AI POSTER L’ARDUA SENTENZA
La democrazia è una specie di formula apotropaica che non appartiene a questo mondo ma incide pesantemente sulla vita corrente. È un racconto serotino per il popolo bovino, è una favola notturna per la folla sonnolente che desidera addormentarsi dolcemente. E’ il sogno ricorrente della moltitudine assopita che crede di avere il potere ma viene risvegliata con sculacciate sul sedere. In nome suo e per il bene nostro finiscono i dittatori nel fosso, si decimano i civili col drone liberatore e si insediano ai governi i pupi integralisti travestiti da autentici liberisti. Per la democrazia si uccide, si bombarda e si rade al suolo, ma col nobile intento di dare all’umanità il pluralismo del parlamento e ai più forti e violenti un comodo paravento. Gli autocrati ostinati che vengono abbattuti a colpi di cannone sono degli stolti antiquati i quali non hanno capito che fondamentale non è davvero attuare quell’ impianto decisionale dove ogni testa vale, ma è sufficiente dichiararsi osservanti del verbo parlamentare nonché tali e quali ai prepotenti globali. Anche nei nostri paesi che sono la culla di questo sistema ormai secolare, il calmante sociale va preso a piccole dosi affinché la massa ignorante non creda veramente di essere importante. Si viene chiamati ad esprimersi a scadenze prefissate e pure se subentra l’imprevisto istituzionale non si deve abusare delle iniezioni di volontà popolare. Per questo i nostri politici dottori, appena la sentono nominare fuori dal normale periodo elettorale e prima di avere maturato il diritto alla pensione, cominciano a mettere in guardia dai pericoli connessi all’eccesso di consultazione che compromette la salute dell’ istituzione. La più avanzata medicina, se presa secondo una posologia sbagliata, produce controindicazioni e aumenta le allucinazioni come quella di volere ad ogni costo nuove elezioni. Le deiezioni abbondanti nell’urna rendono la democrazia sdrucciolevole, parola di onorevole. In questo periodo di crisi e di pestilenze finanziarie anche il referendum può diventare un veleno mortale soprattutto se attenta all’integrità del corpo comunitario continentale. Qualcuno si è spinto ad affermare che chiamare la nazione a dire la sua su questo tema è persino una pazzia che, ovviamente, ammorba la democrazia. Per le urgenze è sempre aperta la guardia medica parlamentare e non c’è bisogno di reiterare il suffragio universale. Pertanto se le cose si mettono male ed i deputati non sanno cosa fare si chiama a legiferare il Tecnico neutrale che piace alla finanza internazionale. Il cittadino che reclama la parola è come un bimbo che geme ad ogni ora, va dondolato e coccolato ma non assecondato perché si rischia seriamente di mettere la nazione nelle mani della gente. La democrazia è invece un’altra cosa, dove chi governa si riposa, arraffa e non osa e chi lavora e vuol partecipare viene dichiarato ritardato mentale. Tra la democrazia e il coinvolgimento popolare c’è di mezzo il mare. Nonostante questo, anche se non serve a niente vorremmo ugualmente far sentire la nostra voce e non essere fatti in un sol boccone da un tale che ha studiato alla Bocconi. Come si dice in questi casi, non sarà vera gloria ma almeno l’apparenza di poter affidare ai poster (elettorali) l’ardua sentenza.