ALL’OMBRA DI UNA QUERCIA RINSECCHITA

 

Quella di D’Alema e Fassino, con l’invio di due note in contemporanea alla Giunta per le autorizzazioni del parlamento (nelle quali i due leaders ds si sono detti disposti ad accettare il verdetto della Camera,  anche qualora questa dovesse decidere di autorizzare i giudici all’uso delle intercettazioni nelle indagini sulla di scalata di Unipol su BNL) può essere ben definita una messa in scena da guitti di periferia.  Certo, non si tratta di un esame di coscienza da parte dei due dirigenti ds, nè, tanto meno, della volontà di dare maggiore trasparenza alla politica italiana (saremmo dei poveri idioti se pensassimo che questa gente fosse capace del seppur minimo pentimento), così come ci ha callidamente raccontato quello spezzone di stampa rimasta amica dei ds. In realtà, i due felloni hanno provato un colpo a sorpresa per spiazzare la pubblica opinione (sempre più sconcertata dal grado di improntitudine della nostra classe politica) e riuscire così a venire fuori da una situazione difficile che è divenuta ancora più incontrollabile dopo l’entrata nella “partita” dei vari burattinai della GF che assiepano il Centro-Sinistra. Insomma, si comincia ad udire un affilamento di lame alle spalle di molti leaders dell’Unione, a causa del riaprirsi di una disputa tra gruppi di potere (gli stessi che avevano trovato un accordo trasversale esplicitato nell’editto Mieli e sostanziatosi nell’affidamento a Prodi della gestione del potere esecutivo) ma che ora hanno tutta l’intenzione di rimodellare gli equilibri di questa (nefasta per l’Italia) alleanza.

Innanzitutto, Fassino e D’Alema appaiono essere in forte discesa dopo la fallita scalata di Consorte su BNL, per la quale i due caporioni “querciaioli” si erano fatti grandi sponsor. Il primo, più del secondo, ha perso completamente le staffe, come dimostra la sua adirazione nei confronti del Corriere della Sera, reo di aver ciurlato nel manico civettando con la Forleo e la sua ipotesi accusatoria. Fassino non ha gradito per nulla l’accanimento della testata milanese soprattutto perché teme che il Corriere (e il suo gruppo di comando, quello riunito nel noto salotto dei “pocodibuono” della RCS) voglia puntare su altri cavalli, meno compromessi da anni di arena politica. Se a ciò vi aggiungiamo che anche Repubblica incomincia a far trapelare qualche prurito verso i diessini, allora le ansie di Piero il Grissino acquistano davvero una certa consistenza. Cosa sta accadendo? Spiegare la prurigine di Repubblica non dovrebbe essere così difficile. De Benedetti ha colto tutta la sostanza dell’affermazione di Latorre che, in una delle tante telefonate intercettate parlando dell’obiettivo della scalata, considerava i vantaggi che ne sarebbe derivati per il suo partito e per la finanza cosiddetta di sinistra contro i tradizionali poteri forti; in secondo luogo, l’Ingegnere non vela l’intenzione di mandare a carte quarantotto il tentato inciucio tra il trio delle meraviglie D’Alema-Fassino-Latorre e Berlusconi, con quest’ultimo che ogni giorno allunga la mano in soccorso del gruppo dirigente della quercia (e non certo per puro garantismo giuridico). Se poi vi aggiungiamo che il portatore della tessera n.1 del PD non disdegnerebbe affatto di sbarazzarsi anche di Prodi, ponendo così un argine all’avanzata del duo Bazoli-Salza (Prodi ha già fatto abbastanza per la San-Intesa e per Montezemolo ed ora anche l’ingegnere pretende la sua parte) si può dire che il dado è (quasi) tratto.

Per quel che riguarda invece il CdS e il gruppo di comando che lo controlla, vale sempre l’ambizioso obiettivo di creare un centro moderato allargato che, finalmente liberatosi delle fantomatiche ali estreme, sia meno sbilanciato verso la compagine socialdemocratica e più tendente verso la corrente Veltroni-Rutelli, almeno in questa fase, fino ad un inglobamento organico dell’UDC e di spezzoni di Forza Italia e/o Alleanza Nazionale, in un momento successivo (step by step, come dicono gli inglesi). Quest’ultimo progetto non è certo facile da realizzarsi ma è la massima aspirazione che guida le tresche politiche della nostrana G.F.-I.D. Per tali ragioni lo scontro sulle intercettazioni è divenuto un affare tra potentati molto più grande dei “poveri” D’Alema, Fassino e Latorre. Il trio diessino si è trovato ingarbugliato in uno scontro di-potere-tra-poteri che ridimensionerà di molto le loro brame nel futuro Partito Democratico. La debacle di Consorte li ha lasciati sguarniti (altro che sponda finanziaria autonoma!) ed alle prese con il fuoco incrociato tra poteri forti che finirà per lasciare sul campo qualche cadavere eccellente. Veltroni commemora e ringrazia sentitamente.