La ‘Stampa’ di venerdì 4 maggio segnala che “nel primo anno di governo sono almeno una cinquantina le poltrone ‘pesanti’ che hanno cambiato titolare e soprattutto colore.”
Il segretario del PRC ha sollevato le modalità della ripartizione (occupazione) di queste cariche degli enti ed imprese pubblici decise dai vertici partitici perché hanno visto escluso (o penalizzato) il suo partito, sostenendo che così non si riconosce “la cultura e l’esperienza del movimento operaio”. Questo solleverebbe una ‘questione morale’.
Più in particolare il ‘candidato’ per il Prc a consigliere delle Ferrovie ha sostenuto che il consiglio di amministrazione di Trenitalia sarebbe in questo modo un “Consiglio troppo sbilanciato a destra.”
Due sono gli elementi su cui richiamare l’attenzione.
Il primo elemento significativo non sta tanto nella richiesta, che è del tutto logica, della propria compartecipazione alla pari nella distribuzione delle cariche negli enti ed imprese pubbliche,ma nella forma che il mascheramento di questa richiesta assume.
Perché il Prc non può affermare in modo diretto la legittimità della sua richiesta, in quanto richiesta di quote di potere senza altre aggettivazioni, ma deve coprirla con linguaggio e riferimenti edificanti ?
Il fatto è che il Prc richiede la sua quota di potere in quanto fine a sé stessa, cioè ai fini dell’acquisizione di potere (con annessi redditi e status) per i suoi vertici: una forza politica che si auto-definisce ‘sinistra radicale’ (e come tale si fa rappresentare dai media) e che dichiara di essere la rappresentanza politica di quote di lavoro dipendente e strati sociali non può esplicitamente mostrare la sua effettiva funzione di promozione sociale dei propri dirigenti.
Questo stesso processo, dal punto di vista della democrazia capitalistica, ha la funzione di cooptazione dei vertici dei (presunti) rappresentati politici di parti dei dominati (le parti che non sono state eventualmente incluse, con ruolo subalterno,nel blocco sociale dominante).
Qui sta il perché richiesta di quote di potere senza altre aggettivazioni, deve essere coperta con linguaggio e riferimenti edificanti.
Il secondo elemento, è l’ennesima conferma del significato assunto manifestamente del termine sinistra in quanto complementare alla destra.
Il Prc rappresenta le piccole imprese politiche che rivendicano la propria quota di mercato (di sinistra) sia contro le tendenze al monopolio delle ‘grandi’ imprese politiche (con cui sono alleati),sia contro le imprese analoghe ma di segno ‘opposto’.
Si deve conseguentemente promuovere una visione pluralistica di questo mercato (tutti partecipanti hanno diritto a quote,senza esclusioni) e democratica (la quota spettante ad ognuno deve essere ripartita in modo corrispondente alla sua ‘forza’ per evitare squilibri).
La ripartizione deve seguire regole che prevedano che tutti (destra e sinistra) vi siano inclusi ma nel rispetto degli ‘equilibri’ contingenti.
E’ una facile previsione ipotizzare che quando il Prc avrà ottenuto la sua quota di posizioni negli enti pubblici o nelle imprese pubbliche, la ‘cultura e l’esperienza del movimento operaio’ sarà riconosciuta e la ‘questione morale’ sarà risolta, e sarà avvenuto il ‘bilanciamento a sinistra’.
Un ultimo particolare indice della fine di un’epoca : quando Berlinguer sollevò (pregno di ideologia ipocrita, visto che il PCI occupava un vasto complesso di posizioni nei vertici degli enti ed imprese pubbliche) la ‘questione morale’ lo fece perché disse, faceva “tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti”.
Giordano solleva oggi la ‘questione morale’ (con altrettanto ideologia ipocrita) per non rimanere fuori da questa occupazione.