Il moralismo degli spocchiosi
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Che Monti e la sua compagine stiano godendo di un sostegno a dir poco ecumenico da parte dell’universo mondo istituzionale, nel Bel Paese come nell’Occidente Che Pesa e Che Conta, pare una verità lapalissiana. Il fronte interno dei riottosi registra ogni giorno qualche nuova folgorazione e defezione. È pur vero che la via per Damasco, oggigiorno, a dispetto delle moderne tecnologie e delle ambizioni imperiali, sembra essere meno lastricata che ai tempi di Paolo di Tarso.
La direzione è, però, tracciata e l’Assoluto, a differenza di Giove, può agire infischiandosene della risoluzione del Consiglio dell’Olimpo, a New York, poco a nord di Washington. I recalcitranti sembrano aggrapparsi vieppiù alla eventualità remota che un qualche scivolone possa offuscare la luce dell’astro nascente. La loro natura di meteore, di satelliti occasionali dall’orbita troppo ellittica li condanna, però, senza alternative, a un duplice supplizio. Non c’è “Sant’Anchè” che tenga; come ogni cometa, quando si avvicinano troppo alla fonte d’irradiazione pagano lo scotto di una fugace luminosità riflessa con la liquefazione progressiva del loro corpo; quando se ne allontanano, recuperano l’algida compattezza della massa residua di entità tornate opache ed insignificanti.
I riottosi, frastornati dall’affollamento nello spazio, specie nelle prossimità della stella, vivono, quindi, di una grande illusione; abbagliati, hanno confuso più o meno volutamente la fonte con il riflesso di luce.
Il Monti Mario, come i Monti Pallidi (le Dolomiti), vivrà del massimo splendore all’alba ed al tramonto di questa sua avventura, ma, come un qualsiasi pianeta o satellite, comunque di luce riflessa; con un vantaggio decisivo rispetto ai recalcitranti: percorre un’orbita decisamente più regolare e circolare attorno al massimo sistema. Dovesse inciampare, qualche passo malfermo del resto ha rivelato già la debolezza intrinseca del nostro, ci sono troppi cortigiani intorno a sostenerlo e, comunque, c’è l’Assoluto pronto a stendere un velo censorio in caso di caduta rovinosa.
Buon per loro, però, trattarsi di un’illusione; fosse realmente una stella, prima di morire, un suo collasso fagogiterebbe i pianeti; le sue lingue di fuoco inseguirebbero inesorabilmente le comete e meteore occasionalmente più vicine e lascerebbe senza meta, smarrite, in cerca di nuovi astri, quelle più lontane.
Non che sia del tutto irrealistica questa possibilità.
Con la scomparsa, oltre trent’anni fa, del “sol dell’avvenire”, si è passati da un sistema binario ad un sistema solare apparentemente singolo, in principio illusoriamente più tranquillo e benefico; nel breve volger di qualche lustro il sole superstite ha rivelato la sua rapacità e distruttività; da bianco vivido, si è già trasformato in “abbronzato”: decisamente più irrequieto. Dovesse trasformarsi in “sole nero”, come profetizzato da Giordano Bruno in epoca indefinita e dai Maya nel corrente anno, la distruzione sarebbe certa.
Né Monti, né Passera, né altri dell’italico governo, sono, con ogni evidenza, questo sole.
Fuor di metafora astronomica o biblo-astrologica, qualche dote di abile giocoliere il Mario pacioso l’ha pur dimostrata, sostenuto dal suo impeccabile aplomb e dalla gran cassa dei tanti compartecipanti.
Uno dei terreni di elezione prescelti dal Nostro su cui scatenare le pulsioni e le contrapposizioni è l’accertamento dell’origine dei redditi e l’azzeramento dell’evasione fiscale.
Dopo quarant’anni di inutili invocazioni e anatemi da sinistra, ecco che un gruppo di tecnocrati, in ITALIA come in Grecia, offrono da par loro le soluzioni su un piatto d’argento. Ecco qualche esempio:
ñ riduzione a mille euro del valore massimo dei libretti al portatore; per la terza volta in breve tempo, centinaia di migliaia di titolari di libretti, depositari di caparre o quant’altro deposito di garanzia, devono recarsi in banca o in posta per ridurre, estinguere o frazionare i depositi. Peccato che, da anni, esista la tracciatura con codice fiscale di qualsiasi operazione occasionale o su titoli al portatore; una distrazione, sia pure a dei tecnici del calibro di Passera e Monti e a dei giornalisti d’assalto del calibro della Gabanelli si può pure concedere
ñ divieto di operazioni di pagamento a partire dai mille euro, comprese le pensioni, con conseguente obbligo di uno strumento di addebito/accredito. È la causa scatenante dell’ennesima lacerazione tra sinistra compassionevole, sempre accondiscendente verso le debolezze del popolo e sinistra austera, infervorata non si sa a quale titolo dalla Gabanelli, propensa alla totale abolizione del contante, con parte della destra a lamentare i limiti alla libertà del cittadino-consumatore. Di per sé la misura sarebbe anche positiva se finalizzata a modernizzare e ad abbattere i costi ingiustificati dei servizi di pagamento; occorrerebbe obbligare contestualmente le banche ad offrire strumenti pressoché gratuiti. In realtà si tratta di spennare i poveretti, lucrare su qualche spesa di commissione ed esigere imposte di bollo a gogò con l’importante appendice di saturare i database del Ministero delle Finanze con operazioni insignificanti
ñ riforma del mercato del lavoro senza tabù di sorta, compreso l’articolo 18. In questo campo la foschia diventa nebbia da tagliare a fette.
Si parte da giuste esigenze: ridurre drasticamente la casistica di contratti precari sottoscrivibili e consentire un programma formativo teso a stabilizzare il posto di lavoro; scindere il reddito assistito dal rapporto di lavoro, specie se fittizio.
