LE CANAGLIE E I REVISIONISTI
In questi ultimi giorni se ne sono dette abbastanza sulla “Rivoluzione” Ungherese del ’56. Da una parte quelle canaglie dei giornalisti di regime, appartenenti alla sfera ideologico-culturale dominante, il cosiddetto clero mediatico dei produttori di pubblica opinione e di “buon” senso comune, dall’altra gli ex-comunisti pentiti i quali, dopo aver applaudito ai carri armati sovietici che avanzavano per riportare l’ordine nei recalcitranti paesi dell’est, tentano oggi di rifarsi una verginità politica al costo di abiure vergognose (non meditate nemmeno per un istante) e di ripensamenti senza un minimo di “convulsione” coscienziale. La verità è che questi cosiddetti ex-comunisti sono solo degli ex- piccìisti che col comunismo non hanno mai avuto nulla a che fare.
Questo, ovviamente, non significa che non si possa cambiare idea in assoluto, la vita è lunga ed un essere umano può essere chiamato a fare i conti con sè stesso e col proprio passato. Per tale motivo, ogni ripensamento delle proprie prese di posizione e delle fasi storiche vissute, dovrebbe essere accompagnato da percorsi interiori lunghi e turbinanti che solo i superficiali potrebbero esternare con leggerezza. Come dire, la coscienza non è un orifizio anale dal qual espungere peti.
Ai coprofagi del “fu” Partito Comunista vogliamo ricordare qualcosa. Nemmeno in Ungheria sentono la rivoluzione del ’56 così come si finge di sentirla in Italia o in qualche altro paese Europeo. Questa operazione di strumentalizzazione e di revisionismo storico ha il solito obiettivo di infangare il comunismo e di insozzare quelle bandiere che sono state, per molte generazioni di uomini, il simbolo di una possibile alternativa allo sfruttamento capitalistico. Allora, quale metodo migliore delle abiure di chi comunista non è mai stato?
Lo storico ungherese Gyorgy Litvan, uno di quei rivoluzionari che si erano opposti all’invasione russa, ha dichiarato che dello spirito di quella rivolta all’autoritarismo oggi non è rimasto assolutamente nulla. La nuova Ungheria ha tradito le aspettative di quella generazione che aveva imbracciato le armi per un paese più solidale. L’attuale sistema ungherese è fondato sull’insicurezza sociale ed esistenziale e lo stesso si può dire per la maggior parte dei paesi dell’est post-sovietico.
Paradossalmente, il clima favorevole alle manifestazioni di piazza era stato fomentato proprio da Kruscev e dall’opera di destalinizzazione che il gruppo dirigente del Pcus aveva avviato subito dopo la morte del leader georgiano. C’è da dire che il gruppo dirigente del Pcus ebbe una gran fretta a denunciare gli orrori dello stalinismo, probabilmente perché occorreva distruggere la figura carismatica di Stalin e assicurare una certa riproducibilità al potere. Di fatti, dov’era Kruscev durante le purghe staliniane? Kruscev aveva approvato i metodi di Stalin e, addirittura, si dice fosse tra i suoi più cruenti collaboratori.
Ma tant’è. L’Urss avvierà, in seguito a ciò, la politica del “disgelo”, i metodi staliniani verranno abbandonati e le nuove purghe, che pure ci saranno, (contro Molotov e contro Malenkov) avranno tutt’altre caratteristiche rispetto al periodo precedente. La Russia aprirà ai rapporti commerciali con i paesi del “blocco occidentale” (“scambiare merci con gli amici del temuto sig. Jones è solo un trucco per averlo meno ostile”[Assemblea Musicale Teatrale]).
Tutte queste precondizioni saranno preludio al climax della in(scena)ta del 1956. Al XX congresso del Pcus, Kruscev terrà il famoso rapporto sul despota sanguinario Stalin e si darà avvio alla destalinizzazione della Russia. Sarà proprio la destalinizzazione a invogliare i paesi satelliti dell’Urss a reclamare le proprie libertà, fino a quel momento sacrificate sull’altare della contrapposizione al nemico imperialista. Dapprima scoppieranno disordini in Polonia (giugno 1956) repressi nel sangue dai successori di Stalin (i cosiddetti destalinizzatori, sic!), successivamente la protesta si estenderà anche in Ungheria. Era stato proprio Kruscev a sostenere che il comunismo era degenerato a causa della poca moralità dei capi. La gente aveva creduto alle sue parole ed aveva cominciato a cercare, tra le “pieghe” della dittatura, quel “fondamento di potere operaio” che, secondo Kruscev, era ancora alla base della società socialista.
Allo scoppio della rivolta ungherese le truppe russe presenti a Budapest lasciarono la città e Imre Nagy e Janos Kadar (due comunisti, ripeto due comunisti) perseguitati dallo stalinismo, diventano rispettivamente capo del governo e segretario del partito comunista. Certo, Nagy commette un errore, poiché in piena guerra fredda pretende di uscire dall’alleanza politico-militare con la Russia. A questo punto, “inevitabilmente”, i carri armati non possono che marciare sull’Ungheria. O qualcuno è davvero così sciocco da pensare che si dovesse lasciar fare? L’unione Sovietica si sarebbe sfaldata dopo pochi anni anziché arrivare sino al 1991. Era comunista l’Unione Sovietica? Non lo abbiamo mai pensato, all’epoca i comunisti più critici avevano parlato di social-imperialismo, mentre chi oggi abiura era concordemente schierato con il regime sovietico. Comunque, alla fine il clima cambiò. Kadar (il quale si schierò con i russi appena i carri armati entrarono a Budapest) divenne capo del governo Ungherese ed avviò una serie di riforme politiche ed economiche che innalzarono il tenore di vita della popolazione. Questa è Storia, il resto è lerciume montato ad arte dai “traditori” e dal clero mediatico dominante.