LA GUERRA DI PIERO di G.P.

 

Chissà cosa è frullato nella testa di Fassino per indurlo a scrivere una lettera al Corriere della Sera, all’indomani dell’inatteso allineamento del giornale milanese nei ranghi di quelli che vorrebbero vedere sul banco degli imputati la leadership Ds, dopo il tentativo di scalata di Unipol su Bnl.

Piero va in guerra perché non ci sta ai voltafaccia. Senti, senti chi parla. Eppure, lui dovrebbe essere un politico smaliziato, uno di quelli cresciuti alla corte degli intriganti piccìisti più arditi, alla scuola della non corrispondenza tra parole e fatti, proprio come quando giocò carte false contro Enrico Berlinguer il quale, conscio degli errori commessi, tentava di riportare indietro l’orologio del suo partito appoggiandosi al referendum sulla scala mobile, nel vano tentativo di ridurre tutti i danni già causati. Così, mentre Berlinguer si crogiolava tra i suoi abbagli gli altri dirigenti del PCI, tra i quali Fassino appunto, tiravano i remi in barca per accelerare la debacle del partito su tutta la linea.

L’irato Grissino nazionale ha preso carta e penna e si è rivolto a Paolino Mieli – anche quest’ultimo con un passato da agit-propp  alle spalle e ora stabilmente a lavoro sotto padrone, al servizio del capitalismo più retrogrado e antipopolare – per pronunciare il suo sintagma “non ci sto!”. E come potrebbe del resto? Dopo un solo anno di esercizio del potere, il salotto buono già si lamenta della premiata ditta Ds & c. con gli “appalti” che cominciano a vacillare e l’indizione di nuove gare a favore delle imprese concorrenti. E che doveva fare di più Fassino per accontentare sua maestà salottiera?  Ma il segretario Ds pecca di ingenuità, invoca la libertà di stampa contro Belusconi e poi si lamenta se la “liberastampadiregime” rivolge i propri attacchi contro di lui.

La migliore risposta a Fassino l’ha data, senza mezzi termini, Feltri dalle pagine di Libero quando ha detto che i giornali liberi non esistono, i giornalisti possono essere allontanati dagli editori perchè i politici (e non solo) si lamentano del loro operato, per cui primum vivere e fare affari, dopo, se avanzano tempo ed energie, c’è spazio anche per un po’ di buona educazione e riconoscenza.

