IL SACCO DEI LANZICHENECCHI

La crisi sta provocando danni anche alla salute, come è normale che succeda, e infatti in alcune zone del nord infarti ed angine sono aumentate del 30% a causa dello stress e del nervosismo;  per non parlare, poi, dei suicidi di imprenditori in bancarotta.  Per non essere anche noi influenzati così negativamente dal baccano mediatico sempre più confuso e contraddittorio, con l’aggiunta dell’indecente paralisi e dei modi litigiosi e nevrastenici in cui si dibattono le presunte guide della Ue-Euro, Francia e Germania, non ci resta che riflettere su come stanno realmente le cose per mantenere un minimo livello di lucidità. Qualcuno si lamenta (ad esempio sul Corriere) della lentezza di Monti nel completamento della squadra di governo e nell’emanazione dei primi “urgenti” provvedimenti; questi signori dimenticano che il nuovo premier ha contatti diretti con l’Amministrazione statunitense e con la sua “longa manus” finanziaria (la Goldman Sachs) molto maggiori di quelli dei “capi” francesi e tedeschi. E mentre Monti (spalleggiato da chi ben sappiamo) sta preparando quello che gli Usa – e non la fantomatica Unione europea – hanno chiesto, per ridurci sul lastrico ma magari non del tutto, l’Ing. Roger Abravanel – esperto operatore nel settore del private equity – e consulente finanziario e imprenditoriale di numerose aziende, anche italiane, scrive un articolo sul Corriere di oggi (27.11.2011) per perorare la causa della svendita delle nostre industrie più competitive, con argomenti che vorrebbero risultare “razionali”.  Secondo Abravanel la privatizzazione di Finmeccanica non ridurrebbe l’occasione per ulteriori “fondi neri” perché l’azienda italiana

<< opera in un settore (difesa, sicurezza) dove la trasparenza è scarsa, le pratiche commerciali a volte ai limiti della legalità e l’interferenza della politica significativa per definizione. Il cancro della corruzione in questi settori non si combatte con le privatizzazioni, ma con una committenza pubblica più trasparente e un’azione giudiziaria internazionale più incisiva e coordinata.>>

Evidentemente l’ingegnere finge di vivere nel mondo delle favole per bambini; ben diversamente si è espresso La Grassa in un suo recente intervento:

<<appartengo ad una famiglia medio-industriale e ho lavorato un quinquennio nell’azienda paterna (scomparsa da molto tempo) pur avendo già compiuto la mia scelta comunista. Una media azienda come quella aveva sempre fondi particolari per evenienze che tentano di non sottostare alle meravigliose regole della smithiana “mano invisibile”. I liberisti, imbroglioni “patentati”, non rivelano mai che ciò è normalissimo, a qualsiasi livello dimensionale dell’impresa; ma certamente diventa essenziale e dirimente per le grandi concentrazioni imprenditoriali. Tali personaggi non sono fessi, sanno bene, e spesso per esperienza diretta – consigli di amministrazione, collegi dei sindaci, organismi vari di controllo delle “regole”, che ogni tanto colpiscono i trasgressori, altre volte non trovano prove, altre volte ancora fanno apposta a non trovarle, ecc. ecc. – come si comportano le aziende; quindi mentono sapendo di mentire>>.

A questo punto Abravanel comincia a scrivere in un linguaggio oscuro, ma non a sufficienza, perché ormai sappiamo dove vogliono andare a parare; lo “spezzatino” di Finmeccanica secondo l’ingegnere potrebbe essere una buona idea, o meglio potrebbe risultare necessario perché quelli che dovranno comprare vorranno  solo la parte “buona” e non gli “ossi” che non interessano:

<<In Finmeccanica esistono business globali molto competitivi e in posizione di leadership: gli elicotteri (Agusta-Westland), l’avionica (Selex-Galileo) legati alla committenza militare in Italia e nel mondo, e altri come l’Ansaldo Energia e l’Ansaldo Sistemi, più connessi al mercato privato mondiale dell’energia e dell’industria. Questi business competitivi (veri e propri «gioielli») convivono con altri che sopravvivono grazie alla committenza pubblica italiana — la Alenia e la «sicurezza» (la «famigerata» Selex-sistemi integrati) — e con altri che da sempre restano nell’orbita pubblica per ragioni di salvaguardia dell’occupazione (l’Ansaldo Breda)>>.

Gli anti-privatizzazioni, ricorda poi l’editorialista, affermano che gli altri due “gioielli di famiglia”, oltre a Finmeccanica, ovverosia  Eni e Enel, garantiscono attualmente 2 miliardi di dividendi alle casse statali, un importo a cui difficilmente si può rinunciare. Ma ecco che Abravanel – cercando di dissimulare, ma non tanto, il “gioco” – ci spiega che la speculazione sui titoli di stato e l’enfatizzazione sugli spread,  definiti “insostenibili”, ha proprio nelle nostre aziende di punta uno degli obiettivi principali :

<<Ma se questi dividendi in passato hanno reso il 7-8%, un vero affare quando il debito costava il 3%, oggi con un costo marginale del debito del 6-7% a causa dell’esplosione degli spread la situazione è cambiata. E l’incasso di almeno 30 miliardi (la vendita dei «gioielli») vale una manovra di uno Stato che tenta disperatamente di non fallire. In altre parole lo Stato italiano deve vendere perché il costo di tenersi i «gioielli» è oggi pari alla loro cessione; e comunque non può più permetterseli>>.

Sissignori, una ben pilotata manovra finanziaria globale ha amplificato la “pressione”, gli spread sui nostri titoli di Stato proprio nella misura necessaria perché il nostro paese debba rendersi conto di dover fare certi sacrifici, tra i quali la cessione ai nostri “padroni” d’oltreoceano e ai loro “camerieri” della nostra residua potenza industriale. Vorrei possedere lo “stile espressivo” di La Grassa e Petrosillo per riuscire ad esprimere la mia indignazione e, come vorrebbe GLG, il mio “odio”. Se le cose proseguiranno in questa direzione, nonostante le mie paturnie, forse ci riuscirò.

Mauro Tozzato           27.11.2011