LA TECNICA E LA RAZIONALITA’ STRATEGICA II di G. La Grassa
Concordo pienamente con Mauro per il suo pezzo sulla tecnica. Ricordo che purtroppo i marxisti, in questo secondo dopoguerra, sono stati largamente influenzati da tesi come quella criticata da Mauro; ivi compreso il sottoscritto nel periodo in cui aveva comunque tentato un rinnovamento del marxismo ossificato sostenendo la struttura sociale denominata capitalismo lavorativo. Secondo me, la grande fortuna di certi filosofi francesi e anche di un McLuhan ("il mezzo è il messaggio") presso i marxisti hanno la stessa origine "viziata". Per fortuna, formulai all´epoca anche le "Tesi sull´Impulso" che risentivano del discorso sulla completa impersonalità – e dunque spersonalizzazione, de-soggettivazione – del "sistema", ma potevano anche aprire il discorso, come poi lo apersero infatti, sulla razionalità strategica.
L´unica perplessità che mi resta è quella circa la metis che non penso debba essere troppo identificata con la razionalità strategica; semmai ne è una parte. Inganno, raggiro, menzogna e, sopra tutte, l´astuzia non mi sembra esauriscano le "virtù" dello stratega; egli le userà, ma se a queste si limitasse, assomiglierebbe troppo ad un politico uscito dalle fila democristiane (come Prodi) o da quelle dei rinnegati del comunismo (come D´Alema ecc.). Cioè avremmo sempre a che fare con strateghi meschini, piccini piccini, di una limitatezza mentale come quella, sconvolgente, che pervade la politica italiana, e anche europea (appena un po´ meno), oggigiorno. Cesare e Napoleone, Lenin e Stalin (e anche Hitler con la sua sedicente "pazzia criminale") – o, se qualcuno ha lo "stomaco debole", diciamo almeno un De Gaulle – avevano qualcosa (molto) in più. Ed è questo "di più" su cui dovremo perdere tempo. Anche perché non può essere classificato (per generalizzazione e identità o somiglianza) e sistemato in precisi schemi causa-effetto, nemmeno di tipo probabilistico (secondo una disposizione delle probabilità a "curva gaussiana" o meno). Tale razionalità si scontra comunque con la "fortuna", cioè con la casualità pura e semplice, quella delle singolarità che non possono essere spiegate scientificamente, nemmeno utilizzando schemi deterministici attenuati, probabilistici.
Tali singolarità sono del tipo del big bang o della nascita della vita (secondo le ipotesi a mio avviso molto realistiche di Monod); a partire da esse si possono immaginare sequenze causa-effetto: strettamente deterministiche o secondo ben calcolati "fasci di probabilità" (mi scuso se il linguaggio non è più preciso). La scienza inizia realmente dalle singolarità, non le precede. Eppure, parlare di queste ultime ha un senso, così come ha senso nel Sun-Tzu parlare dei piani di battaglia pur ripetendo mille volte che ogni battaglia è, in un certo senso, un caso a se stante.
Non allungo qui il discorso, ma questo è uno degli assilli teorici da porsi.
20 marzo
LA GRASSA, RISPOSTA A M. LEONARDI
Leonardi: non un commento, ma una domanda, per GLG, tesa a capire meglio.
Considero fondata e utile la teoria dello scontro fra dominanti, etc.etc., per cercare di uscire dall’attuale impantanamento tattico di gran parte dei sedicenti marxisti similteorici nazionali.
In tale logica capisco l’entusiasmo per una Cina che si struttura per rappresentare un elemento costitutivo di un mondo multipolare nel quale possa scaturire un conflitto potenzialmente (e non necessitatamente) gravido di una rivoluzione anticapitalista.Però non mi sono chiare 2 cose: qualora fossimo in grado di cogliere l’occasione, quali sarebbero gli aspetti fondanti della società che ci dovremmo proporre di realizzare? In essa ci sarebbe spazio e quale per la proprietà privata? o marxianamente solo per quella individuale?
Ti saluto con cordialità.
Marco Leonardi.
La Grassa: Onestamente non so a che cosa ci si riferisce con proprietà individuale; non mi sembra che Marx parlasse di questa e contro la privata. In generale, ad es., la privata, ma di società per azioni, era certamente considerata da Marx più avanzata di quella puramente individuale della piccola proprietà artigianale o del piccolo contadino. Marx era per la proprietà collettiva, alla fine del processo di sviluppo del capitalismo. Tutti questi termini ci portano però fuori strada. E’ necessario un lavoro di ripensamento che sto già facendo; quello già fatto e quello (il più) da fare, non posso sintetizzarlo in questa sede. Inviterei tutti a partecipare ad un lavoro di rielaborazione, pian piano, con calma. Non sono entusiasta della Cina; solo vedo con favore la fine di certi miti di proprietà statale pensata come costruzione del socialismo; inoltre, certo, se una certa strategia di sviluppo in Cina (in Russia, ecc.) accelera l’entrata nella fase policentrica, credo che si tratti di un processo positivo, in specie se continuano a brillare per la loro assenza le reali forze anticapitalistiche. Niente più di questo.
glg
LA GRASSA, SU CHI NON SI FIRMA E LANCIA ACCUSE
"Chi minaccia dietro l’anonimato non è in malafede, è solo un vile. Comunque, le mie uniche malefatte sono di provare schifo per i piciisti, rinnegati del comunismo, e per i sinistri, trasformisti e mentitori e ipocriti. Per il resto, e quasi me ne dolgo, non ci sono mie foto con soubrette, transessuali, o altri personaggi del genere. Soprattutto non ci sono foto con i vigliacchi piciisti, sinistri, rinnegati e trasformisti. Questa è l’ultima volta che rispondo a gente come quella che scrive, nei commenti al blog, parole a vanvera, si dimostra incapace di qualsiasi
ragionamento e analisi, e si nasconde; e che non può che essere "di sinistra"; anzi di "estrema sinistra", perché qui si annida oggi il peggio della società, il vero equivalente odierno del lumpenproletariat disprezzato da Marx e trattato con metodi "dolci" da Lenin e i bolscevichi durante la Rivoluzione d’ottobre.
glg"