Come dice bene Feltri, perché gli imprenditori, i banchieri, i costruttori ecc. ecc. si comprano uno, due, dieci giornali? Perché in democrazia il potere si fonda sul consenso, quello ricevuto e quello costruito, e se non hai un giornale o una televisione conti di meno, molto di meno. Esempio? Riporto direttamente le parole di Feltri: “La tal banca ambisce ad acquistare un’altra banca? Bene. Serve l’appoggio (poniamo) di Prodi. Come si fa ad averlo? Se la banca in questione è proprietaria di un giornalone lo mette a disposizione del premier e il gioco è fatto.” Io vi aggiungerei, se poi questa banca è direttamente “proprietaria” del premier stesso il gioco diventa una bazzecola. In politica gli equilibri non sono mai stabili e questo Fassino dovrebbe saperlo. I servigi suoi e dei suoi sodali, a favore della Grande Finanza, non sono più così utili anzi, ad un certo momento, sono diventati addirittura deleteri benché restano vive le buone intenzioni di chi vuol continuare a servire come un cane fedele. Con il clima di malcontento che monta nel paese, ogni nuovo passo che il governo Prodi mette si trasforma in un’ occasione di contestazione. Tassisti, barbieri, dipendenti pubblici, salariati di ogni risma, precari ecc., ecc. tanto che fare nuovi regali alla G.F. e I.D. (com’è spudoratamente accaduto da quando il Centro-Sinistra è in sella) diviene vieppiù proibitivo e pericoloso ed i padroni  non sono così stolti da rischiare la “guerra civile”. Oggi i capitalisti nostrani scommettono più su Veltroni che su Prodi o Fassino stesso, per cui ogni occasione è buona per indebolire gli avversari dell’ "americano di Roma", quelli che potrebbero ostacolarne in qualche modo la salita al potere. Per questo i capitalisti comprano i giornali, non certo per elevare il grado di cultura e d’informazione del popolo italico. Ancora Feltri: “ il Corriere è sempre stato saldamente in mano ai padroni che di volta in volta hanno scelto il direttore giusto non in omaggio alla libertà di stampa, ai valori da difendere e balle [sottolineatura mia, g.p.] del genere bensì per garantire vita lunga e prospera a sé e alle loro aziende extraeditoriali. Poi, dato che non sono stupidi, nel selezionare il direttore da assumere non hanno mai dimenticato due cose: che oltre ad essere gradito al potere del momento, fosse anche bravo, cioè capace di non sputtanare il prodotto e di conservarne l’autorevolezza. Se fai una maialata con serietà è meno maialata.” E se lo dice Feltri c’è da crederci. Del resto vorremmo chiedere a Fassino con quali criteri di meritocrazia vengono selezionati dal partito i direttori dell’Unità? Si dirà che si tratta di un giornale organico di servizio politico, tutt’altra storia insomma, ma a guardare bene le cose anche il CdS e Repubblica sono organi di partito, il partito del potere economico-finanziario. Non deve arrabbiarsi Piero Fassino, così come andava in brodo di giuggiole quando il salotto buono puntava su di lui così, oggi, deve tenersi questa virata senza grande preavviso, ce deve da sta’!. E’ l’infida natura del potere baby, ma questo Grissino lo sa benissimo tanto che per l’impotenza avvertita si agita come la coda di una lucertola tagliata. Mettiamo che Fassino volesse tentare di portare verso la sua corrente la cosiddetta finanza rossa o il mondo delle cooperative, come agirebbe?

Ogni arma sarebbe lecita, dalle mille trappole da tendere per sgambettare gli “amici” nel partito fino all’ostracismo dei recalcitranti se questi proprio non ne volessero sapere di stare a cuccia. Do you remeber Bassinini e Chiti? Sono stati messi subito da parte attraverso gli strumenti descritti per la loro opposizione alla scalata di Consorte, e poi, approfittando del venticello momentaneamente favorevole, anche per dare le giuste spallate agli equilibri di potere nelle cooperative rosse. Questa è la realtà, quella che non ha nulla a che spartire con “l’etica e con l’estetica”. E di etica ed estetica non si preoccupa nemmeno De Benedetti che, qualche tempo, fa pendeva per Prodi mentre ora vorrebbe volentieri crocefiggerlo con tre chiodi a capocchia veltroniana, rutelliana e veltrelliana, la strana creatura metamorfosata che dovrebbe dare il via all’agognato grande centro stile prima repubblica.

Forse, la cosa più interessante Feltri la racconta solo alla fine del suo articolo: come mai “due quotidiani di estrazione borghese [CdS e Repubblica, g.p.] stanno con la sinistra e teoricamente[sottolineatura mia, gp]  in contrasto con il tradizionale capitalismo? Cosa fanno i padroni, offrono al boia la corda per essere impiccati? Figuriamoci. I loro scopi sono i soliti nei secoli dei secoli: ostacolare Berlusconi che nel capitalismo nazionale è un UFO [ci deve essere sicuramente qualcos’altro sotto, visto che Berlusconi ha fatto di tutto per entrare nel salotto buono ma le sue richieste sono state sempre respinte con ghigni snobistici, g.p.] un uomo pericoloso, inaffidabile; tenersi il grano, curare le banche, sviluppare affari con la sinistra degli attici, finanziare chi non disturba le manovre, avere delle tivù, eccetera”. Parole sante che se non venissero da Feltri verrebbe voglia d’ iscrivere l’autore, honoris causa, tra i rivoluzionari più lucidi di questa fase politica. E per oggi è tutto.