SIAMO PIÙ “DRAGHI” O PIÙ SERVI?

 

La relazione del Governatore di Bankitalia Mario Draghi ha raccolto consensi unanimi da tutto il mondo politico, persino Bertinotti, l’uomo del bon ton radical chic della nuova sinistra governista, ha fatto sapere che, essendo un ospite garbato, non aveva nulla da dire al riguardo. Nulla da dire, né sulle annunciate liberalizzazioni né sulla linea che Bankitalia “continuerà” a seguire circa la non ingerenza nel sistema bancario e, poi, ancora su un ampio ventaglio di temi toccati nella relazione del governatore: dalla concorrenza alla educazione, dalla semplificazione della macchina burocratico-amministrativa ai tempi della giustizia. A quanto pare il comunista con la “evve moscia”, tanto scandalizzato dalle prese di posizione di Ferrando su Israele, non ha, invece, nessun commento da fare ad un uomo della Goldman Sachs. E’ ovvio che parlando del Governatore della Banca d’Italia non ci si poteva aspettare un discorso di altro tenore, ma le sviolinate da parte del mondo politico e finanziario la dicono lunga su come procederanno le cose in Italia: destra e sinistra, mondo politico e finanziario, industriali e sindacalisti tutti concordi nella necessità di porre un freno alla spesa pubblica e nel rilanciare l’economia, ovviamente con le solite riforme di struttura che non prospettano nulla di buono. Da Bazoli (Banca Intesa) a Montezemolo, da Tronchetti-Provera a De Benedetti, da Gianni Letta a Bonanni della CISL a Epifani della CGIL (che pone le sue sindacali preoccupazioni “da domanda”, e la necessità di far ripartire la crescita economica, che bella scoperta!) si è apprezzato lo stile asciutto e comunicativo del Governatore che ha parlato persino di orgoglio da rinsaldare per una Istituzione ferita dopo lo scandalo Fazio (sul quale si premura di dire che, tuttavia, è stato un umile servitore delle istituzioni), dei baci sulla fronte di Fiorani e di tutte le altre convulsioni bancarie di quest’ultimo periodo.

La trimurti italiana Draghi – Padoa-Shioppa – Prodi, premiata ditta della Goldman Sachs, dove Prodi è stato advisor e gli altri due continuano ancora oggi le cattive frequentazioni dopo anni passati a servire la merchant bank americana, lascia presagire quali saranno gli indirizzi che il governo seguirà sia sul piano internazionale che su quello interno. La Goldman ha una estensione tale che costituisce il braccio armato della finanza americana nel mondo, agita giudizi di solvibilità sul debito pubblico dei paesi, orienta gli investimenti e guida gli accordi e le fusioni tra imprese, soprattutto quando possono andare in contrasto con gli interessi della superpotenza americana. Ad esempio, la Goldman non vede di buon occhio gli accordi che alcune imprese europee stringono con la Russia, ultimamente le attenzioni della merchant bank si sono riversate sul gigante dell’acciaio franco-belga “Arcelor” che puntava ad una fusione con la “Severstal” russa.

 La nomina del capo di Goldman Sachs, Henry Paulson al Tesoro americano, garantirà rapporti più stringenti con il governo americano, o almeno, così spera la “triade” nostrana, sicuramente l’Italia passerà dalla rozzezza berlusconiana di un appoggio prettamente ideologico agli USA (e si sa che gli atteggiamenti troppo viscerali possono fare più male che bene) ad un’adesione ugualmente incondizionata ma ammantata di buon senso e di giustificazioni più sofisticate.

Draghi ha fatto capire che uno degli scogli da superare sarà il consolidamento del sistema del credito, tirando fuori Bankitalia dalle beghe dei salvataggi continui delle proprie banche nazionali, decisione alquanto ambigua in questo periodo di risiko bancario. Se le nostre banche non riusciranno a trovare intese tra loro, certamente partirà un assalto alla “diligenza” da parte di altre banche e gruppi stranieri. Insomma, si favoriranno alcuni gruppi piuttosto che altri, senza far finta di difendere l’italianità delle banche come aveva fatto il suo predecessore. Ma il governatore che si professa antiprotezionista, e non solo nel settore bancario, manda a dire che non lancerà la scialuppa di salvataggio a nessuno, per il bene della concorrenza e del libero mercato. Staremo a vedere se la mano invisibile che regola il mercato non diverrà l’ennesima carota legata ad un bastone a stelle e strisce.