L’ACCERCHIAMENTO DELLA RUSSIA

 

Abbiamo più volte scritto in questo blog delle provocazioni USA contro la Russia di Putin. Lo scudo spaziale voluto dagli americani è solo l’ennesimo smacco contro uno Stato sovrano che, dopo anni di scollamento e di umiliazioni, sta tentando di recuperare il proprio paese ad una politica di maggiore indipendenza. L’immagine dei tre ubriaconi che rotolando sotto il tavolo (i presidenti di Russia, Bielorussia e Ucraina), nel 1991, sancirono lo smembramento dell’URSS è emblematica del periodo storico seguito alla dissoluzione del mondo bipolare e alla contestuale affermazione degli Stati Uniti quale paese vincitore della guerra fredda.

Il cambiamento “materiale” della geografia del potere mondiale è stato mascherato sotto una molteplicità d’inversioni semantiche, presto divenute parole d’ordine non contestabili del XXI secolo a dominanza americana: libertà, democrazia, diritti civili. Ma dietro queste operazioni di “riorientamento” concettuale vige, oltre che una surrettizia operazione ideologica, la volontà di riportare all’ordine quei paesi che ancora resistono al predominio USA. Tra questi c’è, ovviamente, la Russia che, negli ultimi tempi, è stata vittima di una vile manovra militare di accerchiamento, in quanto ultimo baluardo contro lo strapotere americano in Europa. Dopo la dissoluzione dell’asse franco-tedesco, e con la salita al potere di governi pienamente filo-americani sia in Francia che in Germania, l’Europa si è messa definitivamente a cuccia rinunciando ad elaborare una propria strategia di potenza (sia in termini politico-militari, sia economici) che non fosse preventivamente approvata dai nuovi padroni del mondo. Con la debacle europea (una vera e propria deposizione incondizionata delle armi) gli americani hanno potuto concentrare tutte le loro attenzioni su quel coacervo d’instabilità politica, economica e territoriale rappresentato dai paesi dell’est.  La strategia americana nei confronti della Russia è passata, repentinamente, dalla carota della "coca cola per tutti", in seguito alla “rivoluzione” liberista del periodo eltsiniano,  al bastone della minaccia armata, sotto il recalcitrante Putin. Gran parte delle ex-Repubbliche Socialiste stanno assecondando a piè sospinto (in questo incoraggiate dal flusso di denaro stanziato dagli americani per la ricostruzione delle loro economie dissestate) il neoespansionismo targato USA[1] contro gli odiati “conquistatori” di un tempo. Ma dato che le fantomatiche “rivoluzioni arancione”, quelle che avevano portato al potere governi sensibili all’azione americana, cominciavano a dare segni di “fessurazione” (con Putin che non si è fatto cogliere di sorpresa dai tentativi americani di destabilizzare il suo paese con pseudomovimenti di piazza, lautamente finanziati dalle lobbies d’oltre oceano) il governo USA è approdato alla fase due del suo “piano” strategico, quella che dovrebbe portare al definitivo compimento del "nuovo secolo" pienamente americano. Gli Stati Uniti, servendosi del pretesto di un possibile attacco nucleare da parte dell’Iran, stanno disseminando le proprie basi in Europa, scavalcando l’UE grazie ad accordi bilaterali con alcuni paesi (tra cui l’Italia ma anche la Polonia, La Repubblica Ceca, la Georgia) al fine d’impiantare un sistema di offesa/difesa missilistico a protezione dell’occidente “civilizzato”. Questa la motivazione apparente ma, in realtà, il vero obiettivo del progetto di matrice americana è l’opposizione di un freno all’ antiegemonismo russo, rinvigoritosi sotto la guida del Presidente Putin. Già qui siamo di fronte a un bel problema. Com’è possibile che l’UE consenta di far concludere separatamente agli Stati membri accordi militari sulla sicurezza che dovrebbero riguardare l’intero continente e, per di più, senza una preliminare discussione tra tutti gli Stati europei? La cecità europea è davvero impareggiabile, così facendo i nostri governanti ci renderanno corresponsabili di qualsiasi azione compiuta dall’esercito americano, per quanto essa non sia desiderabile. L’Europa, prima ancora di poter decidere da che parte schierarsi o, eventualmente, di poter optare per la propria neutralità, in caso di conflitti, si troverà direttamente implicata (sia logisticamente che militarmente) in future guerre che non sono sue. Putin è stato esplicito in questo dichiarando alla stampa che, presto, i missili russi, (qualora gli americani proseguiranno nella loro politica di accerchiamento del suo paese) torneranno ad essere puntati contro l’Europa. Putin fa notare, inoltre, che esiste un trattato di non proliferazione delle forze convenzionali in Europa che il governo russo continua a rispettare nonostante l’assenza di reciprocità da parte europea. Al contrario, l’Europa sta permettendo agli americani di rafforzare la propria presenza sul suo territorio con un sistema militare “radiale” che ha come punto di confluenza minacciosa proprio la Russia. Del resto, se è vero che i missili iraniani non hanno la gittata necessaria per colpire Europa e Stati Uniti, cui prodest questa accelerazione nella creazione dello scudo antimissile? Si vuole forse approfittare del fatto che al governo di molti paesi europei siedono classi politiche amiche se non, addirittura, presidenti quisling (come per i paesi dell’est) complici del governo americano? Ancora, se la minaccia è davvero così impellente perché non coinvolgere anche la Russia nella creazione di un sistema di difesa integrato? Evidente che Putin non si fa incantare dalla mellifluità e dalla falsa bonarietà degli americani. Il Presidente russo ha fatto anche sapere, anticipando la diplomazia americana, che non accetterà mai finte risoluzioni contemplanti la gestione dello scudo da parte della Nato, poiché quest’ultima è direttamente controllata dagli americani. Alla Nato, dice Putin, dispongono di un telefono con la sola cornetta di ascolto e si eseguono pedissequamente gli ordini provenienti da Washington.

