CHI SALIRA’ AL QUIRINALE?
La restaurazione del potere sinistroide sta incontrando serie difficoltà, poichè, com’era evidente, il risultato delle urne non ha permesso una distribuzione arrogante e trionfante delle cariche, inoltre la debolezza del centro-sinistra sta aggravando le lotte intestine per gli scranni disponibili. Rifondazione per ora è stata accontentata, in cambio sussurrerà le proprie istanze senza più strapparsi i capelli per la condizione dei salariati. Certo, questa potrebbe essere la sua fine come partito che si proclama anticapitalistico e l’inizio di una nuova fase nella quale dovrà reinsegnare ai suoi militanti che la cultura di governo richiede senso di abnegazione e responsabilità, ovvero volendo tradurre: stiamo con i "poteri forti" ma lo facciamo per il bene dei metalmeccanici.
Per ora il partito più scontento della coalizione restano i Ds, o almeno, quella parte corposa dei Ds legati al baffo guerrafondaio di D’Alema. A chi dubita della sua capacità di poter fare il Presidente della Repubblica ricordiamo queste sue parole: "“Noi ci sentiamo, con l’Europa, a fianco degli Stati Uniti: non solo perché alleati in un’alleanza che si è cementata nel corso di una lunga storia durante la quale per ben due volte, nella prima e nella seconda guerra mondiale, gli americani hanno versato il loro sangue per la pace e la libertà del nostro continente, ma anche perché sentiamo minacciati ed offesi i valori comuni. Anche allora si disse che la forza non avrebbe aperto la strada alla pace, ma poi è venuta la pace e si è aperta la strada anche alla democrazia”. Sarebbe insomma un bel Ciampi-bis di nefandezze, ben celate dietro il "buon senso" che deve contraddistinguere chi ricopre la carica di Presidente del paese più codino d’Europa (del resto non è D’alema che ha sempre parlato di "paese normale" cioè di un paese che, come gli altri, realizza subdolamente le proprie manovre di potere senza la prosopopea berlusconiana?). D’Alema è un uomo di stile e lui le cose le fa per bene. Insomma l’alleato americano può stare tranquillo perchè il "compagno spezzaferro", com’era chiamato ai tempi della FGC, è uomo rispettoso dei loro interessi.
Berlusconi e il centro-destra non potranno che far finta di essere scandalizzati per l’avvento alla Presidenza della Repubblica di un ex P.C. riciclatosi da tempo nel nuovo P(olitically) C(orrect). Ma le manovre consentite ai Ds da Berlusconi durante l’operazione trasversale messa in atto da Gnutti e Consorte negli affaires BNL e Antonveneta, nonchè la visita di D’Alema a Mediaset di qualche anno fa (senza tralasciare l’inconcludente tentativo dalemiano della bicamerale che certo non fu sgradito a Berlusconi), lasciano intendere che i due leader, quanto meno, non si odiano.
D’Alema si sta giocando la sua carriera politica, ha già dato prova in passato di essere lo "yes man" filoamericano adatto al ruolo di "grande statista", per cui fare il secondo di Prodi non è per lui. D’Alema è ben visto anche in Europa e si è costruita in questi anni un’immagine di leader internazionale (i convegni della Fondazione Italianieuropei, il mandato a Bruxelles, il ruolo di vicepresidente dell’Internazionale socialista, ecc.). Ancora, è tra i più accesi sostenitori della dottrina Bush sulla cosidetta "esportazione forzata della democrazia" e le sue parole nel merito sono inequivocabili:“se si vuole perseguire con successo una strategia di espansione della democrazia e dei diritti umani, questo significa non escludere il tema del ricorso alla forza”.
Un uomo così, non investito di alcuna carica di primo piano è troppo pericoloso per il governo Prodi, peraltro la sua capacità di lavorare alle spalle con intrighi e sotterfugi (qualità già messa in evidenza in illo tempore) costringeranno il suo partito e gli alleati di coalizione a riservagli un posto dorato. La Presidenza della Repubblica potrebbe andar bene, forse…