ELEFANTI E TOPOLINI (di G. La Grassa)

 

“Si parva licet” – e mi tremano i polsi a confrontare le dimensioni di un elefante con quelle di un topolino – il dodecalogo prodiano assomiglia, in formato “bonsai”, al documento approvato a Mosca nel 1960 da 81 partiti comunisti di tutto il mondo. Tale parto – che si rivelò quasi subito di fantasia malata e perversa – fu allora salutato dai “trinariciuti” (me compreso) con entusiasmo come la definitiva ricomposizione tra Pcus (comunisti sovietici) e Pcc (quelli cinesi), il cui dissidio si era andato acutizzando a partire dal XX Congresso del primo nel 1956 (quello detto della “destalinizzazione”). Tutti i “fedeli” comunisti trovarono nel documento siglato la conferma che partiti fratelli – avanguardie di semplici tronconi del proletariato internazionale e internazionalista (una balla di quelle!) – non potevano litigare come invece avevano sperato gli “sporchi banditi imperialisti”, i nemici acerrimi del suddetto “proletariato”.

Nel 1963, con il violento scambio di lettere aperte tra i CC (comitati centrali) di Pcus e Pcc, la rottura fu consumata apertamente; i “fratelli” divennero “coltelli”. Nel 1966, con la rivoluzione culturale, divenne aperto e irriducibile anche lo scontro interno al partito cinese tra la cosiddetta “linea rossa” (Mao) e la “linea nera” (Liu-sciao-ci, ma con braccio destro Teng-siao-ping, che fu poi, dopo la morte di Mao nel 1976, il definitivo vincitore). Comunque tralasciamo di fare questa storia.

E’ solo istruttivo il “grande e storico” documento congiunto firmato a Mosca nel 1960; appunto, l’elefante di fronte a quel topolino del dodecalogo prodiano. Salvo che per i comunisti della “bbase”, persi dietro al mito della “inscindibile unità” di tutti i comunisti, per tutti gli altri (compresi i dirigenti piciisti che ingannavano i loro adepti) il documento conteneva articoli che davano soddisfazione ai filosovietici, altri la davano ai filocinesi, la maggioranza poteva essere stiracchiata da ogni parte. Quanto è dunque vero che la storia, dopo il dramma, si riproduce in farsa. Sia però chiaro: il dodecalogo non può nemmeno essere considerato simile quest’ultima, che è pur sempre spettacolo degno di essere visto. Mi dispiace per i palati sopraffini dei coglioni di sinistra (della “bbase”), ma qui è necessario essere molto volgari: il dodecalogo è simile al frutto della prolungata, affannosa, masturbazione di un uomo assai anziano, da cui escono 2-3 goccette di liquido seminale (che sarebbe in ogni caso sterile).

Sembra che al “popolo di sinistra”, in preda al più perverso voyeurismo, sia sufficiente; se lo trangugia avidamente come fosse Vov. Il grave è che lo vorrebbero far bere a tutti noi. Anche qui si sta verificando la solita “legge storica” di cui sopra: dall’olio di ricino (certo più traumatico e dannoso per l’intestino) a questa “cosa” francamente un po’ schifosetta. Vedremo come andrà a finire.

 

4 marzo