LA BASILICATA E LA PROSSIMA CRISI PETROLIFERA (scritto per tiscali)
E’ vero, c’è la crisi economica, una crisi che in Italia pesa doppiamente per i limiti strutturali del nostro sistema industriale affetto da nanismo e scarsa competitività e per l’abdicazione delle istituzioni le quali, all’indomani dell’attacco dei mercati e delle borse, anziché reagire, si sono auto-commissariate consegnandosi nelle mani dei professori cervelloni sobri e pasticcioni. Quest’ultimi dovevano portare giù lo spread ed invece ci stanno facendo cadere letteralmente le braccia, dimostrandosi poco originali nelle idee e nelle iniziative. Infatti, Monti e suoi discepoli montati dalla stampa non hanno raggiunto l’obiettivo prefissato, ma sono stati capacissimi di realizzare l’ovvio, colpendo i deboli con le tasse e facendo dei timidi colpi di tosse al cospetto dei grandi del mondo. C’era necessità di ricorrere ai luminari per questa labile illuminazione? E’ vero, dunque, che siamo in difficoltà e che si preannunzia una lunga stagnazione (molto simile a quella di fine Ottocento che si risolse soltanto con il primo conflitto mondiale), dalla quale non ci riprenderemo nel breve periodo. Tuttavia, qui in Basilicata abbiamo un grande vantaggio, siamo seduti su un mare di petrolio in un’epoca in cui l’oro nero influenzerà pesatamente l’azione strategica e geopolitica degli Stati. Abbiamo, pertanto, una merce di scambio, molta rara e preziosa, da far valere nei rapporti con Roma e dobbiamo servircene nel migliore dei modi al fine di alleggerire la situazione ed incrementare il nostro benessere. Dobbiamo, insomma, invocare tutto quello che ci spetta, dai risarcimenti per il territorio stressato da tali attività fortemente invasive, sino agli investimenti ad elevato contenuto tecnologico ed occupazionale, portando in loco imprese all’avanguardia inserite nei mercati in espansione. Per fare ciò occorre anche un forte cambio di mentalità con il quale scrostare tutte quelle convinzioni assistenzialistiche e retrograde che ci hanno limitato sino ad oggi. Bisogna, innanzitutto, abbandonare al loro destino quei catorci manifatturieri di una precedente stagione industriale e i fantomatici poli distrettuali per polli da spennare (quanti lestofanti hanno investito in Basilicata fuggendo col malloppo non appena sono terminati i sussidi pubblici?) che non potranno essere resuscitati nemmeno con una pioggia di sovvenzionamenti statali. Sui salotti lasciamoci i cinesi e saliamo sul tetto del mondo. Il nostro tesoro nascosto si trova sottoterra e dobbiamo tirarlo fuori insieme ad un rinnovato coraggio. Tanto più che, dopo i recenti avvenimenti nelle regioni del medio oriente e in nord Africa, il greggio lucano diventa fondamentale per tutta la Penisola. In Libia l’Italia ha perso un alleato determinante a vantaggio di francesi, inglesi ed americani, molti dei nostri accordi privilegiati stanno saltando ed anche gli approvvigionamenti da quel Paese sono diventati meno sicuri del recente passato. Le pressioni nei confronti di Siria ed Iran, da parte della Comunità Internazionale, stanno danneggiando ancora una volta la nostra nazione che con quei popoli detiene un interscambio commerciale di primo piano. I nostri rapporti bilaterali di rilievo s’interrompono e si frantumano, con perdita di crediti e di credibilità, a causa delle gelosie degli “amici” occidentali e dell’incipiente caos geopolitico portato con sé dell’era multicentrica che sta facendo emergere, sulla scacchiera globale, vecchi e nuovi giganti orientati a contendere la supremazia atlantica. Ferve dappertutto nel globo la corsa ai combustibili perché energia è sinonimo di crescita, di progresso e avanzamento tecnico. Il pianeta è in guerra, seppur a bassa intensità, per conquistarsi i posti al sole dell’era geo-energetica e noi dobbiamo saper agire con intelligenza se non vogliamo essere retrocessi nella serie B delle formazioni sociali capitalistiche. Le dispute sulle risorse vitali, come ha scritto recentemente l’analista americano M. T. Klare, domineranno le questioni internazionali per i prossimi decenni ed i fronti caldi si moltiplicheranno e si infiammeranno ad ogni scoperta di ulteriori giacimenti. Anzi, i conflitti maggiori saranno alimentati proprio dalle diatribe sul petrolio e sul gas, coinvolgendo le vie di comunicazione dove transitano dette materie prime. In particolare, Klare individua quattro aree a forte rischio bellico per la loro collocazione al centro delle rivalità energetiche planetarie: lo Stretto di Hormuz, i mari cinesi, il mar Caspio e l’Artico. Dice Klare: “Nella nuova era geo-energetica il controllo delle fonti di energia e il loro trasporto ai mercati sarà al centro delle crisi globali”. Stando così le cose lo Stato italiano sarà tenuto a proteggere e migliorare lo sfruttamento delle risorse autoctone per affrontare i prossimi difficili periodi. La Basilicata diventerà il suo granaio energetico ma ha il diritto di esigere compensazioni e ricompense per la sua disponibilità. Fa benissimo allora il Presidente De Filippo ad insistere con il memorandum sul petrolio, ed anzi gli consigliamo di osare molto di più. Non solo innalzamento del prezzo delle royalties ma anche iniziative per trasformare la nostra terra in un catalizzatore d’innovazione produttiva e di ricerca sulle tematiche legate all’energia. O così, oppure si chiudono i rubinetti. Due sono però i pericoli da evitare in questa fase. L’autolesionismo pseudoecologistico e l’egoismo particolaristico dei partiti. Gli invasati ecocretini che protestano per ogni intervento senza saperne nulla vanno ignorati poiché arrecano danni alla comunità, la quale non ha alcuna intenzione di ritornare ai tempi della pietra per aderire alla loro sensibilità da cavernicoli. Non ci si può lamentare per il depauperamento collettivo, l’inefficienza dei servizi e la mancanza di occupazione e poi bloccare qualsiasi occasione che stimoli ricchezza e prosperità. Si vuole il paradiso terrestre? Bene, ma ci si abitui a vivere frugalmente e senza comodità. Se al contrario si è disposti a pagare il costo di qualche esternalità negativa si potrà godere maggiormente delle agiatezze della modernità, anche se arrecano qualche disagio al panorama e all’aria. In secondo luogo, la classe dirigente locale deve impegnarsi a compiere uno sforzo comune lavorando sinergicamente per il bene di tutti i cittadini lucani. Non devono esistere divisioni ideologiche e preconcette su queste materie, né devono sorgere appetiti personalistici volti a barattare i beni territoriali con l’ascesa politica individuale o di piccoli gruppi di arrampicatori politici. Anche senza tali scorciatoie ci si troverà comunque in una posizione di forza per merito degli eventi che si sono incastrati favorevolmente. Adesso ci tocca cogliere l’attimo e far funzionare il cervello.