passato. Chi lo è – solidale – deve essere scluso da "circuiti" marxisti.

 

La domanda, dunque, è la seguente: perché esprimere solidarietà  a persone arrestate dovrebbe essere un atto che merita l’espulsione da una lista che si definisce “marxista” ?

 

Forse perché (a sentire i giornali) gli arrestati volevano uccidere delle persone, cioè è un problema legato alla violenza politica ?

Sa Gennaro Scala che gli zapatisti del subcomandante Marcos (tanto amati fino a qualche anno fa nel nostro paese anche da aree che di certo non erano molto rivoluzionarie e alle quali hanno lungamente strizzato l’occhio anche noti intellettuali come Fumagalli) sono insorti con le armi così come, del resto, in America Latina hanno fatto per decenni anche moltissimi preti ?

Sa, Gennaro Scala, che in Italia i partigiani hanno ammazzato migliaia di nemici ?

Ci poniamo forse troppe domande sui “metodi di lotta” quando esprimiamo la nostra solidarietà (come sappiamo fanno molti iscritti alla lista “Marxiana”) con i movimenti (armati) di lotta che resistono in aree come il Medio Oriente (Iraq, Palestina, Libano, ecc…) malgrado le profonde differenze strategiche e culturali ?

Sanno, Gennaro e l’altro moderatore, che in ogni esperienza di lotta rivoluzionaria, in ogni movimento di liberazione, la violenza è stata – volenti o nolenti – una componente ineludibile ?

Su questo refrain si potrebbe andare avanti una settimana.

Il rifiuto della violenza politica è "tout court" il rifiuto anche solo di pensare una trasformazione rivoluzionaria ("radicale" è termine di recente inopportunamente troppo abusato) dell’esistente; è, in sostanza, l’accettazione dell’orizzonte capitalistico e delle sue conseguenze di guerra, sfruttamento, devastazione.

Di certo, quella della "non violenza", mai è stata la posizione di Marx e dei marxisti.

 

Forse un secondo problema può essere quello che nessuno segue i “neo-brigatisti”, che “non hanno dietro le masse” (che "vivono in un’altra epoca"). A parte il fatto che oggi le masse le hanno dietro Berlusconi e Prodi (e dunque il criterio del consenso non può essere così “vincolante” per il giudizio da dare ad un progetto politico) la legittimità di una idea o di una pratica non può mai essere misurata con il solo metro del consenso o della partecipazione. Se così fosse, quando i marxisti in Russia erano 3 sbagliavano per il solo fatto di essere 3.

Il Capitale di Marx è forse meno importante perché lo ha scritto una sola persona ?

Il fatto che il marxismo in Russia sia iniziato – come dicevamo – con un gruppo di 5 persone (subito rimaste in 3, peraltro tutti ex-"terroristi" populisti) rende meno importante, storicamente e politicamente, quel passaggio ?

Quale pensa che sia, Gennaro Scala, il consenso del quale egli gode ? Nessuno, ovviamente. Eppure che diremmo se in nome di questo “principio del consenso popolare” togliessero a Gennaro Scala il diritto di parlare, il diritto di portare avanti la propria iniziativa politica, il diritto di "moderare" una lista "marxiana" ? Anzi, cosa diremo quando questo – come è probabile – si verificherà stante la tendenza generale a ridurre ogni spazio di agibilità persino puramente democratica ? Diremo forse che se l’è cercata così impara a inondare le liste telematiche con miriadi di articoli e di commenti, molti dei quali, peraltro, assai poco interessanti ?

Dobbiamo seguire Epifani quando dice che gli iscritti alla sua organizzazione sindacale non possono scioperare o manifestare con i Cobas pena l’espulsione ?

O dobbiamo seguire Bertinotti e Diliberto che in nome della difesa a oltranza della propria fetta di potere espellono dai propri partiti persone che non condividono (salvo poi doroteisticamente rimangiarsi tutto) la politica estera di D’Alema-Prodi fatta di Afghanistan, nuove basi americane, stanziamenti miliardari per nuovi armamenti, missioni in Libano… ?

 

Nella storia i marxisti sono stati molto spesso pochi, incompresi e trattati da banditi e terroristi.

Ciò non toglie che siano stati in grado di dirigere rivoluzioni, rivolte, lotte di liberazione… anche senza liste di discussione “marxiane”. Come sappiamo, è con il senno di poi che si comprende il senno di prima. E’ dall’uomo che si comprende la scimmia.

 

I “neo”-“brigatisti” possono essere in pochi e seguiti da nessuno; possono anche essere potenzialmente violenti.

