LA "FESTA" DEL POTERE (di Gianfranco La Grassa)
Invito a leggere l’articolo di Lodovico Festa sul Giornale di oggi. E’ piuttosto lucido e ben informato sui giochi di potere (non quello del ridicolo Circo Barnum politico) che si sta svolgendo sulle nostre teste. Occorre però una piccola premessa. Festa è liberista e filoamericano, quindi “nostro” (sto riferendomi a quelli che la pensano come me) nemico. E vi indico subito il “piccolo” fatto che lo qualifica come tale. Festa, nel suo articolo, mette in luce come in questo momento il gruppo più pericoloso per l’intero paese, il gruppo che tenta da tempo (dai crac Cirio e Parmalat, anzi da prima ancora) di saccheggiarlo devastandolo, è quello diretto da Bazoli, cattolico presidente della Banca Intesa, “amico” (cioè padrone) di Prodi, e che ha come suo particolare e potente maneggione il finanziere polacco Zalewski.
Festa dimentica nell’articolo di citare l’ultima impresa di quest’ultimo. Molti sapranno che si è svolto un lungo braccio di ferro tra tre grandi imprese dell’acciaio: la francese Arcelor, la russa Severstal, l’angloindiana Mittal (strettamente collegata ai dominanti ambienti finanziari e politici statunitensi). Il Governo francese (l’asse Chirac-Villepin, ormai in discesa perché colpito dai noti scandali) ha premuto fino in fondo per la fusione Arcelor-Severstal; e vi stava riuscendo, sembrava anzi cosa fatta, prima però del forte indebolimento del suddetto Governo. Si è messa in mezzo la Goldman Sachs – punta di lancia dell’attacco finanziario USA all’Europa e all’Italia, quella che ha piazzato il suo, ora ex, vicepresidente Draghi a Governatore della nostra Banca centrale e un suo, ora ex, alto dirigente a sottosegretario dell’economia nel presente Governo – e manovrando su un 30% di “piccolo” (sic!) azionariato dell’Arcelor ha cominciato a premere per la fusione dei francesi con gli angloindiani (statunitensi). Nella fase finale del braccio di ferro, chi ha dato il colpettino definitivo in direzione di quest’ultima prospettiva è stato Zalewski, legato a Bazoli, che per varie vie controllava un altro 10% circa di azionariato Arcelor.
Questo intanto ci chiarisce che – Irak o non Irak, Afghanistan o non Afghanistan – il centrosinistra prodiano è tutto dentro i giochi dei dominanti statunitensi nella loro lotta per conquistare posizioni di forza in Italia, ma con l’obiettivo, ovviamente, dell’Europa. Abbiamo a che fare con personale politico più ipocrita e che fa giochi più complicati e ambigui, ma proprio per questo molto più utile dei rozzi destri ai disegni della potenza americana. Il fatto che Festa, pur essendo del centrodestra, taccia quello che ho sopra riportato, la dice lunga sul suo schieramento politico di fondo: come ho detto, filoamericano e “liberista” (perché i liberisti non sono favorevoli al libero mercato contro gli elementi monopolistici; si battono solo per la concentrazione del potere economico-politico nelle mani dei dominanti centrali di ogni data epoca; e oggi, quindi, per gli USA, di cui assecondano i disegni trovando vantaggioso essere loro servi).
Una volta chiarito questo, l’articolo di Festa è di una precisione ammirevole; e fa capire come tutta la lotta per il dominio-devastazione del nostro paese (a vantaggio del complesso finanziario-politico statunitense, l’odierno dominante globale) si combatta dentro il centrosinistra (certo con qualche trasversalità) e veda in primo piano, da una parte, l’Intesa di Bazoli attualmente in netto vantaggio e, dall’altra, l’Unicredit di Profumo. Entrambi agiscono in larga parte nell’ambito di quel nido di vipere che è il patto di sindacato della RCS (con la loro bandiera, il Corrierone, anch’esso diviso tra i contendenti; tutto comunque entro il calderone del centrosinistra), detto anche, “affettuosamente”, piccolo establishment. Rilevato che al momento appare un po’ frastornata, ma non proprio neutrale, la Fiat (con il suo presidente e presidente confindustriale, uno dei più esiziali personaggi economico-politici del momento assieme a quell’altro nefasto individuo di nome De Benedetti), Profumo cerca attualmente di rimontare lo svantaggio rispetto a Bazoli – il cui disegno è lineare: fondersi con Capitalia (Geronzi, il suo presidente, oppone resistenza a questo progetto e va incontro negli ultimi mesi, caso strano, a continui guai giudiziari), da qui passare a Mediobanca, di cui Capitalia è buona azionista (poco meno del 10%), e poi alle Generali, di cui è buona azionista Mediobanca (poco meno del 15%) – cercando alleati in Tronchetti, un po’ troppo criticato dagli altri del piccolo establishment, e nei Benetton, sotto tiro per l’operazione con la spagnola Abertis (in merito alla società Autostrade) e che, per rabbonire il suddetto establishment con il suo determinante peso politico nel Governo Prodi, hanno acquistato a caro prezzo il 5% del capitale RCS in mano a Ricucci, senza nemmeno essere ammessi, per il momento, nel patto di sindacato (devono prima dimostrare una “buona condotta” verso Bazoli e &).
Comunque di tutto questo leggete nell’articolo di Festa. E, per favore, che la si smetta con l’irritante propaganda per cui esisterebbe ancora una differenza, a favore della prima, tra sinistra e destra. Certamente esiste una differenza: la destra è infantile, rozza al limite della sincerità (certo banditesca); e si sta sfacendo con UDC, destra sociale (almeno Alemanno), Lega, che se ne vanno ognuna per proprio conto. La sinistra è formata da gruppi e lobbies divisi in tutto, ma non sul potere, sull’ipocrisia, sull’abile egemonia culturale mediante un corrottissimo ceto intellettuale, fatto di parassiti, venduti, manutengoli, ecc. Essa applica la tecnica del divide et impera mettendo il lavoro dipendente contro quello detto autonomo (quasi sempre solo formalmente). Inoltre, essa ha dietro di sé il reale potere finanziario italiano (quello preminente di Bazoli e quello che lo contrasta di Profumo), a sua volta ben asservito a quello USA, con deboli distinzioni tra democratici e repubblicani fra loro certamente in conflitto, ma comunque uniti per l’egemonia del loro paese in questo secolo.
Questo per la cronaca (di oggi)