Vorrei aggiungere un ultimo pensiero. Oggi non dobbiamo più aver timore nel dichiaraci antidemocratici. Mi spiego meglio, prima che qualcuno inizi a lanciare le solite accuse di fascismo. Esistono delle ragioni superiori che ci spingono a guardare con sospetto ai movimenti di democratizzazione della società civile prendenti piede in quei paesi che si dichiarano resistenti al dominio mondiale americano. E qui penso, soprattutto, alla Russia, alla Cina, ma anche all’Iran. E’ ampiamente comprovato che gli oppositori interni di questi regimi (soprattutto studenti) sono “pedine”, volontarie o meno, strumentalizzate da Washington e dalle varie lobbies con sede negli USA. Queste  prediligono i movimenti studenteschi perché sanno benissimo che i giovani (non tutti ovviamente) sono più predisposti ai richiami per le “allodole” sulla democrazia, la libertà ecc. ecc, dopo aver subito gli strascichi della dittatura comunista. Tra questi giovani vengono reclutati i più scaltri i quali, dopo essere stati ben addestrati negli Usa, sono posti a capo delle varie opposizioni nazionali e con la valigia carica di dollari. Alla gran parte di questi giovani viene spiegata la supremazia del mercato e della libera iniziativa che farebbe tutt’uno con la democrazia e le maggiori libertà popolari che ne derivano. Ma questo truismo è falso, gli americani fanno solo i loro interessi e la Russia del periodo eltsiniano sta lì a dimostrare la distanza che passa tra il libero mercato e la democrazia. Mai come oggi la democrazia (tanto la sua esportazione per via pacifica, come è avvenuto nei paesi dell’ex-URSS, che quella per via violenta, come ancora avviene in Iraq o Afghanistan) è l’involucro migliore per celare i reali rapporti di sottomissione imposti dagli USA ai vari paesi e governi. Per questo non possiamo oggi temere di dirci e di essere stigmatizzati come antidemocratici.

 

 

[1] La Georgia ottiene 110 milioni di dollari all’anno dal Governo americano, mentre gli aiuti forniti all’ Ucraina s’aggirano intorno ai 174 milioni di dollari, sempre per anno. Tuttavia, la Russia sovvenzionava l’economia ucraina per un valore che andava dai 3 ai 5 miliardi di dollari l’anno con l’esportazione di gas. Evidentemente, nei rapporti tra il filo-americano Yushchenko e gli stessi americani c’è ben di più del “vile” denaro.