ANDARE OLTRE IL VECCHIO COMUNISMO (COME POLITICA), ANDARE OLTRE IL VECCHIO MARXISMO (COME TEORIA)

 

Pubblichiamo sul nostro sito (www.ripensaremarx.it) un nuovo “piccolo” saggio di Gianfranco La Grassa che approfondisce alcuni aspetti teorici (i quali dovranno fungere da stella polare per una analisi più complessiva di certi fenomeni e delle “basi materiali” dalle quali questi si stagliano) dipananti l’intima struttura della formazione sociale capitalistica nelle sue diverse articolazioni (paesi e gruppi di paesi). Tali articolazioni (da intendersi, altresì, in termini di differenziali di potenza e di performatività economica) sono il portato di rapporti di forza direttamente scaturenti dal confronto/scontro tra segmenti di “classi” dominanti in orizzontale (il motore del dinamismo geopolitico della formazione mondiale capitalistica), e, al contempo, in verticale (stratificazione), ri/producentisi secondo decisive precipuità territoriali (determinanti sono i fattori storici, sociali, economici, culturali ecc.). Tali specificità permeano della propria impronta i diversi capitalismi nazionali, si tratta di fattori che possono rivelarsi fondamentali nel determinare la forza e la capacità propulsiva di alcune “specie” di dominanti, soprattutto quando quest’ultime puntano ad allargare il proprio campo d’azione (in funzione della dominanza “extra-territoriale”). Si può parlare di formazioni sociali declinate al plurale perché, come indica La Grassa nel testo, queste sono indissolubilmente legate da una medesima natura capitalistica (in questo senso parliamo di formazione mondiale capitalistica) ma non agiscono tutte allo stesso modo, la loro razionalità strategica è differente in quanto deriva da una condizione di momentanea predominanza (come per il paese centrale, con i vantaggi “posizionali” che ne conseguono) che permette di valutare l’opportunità di riassestamenti o di ulteriori attacchi al fine di consolidare (nel primo caso) o di espandere (nel secondo caso) il proprio campo di azione, o di provvisoria subdominanza, dato il maggiore ritardo militare, tecnologico, scientifico, industriale che tali segmenti (sub)dominanti  sono chiamati a recuperare se vogliono, a loro volta, espandere la propria sfera d’influenza e insidiare la supremazia della formazione imperante (l’attuale formazione americana dei funzionari(privati) del capitale). Con ciò, si comprende che i settori dominanti che intendono minacciare tale preminenza devono riorganizzarsi all’interno (si tratta di un primo passo necessario) per recuperare autonomia politica e decisionale, e all’esterno, puntando alla dilatazione delle risorse necessarie all’approntamento di strategie più aggressive (producendole in proprio laddove possibile, ma, soprattutto, stringendo accordi con altri paesi per assicurarsele stabilmente e senza troppe strozzature). Tali risorse, siano esse naturali, industriali, o derivanti da specifici know how (frutto a loro volta di intensi processi di accrescimento delle proprie conoscenze tecnologiche, scientifiche, militari ecc.) sono la “benzina” per muovere i propri “eserciti”, per posizionarli strategicamente (geopoliticamente) a difesa dei propri “confini”, agendo contemporaneamente sia nella sfera economica (la “forma” che nel capitalismo modella di sé tutte le altre, quella che prende il davanti della scena) sia, soprattutto, in quella politica  (nella quale si opera con regole distanti dalla razionalità strumentale e dove servono ben altre capacità, quelle di tipo prettamente strategico). Per intenderci, si possono invadere i mercati altrui con grandi quantità di capitali e con prodotti qualitativamente migliori ma poi bisogna essere in grado di mantenere tale supremazia con mezzi più politici (sia diplomatici, ma, quando occorre, anche “meno diplomatici” poiché si devono difendere le posizioni conquistate). Un esempio ci potrà aiutare a capire meglio la questione. Prima dell’aggressione alla Jugoslavia da parte degli Stati Uniti (con l’apporto italiano e di un governo di centro-sinistra) questo paese era sotto l’influenza economica e commerciale tedesca. I capitali e i prodotti tedeschi avevano invaso il mercato jugoslavo e da qui s’apprestavano ad affacciarsi su tutto l’est ex-sovietico. Il marco la faceva da padrona e le riserve monetarie jugoslave erano conservate in quella moneta. Subito dopo il conflitto, i capitali tedeschi erano dovunque arretrati ed il dollaro aveva scalzato il marco. Il governo americano aveva agitato con veemenza il suo bastone e quello Jugoslavo aveva dovuto “accettare”, successivamente, la carota (sub specie finanziaria) dello zio Sam. Da allora l’Europa è andata perdendo ogni avamposto ed il suo declino è coinciso con l’arretramento della Germania e della Francia (asse franco-tedesco) fino all’attuale sfacelo rappresentato dalle odierne classi dirigenti di questo vecchio continente, completamente asservite al “padrone” americano (dell’Italia nemmeno parliamo per non andare incontro a poderosi conati di vomito). Oggi le scarne speranze per un riequilibrio dello strapotere americano vengono da due paesi (a modo di produzione capitalistico) portatori di strutturazioni sociali differenti (formazioni), quali sono quella russa e quella cinese. Questi due paesi, pur esprimendo tipologie sociali diverse(dove la centralizzazione politica dirige direttamente l’economia)  rispetto a quella americana dei funzionari(privati) del capitale, sembrano gli unici in grado di opporre (sia militarmente che economicamente) un freno allo strapotere USA. Ancora non sappiamo quando potrà verificarsi un reale scontro tra questi giganti (nè proviamo ad azzardare sulle forme, più o meno cruente, che questo conflitto potrà assumere). Ciò che è sicuro e che l’Europa rischia di trovarsi tra l’incudine ed il martello, potendo solo scivolare verso un maggior servilismo nei confronti del paese attualmente centrale (con tutto ciò che questo comporta) o più “semplicemente” potrà cambiare “padrone” trovandosi ad essere incorporata nella sfera d’azione russa o cinese, senza poter nemmeno negoziare la sua posizione. Ci sarebbe tempo per mutare la propria strategia e per cercare nuove alleanze con questi paesi emergenti, ma non sembra che questo avverrà a causa dell’incompetenza e del codinismo delle classi dirigenti del vecchio continente, troppe impegnate a preservare la loro misera sopravvivenza di saprofiti. Tutto ciò per dire che non ci illudiamo affatto sulla natura delle potenze emergenti (Russia, Cina, o altri paesi che potranno, con più lungimiranza dell’Europa, venir fuori) ma non si vede all’orizzonte qualcosa di meglio. Il ritorno di un minimo di equilibrio internazionale e l’apertura di una nuova fase policentrica sono l’unico auspicio che oggi rincorriamo, almeno per frenare il dominio incontrastato degli Usa e cercare i necessari sbocchi storici (nella nuova fase) che consentano una riorganizzazione strategica dei dominati.

Vi lasciamo alla lettura del saggio di La Grassa che potete scaricare direttamente dal nostro sito in Home page, qui si è tentato solo di riassumere qualche aspetto teorico messo in evidenza da GLG, ma ve ne sono tanti altri che potrete cogliere scorrendo le pagine di questo lavoro.