In linea di principio queste caratteristiche non sono "problematiche" per un marxista (ricorda, Gennaro Scala, cosa sosteneva Marx nel Capitale in merito alla violenza “levatrice della storia” e nel Manifesto sulle “intenzioni” dei comunisti ?).

Lenin condusse una battaglia politica implacabile contro il populismo ma ne riconobbe sempre i meriti e mantenne sempre altissima la propria solidarietà con il loro genuino spirito rivoluzionario e altrettanto alto il proprio disprezzo per i "democratici" liberali (la Krupskaja nel suo "La mia vita con Lenin" ricorda quando, dopo l’arresto del fratello populista di Lenin, Aleksandr, nessuno voleva neppure accompagnare la madre al carcere per la visita ad un detenuto).

Di questi esempi se ne potrebbero fare a migliaia.

Gli autentici marxisti non hanno mai, ripetiamo mai, alimentato la de-solidarizzazione di fronte al nemico di classe. Semmai, hanno condotto battaglie asprissime (talvolta ultra-minoritarie, talvolta violente) al proprio interno per combattere tendenze considerate sbagliate o addirittura nefaste.

 

Per i marxisti il metro di giudizio è un altro.

E’, piuttosto, quello del rapporto tra essere e pensiero, tra realtà e volontà, tra coscienza e falsa coscienza. Magari i “neo”-“brigatisti” vivono effettivamente in un “cielo del passato” o addirittura in una “realtà parallela” prodotta dalle lenti deformanti della propria falsa coscienza… E’ possibile, magari è persino probabile. E’ possibile anche che tutti noi che ci definiamo marxisti a dispetto di una “realtà” che ci vuole ormai "fuori dalla storia" viviamo immersi in una realtà fantastica totalmente estranea a quella reale.

Perché Gennaro Scala deve sapere che ciò che lui dice dei “neo”-“brigatisti” quasi tutti, in Italia, lo dicono di quelli come lui. Ma se gli togliessero la possibilità di moderare una lista “marxiana” noi che diremmo, ce ne rallegreremmo o esprimeremmo la nostra solidarietà ?

Noi, esprimeremmo la nostra solidarietà, anche se delle posizioni e degli atteggiamenti di Gennaro Scala non condividiamo assolutamente nulla, come nulla condividevamo nel 2002 quando noi, lui ed altri tentavamo (fallendo) di costruire un area antimperialista all’interno del movimento contro la guerra.

Allora, lui simpatizzava con l’area dell’Ernesto (quella che oggi approva la politica del governo Prodi come l’unica possibile – il reale è razionale ? -). Oggi, quell’area non gli piace più. Idee poche e poco solide, Gennaro Scala, ma tanta, troppa, voglia di impedire agli altri di esprimere le loro

 

Concludiamo e chiariamo per l’ennesima volta.

Noi siamo sempre solidali con coloro che vengono colpiti dalla repressione (o dalla “prevenzione”) dello Stato del capitale e non per questo ne sosteniamo necessariamente idee e pratiche. Anzi, riteniamo che la vera solidarietà sia proprio quella che si esprime nei confronti di coloro di cui non si condividono le idee e le pratiche. Altrimenti, si finisce per fare la solidarietà solo a sé stessi.

 

Non abbiamo scritto questa lettera per lamentarci del gretto spirito censorio dei due “moderatori” (non moderati) della lista. Ci spiace non poter ricevere i materiali che vi passano ma anche Gennaio Scala può intuire che potremo portare avanti ugualmente la nostra modesta iniziativa politica.

Naturalmente riteniamo l’atteggiamento dei moderatori espressione di un clima molto, molto, preoccupante; temiamo che, se invece di avere a disposizione solo il semplice ritiro dell’iscrizione, i due moderatori “marxiani” avessero avuto a disposizione altri mezzi, probabilmente non avrebbero esitato ad usarli. Ma ogni persona ha il suo “tasso naturale” di protagonismo per cui lo Scala e il suo co-moderatore hanno ritenuto che il proprio microscopico potere dovesse essere esercitato senza darci neppure possibilità di replica (molto "democratici"). Dalle nostre parti si dice di persone di questo genere che “se avessero il potere della chiave del cesso farebbero cagare addosso tutti”.

 

Culturalmente, colpisce quanto abbia scavato la logica del “preventivo”.

Dice Scala che siamo stati espulsi

 

per non fare girare anche su “marxiana” dei comunicati girati su altre liste

 

Si tratta dunque, addirittura, di una bushiana censura preventiva (tra l’altro ipocrita perché se avessimo voluto mandare su “Marxiana” il comunicato lo avremmo fatto subito).

