GORBACIOV: LA BRANDINA CHE DIVENNE UN BRAND

Tra pochi giorni (26 dicembre del 2011) ricorreranno i vent’anni dalle dimissioni di Gorbaciov (26 dicembre 1991) che decretarono lo smembramento ufficiale dell’URSS e la salita al potere degli ubriaconi incaricatisi di trasformare quella che era stata una grande e temibile potenza mondiale in un misero duty free per stranieri ed oligarchi. Qualche mese prima (agosto 1991) c’era stato un tentativo di “colpo di stato” (lo mettiamo tra virgolette perché, contrariamente a ciò che narra la propaganda occidentale, si trattò di un estremo quanto velleitario sforzo dei poteri costituiti per ristabilire la propria legittima autorità) da parte della nomenklatura comunista, la quale non voleva una liquidazione a prezzi di saldo dell’intera Unione Sovietica ma auspicava un programma di riforme all’interno del contesto esistente, al fine contrastare le spinte centrifughe che si erano messe in moto e preservare la sovranità della Russia dalle ingerenze esterne. Respinti i nostalgici e i veterani ed accertato lo sfaldamento degli apparati statali e militari, verificata la distrazione della gente che aveva ben altro a cui pensare a causa della stagnazione economica, i veri golpisti, quelli capeggiati da Eltsin ed assistiti da Bush senior, si sbarazzarono del temporeggiatore Gorbaciov (la storia ci sta già suggerendo che costui fu più traditore che stupido, soltanto che fece male i conti del suo voltafaccia e gli si parò innanzi un soggetto ancor più spregiudicato di lui, come il citato Boris Eltsin) e diedero seguito ai loro piani di dismissione dell’impero rosso secondo le precise indicazioni della Casa Bianca. L’intelligence statunitense aveva precedentemente individuato in Eltsin il quisling al quale affidare il governo della Russia, tanto da averlo avvertito, con settimane di anticipo, dell’imminente tentativo di “golpe” da parte dei “conservatori” del partito. Forte di quest’appoggio estero, l’uomo che per tutti nel PCUS ed in Russia era sempre stato un codardo ed un alcolista, si ritrovò su un carrarmato ad arringare la folla contro il governo regolare, atteggiandosi ad eroe e a salvatore della patria. Gorbaciov, invece, venne tenuto all’oscuro del possibile putsch, nonostante il medesimo Bush lo avesse più volte rassicurato circa le buone intenzioni della Casa Bianca nei suoi confronti, compresa la volontà di non interferire nelle vicende interne di Mosca. E’ vero che Gorbaciov firmerà le sue dimissioni alla fine di dicembre ma di fatto l’Unione smise di esistere il 7 dicembre 1991, allorché Eltsin, Kravcjuk (Presidente dell’Ucraina) e Shuskevic (Presidente della Bielorussia), in una dacia dove aveva dimorato Breznev, rimpinzandosi di vodka e rotolando sotto il tavolo, si rifiutarono di sottoscrivere una bozza di accordo finalizzato alla rifondazione dell’Urss con un nuovo trattato.  A conclusione della mancata intesa i tre porcellini brindarono felicemente come si conviene ai  beoni  che hanno le bollicine nel cervello e le bolle dei pagamenti ricevuti per la diserzione nelle tasche. Precipitarono in questa maniera rapida e funesta (sebbene gli errori e gli orrori dell’URSS fossero atavici)  gli eventi di quella che Putin ha giustamente definito come la più grande tragedia geopolitica del 900, la quale portò conseguenze devastanti non solo ad Est ma in tutto il mondo. Di lì in poi lo strapotere americano diventerà pieno e assoluto e gli interventi militari dello zio Sam in tutto il pianeta prenderanno la forma delle operazioni di polizia internazionale, proprio in virtù di questo dominio incontrastato. Tuttavia, dopo la disgrazia di un decennio nefasto ritornò fortunatamente la grazia degli anni duemila, per merito di un ex membro del KGB, Vladimir Putin, sostenuto dagli apparati nazionalisti e sovranisti che riuscirono ad evitare la disintegrazione. Adesso la Russia non è più il gigante di una volta, si è ridotta ad una potenza d’area, poco più che un attrattore regionale, ciononostante rincasando sulle sue storiche zone d’influenza e ricomponendo la sua deterrenza armata è riuscita a porre un freno all’espansionismo di Washington che sembrava non incontrare limiti e oppositori. In seguito a tali drammatiche vicende, appena appena corrette in questi ultimi anni, sentire i voltagabbana di ieri prendere ancora la parola per denunciare la mancanza di democrazia nel Paese e l’illiberalità del Cremlino dà letteralmente il voltastomaco. Gorbaciov si è detto disgustato dai brogli delle ultime consultazioni elettorali per la Duma ed ha invitato Medvedev  e Putin a ritornare sui loro passi facendo ripetere le votazioni. Ovviamente, non è stato ascoltato perché non si può prendere sul serio chi ha affossato un popolo intero per consegnarsi, col sorriso sulle labbra, alla pubblicità dei fast food e delle casa di moda. Però la Storia sa vendicarsi con ironia dei ladri di speranze e dei farabutti di mestiere. Gorby, nobel per la pace e pece sulla Russia, da borseggiatore di futuro è finito accanto ad una borsa di Louis Vuitton e da pelato senza sugo su una pizza Hut. Fu così che la brandina degli occidentali divenne un brand delle multinazionali. E’ lui l’agente segreto di Obama con licenza di rosicare e di far volteggiare la pochette.