ORA CHE IL PCI E’ DAVVERO FINITO, LASCIATECI SOGNARE
Di Walter Liberati (fonte GIOVANETALPA)
La prossima entrata nel governo della Repubblichetta (solo così si può definire uno Stato che interrompe i programmi televisivi per farci vedere le bare dei soldati che tornano dall’Afghanistan, in USA se Bush così facesse, dovrebbe dedicare un intero palinsesto alle varie commemorazioni e funerali) del PRC segna la definitiva scomparsa – anche nelle sue istanze più residuali – di ciò che fu il PCI. E con la salita di Napoletano sul colle più alto, il fattore K è definitivamente messo in cantina. Applausi, si chiude il sipario. Ma l’89 ci ha messo ben 17 anni a chiudere il cerchio.
Ora dunque anche i settori più massimalisti e movimentisti di ciò che fu il partito di Gramsci-Togliatti-Longo-Berlinguer entrano al governo. “Picchettando per cinque anni” – come ha detto l’ex subcomandante Fausto – il governo. Non è di buon auspicio questa promessa, neppure per Prodi, visto il contributo che Bertinotti dette per smobilitare i picchetti davanti a Mirafiori nel 1980 dopo soli 33 giorni. ( Indegno paragone: si racconta che un giorno poco dopo l’Ottobre giungesse tutto allegro al Cremlino. Alla domanda del perché di tanta allegria disse: oggi siamo al potere un giorno in più della Comune. Dunque se tra un paio di anni e mezzo vedrete ridere Bertinotti, saprete qual’è il motivo).
Per il Bertinotti-pensiero il potere non si conquista ci siede semplicemente sopra: nella corsa alle poltrone, poltroncine, sgabelli, assessorati e consigli d’amministrazione parapubblici il ceto politico di Rifondazione dimostra di saperci fare meglio dell’indimenticato PSDI di Romita.
Fausto Bertinotti, non potendo offrire nulla di materiale ai proletari di questo paese, gli offre la sua nomina a un’altissima carica istituzionale. Commozione e stupore tra i lavoratori, che del resto si sanno accontentare di poco. Proprio vero, Vecchio Carlo, o il proletariato è rivoluzionario o non è nulla. Richiesta di bis, si lanciano fiori, ma gli attori non escono. La recitazione era da oratorio ma gli spettatori non se ne sono accorti. Si passi immediatamente a votare il rifinanziamento della missione in Afghanistan.
State tranquilli è un bel giorno. Del resto se non lo avevate capito la rifondazione del comunismo era opera inutile e perversa. Se la generazione del ’68, come in un ballo in maschera, aveva cercato di emulare le gesta dei grandi capi del movimento operaio del glorioso passato (con risultati peraltro imbarazzanti) la generazione dei rifondaroli ha fornito un’esibizione inevitabilmente peggiore: pavidità e superficialità intellettuale degna dei tempi del Grande Fratello. Sarebbe perfino vigliacco accanirsi con i limiti umani e intellettuali di un Franco Giordano, di un Gennaro Migliore, di un Salvatore Cannavò, dei nipotini di Secchia e di Cafiero (Luca, s’intende!), o del mini-Capanna Daniele Farina (i non citati ci scusino ma il tempo è danaro). Del resto, per tornare a parlare sul serio, un ceto politico è conservatore per definizione. Non vede e non vende altro che se stesso.
Dopo il PCI e la Rifondazione, dunque, finalmente un po’ di silenzio. Con pazienza torniamo a coltivare sogni. Quando escono, per favore, non svegliateci.