Anche un Gennaro Scala può capire che se vogliamo far conoscere il nostro comunicato ai membri della lista non è necessario passare necessariamente da questa. Quindi il suo obbiettivo non era quello di non far passare il nostro comunicato, ma evitare che a qualcuno venisse in mente di discuterlo, farne oggetto di una riflessione (cosa che peraltro a noi non interessava dato che, ripetiamolo, non abbiamo mandato il comunicato in lista).

 

Abbiamo scritto questa lettera per chiedere a tutti gli iscritti di dire cosa ne pensano. Ovvero, per chiedere di esprimere pubblicamente il loro punto di vista sulla legittimità della solidarietà di classe che a nostro avviso, per un marxista, dovrebbe essere l’ABC (anche perché, si sa, la “ruota della repressione”, purtroppo, gira).

 

Chiediamo quindi agli iscritti alla lista “Marxiana” di prendere posizione, oltre che rispetto alla nostra esclusione, anche rispetto alla legittimità di offrire solidarietà a chi viene colpito perché – matto o non matto che sia – lotta nei posti di lavoro e nella società più in generale per costruire un società comunista (come ogni marxista dovrebbe fare), indipendentemente dal fatto che i suoi metodi di lotta e la sua strategia sia o meno da noi condivisa.

Chiediamo che gli iscritti inviino la loro posizione alla lista e anche a noi che ne siamo attualmente esclusi.

Chiediamo di essere reintegrati e, qualora ciò non avvenga, chiediamo a chi pensa che la solidarietà sia legittima aldilà delle rispettive posizioni di ritirare la propria adesione alla lista “Marxiana” che, in quel caso, di “marxista” non avrebbe proprio più nulla. Sarebbeun piccolo ato di solidarietà nei nostri confronti e un gesto di chiarimento intellettuale.

 

Temiamo che in molti ambienti si stia sviluppando la pericolosa tendenza alla dissociazione preventiva e a catena. Riteniamo che compito di intellettuali e militanti marxisti non possa essere solo quello di farsi le “seghe mentali” su frammenti più o meno inediti di Marx o di esaltare “cosmopoliticamente” (avrebbe detto Gramsci) tutto quello che viene da fuori sparando a zero su tutto quanto si muove dentro.

Compito di intellettuali e militanti marxisti e rivoluzionari (si può essere marxisti senza essere rivoluzionari?) è quello di “sporcarsi le mani” (teoria e prassi) e non di lavarsele, pilatescamente. Una assunzione di responsabilità di questo genere sarebbe comunque, aldilà degli esiti, un passo in avanti all’interno di un movimento comunista che ormai da troppi anni stenta a ritrovare una propria strategia e nel quale l’opportunismo, in tutte le sue varianti, la fa oramai da padrone.

 

La domanda è dunque questa.

E’ legittimo offrire la propria solidarietà a compagni e compagne colpiti dalla repressione in quanto militanti comunisti (e non in quanto pedofili) indipendentemente dalle reciproche strategie politiche ? Farlo, deve procurarci la censura preventiva da liste “marxiane” ?

 

Il pastore protestante Martin Niemöller, internato nel 1937, sopravvissuto al lager di Dachau, riassunse in parole memorabili gli effetti devastanti della mancata assunzione di responsabilità e di solidarietà verso i perseguitati nei dodici tragici anni del totalitarismo hitleriano: «Prima vennero per i comunisti, e io non dissi nulla perché non ero comunista. Poi vennero per i socialdemocratici io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico. Poi vennero per i sindacalisti, e io non dissi nulla perché non ero sindacalista. Poi vennero per gli ebrei, e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa»[2].

 Toscana, marzo 2007

Gianfranco La Grassa:

data l’ora, ho letto velocemente il vostro testo; quindi mi riservo più meditati giudizi. Tuttavia, anch’io sono rimasto poco piacevolmente sorpreso dal comportamento di marxiana; e francamente non solo in merito a voi, ma al complesso di tutta questa vicenda. Mi sbaglierò, ma vi ho sentito una certa eco di opportunismo o comunque di voglia di scansare da sé ogni possibile accusa di…..non so nemmeno bene che cosa, visto che la solidarietà non ha comunque nulla a che vedere con l’accordo su certe azioni. Io non ho espresso solidarietà solo perché ho dubbi molto forti su queste azioni e sulle motivazioni politiche che mi sembrano sottintendere. Però sia chiaro che non mi metterò mai – a meno che non mi si dimostri che certi individui sono manovrati dal "nemico" – a considerare terroristi o criminali questi individui. Diciamo che non posso nemmeno trattarli semplicemente come "compagni che sbagliano", ma ciò in base a considerazioni non da "tribunale speciale", bensì per altri motivi. Sinceramente, non capisco bene questo ambiguo e un po’ irritante comportamento di marxiana. Sarebbe almeno bene che cambiassero nome, almeno credo.
Cordiali saluti