L’argomento meriterà, prossimamente, un articolo di approfondimento.
Qualche domanda, però, giusto per diradare un po’ del fumo sparso abbondantemente, si può già porre ai nostri soloni con “lacrima sul viso”: come si concilia il processo formativo aziendale con il “tramonto del posto fisso”? Cosa c’entra l’eliminazione dell’articolo 18, il quale sanziona le discriminazioni individuali, con l’incentivo alle assunzioni? Se il problema è l’applicazione spesso distorta fattane dalla magistratura, perché abolire l’articolo anziché riorganizzare la giustizia? Come è possibile estendere il reddito assistito a costo zero?
ñ Semplificazioni delle procedure amministrative. Qui, i soloni stanno rappresentando il meglio della parodia; decenni di accademia e di studi per attingere dalle mail dei cittadini i suggerimenti. Cose buone e cose banali; quello che mancherà, al momento, è la riorganizzazione dei servizi e degli apparati amministrativi dello Stato, almeno sino a quando non la imporrà, in salsa greca, la Commissione Europea e il FMI. Ormai ci siamo vicini. A quel punto la ridondanza della pubblica amministrazione apparirà nella sua nudità e indifendibilità, a prescindere dal disegno politico e dal ruolo che si vorrà riconoscere a questo stato e a questo paese. Dal ruolo e dal disegno politico scelto per gli stessi, dipenderà il tipo di riorganizzazione, l’individuazione dei settori più penalizzati e la drasticità degli interventi
Il vessillo intorno al quale catalizzare l’impegno profuso a tutto campo è, come già detto, ampiamente annunciato: la lotta all’evasione fiscale.
La sicumera e la tracotanza con cui Attilio Befera, direttore dell’Agenzia Entrate, uomo chiave della pattuglia tecnocratica amministrativa, annuncia sfracelli nell’ultima intervista a Repubblica, rappresentano di per sé un programma, come pure le retate propagantistiche sempre più mediatizzate rappresentano le armi preferite in mano ai crociati; eppure, tra le righe di quella intervista, è Befera stesso a rivelare sottotraccia gli esiti prevalenti ed i limiti della sua crociata: la fuga massiccia dei capitali all’estero, la ridondanza, l’impreparazione e la disorganizzazione di un apparato pletorico, largamente sovradimensionato rispetto a quello di tanti altri paesi a minor tasso di evasione e incapace di analizzare i dati disponibili.
Va dato atto a Vincenzo Visco, ministro del Governo Prodi, di averlo sottolineato e ribadito.
Sarebbero sufficienti due provvedimenti banali per mettere a nudo il carattere kafkiano di questo strumento: la restituzione immediata al contribuente delle somme indebitamente ed erroneamente incassate dal fisco senza causale corretta ed il risarcimento del tempo perso dalle vittime innocenti nei meandri degli uffici.
La gran cassa mediatica, capofila Corriere e Repubblica, piuttosto che analizzare quanto di quei risicati successi di introiti sono legati a sanzioni sproporzionate, a pagamenti per insostenibilità delle eventuali spese di ricorso e di accertamento, a sanzioni per errori formali, preferisce assecondare la caccia all’untore, la condanna moralistica del malcapitato o del furbetto di turno. I nemici da additare al pubblico ludibrio sono, quindi, i percettori di pensioni di defunti, gli invalidi fasulli, i proprietari di auto e immobili nullatenenti piuttosto che una amministrazione svogliata ed incapace di gestire i dati in possesso.
L’acquisizione di una enorme quantità di dati dei cittadini, nell’attuale contesto, più che ridurre equamente l’evasione rischia di risolversi in un formidabile strumento di arbitrio
Il perfetto presupposto per contrapposizioni distruttive e sterili nella società, specie in tempi grami e per l’emergere di un arbitro-giocatore in grado di bastonare per decimazione e riservare nicchie di privilegi.
Di fronte a tanta perfezione del meccanismo di questo circo delle illusioni, con le luci ed i suoni che riescono a nascondere le crepe e gli scricchiolii e ad ammansire il pubblico, Mario Monti non può che essere beato e soddisfatto, sino ad immedesimarsi nella fantasmagoria.
La sua immagine al cospetto di Obama è cosa ben diversa da quella di Frattini a fianco di Hillary Clinton, un anno fa.
Il sorriso trattenuto tra labbra chiuse e gote gonfie del primo rivelano la consapevolezza della sua consolidata appartenenza all’establishement; la risata riconoscente e naif del secondo tradiscono la condizione di chi deve guadagnarsi l’ingresso a qualsiasi titolo nella famiglia con il tradimento del vicino di casa.
Lo staff presidenziale americano gli ha garantito la copertina di “Time”, anche se nella sola versione semiclandestina europea; lo ha introdotto nelle colonne del Washington Post, anche se nelle pagine interne. Più che una seria considerazione, una illusione in più da ammannire agli spettatori italici.
Poco propenso alle ciniche trattative, Mario Monti, buonista ante litteram, pare molto meglio disposto alle donazioni disinteressate: acquista caccia americani ipercostosi, non batte un ciglio sulla disdetta unilaterale dei contratti d’acquisto di elicotteri ed aerei d’addestramento italiani sottoscritti dagli americani; acconsente alla liquidazione degli ultimi gioielli di famiglia industriali, implora Francia e Germania di aprire un po’ i mercati; propone di ridurre le barriere doganali europee alle importazioni americane, ma non accenna minimamente alle scorribande finanziarie di fondi e banche americani.
L’uomo è fatto così; non riesce a cogliere il nesso tra la dote che è in grado di concedere e la calorosa ospitalità di cui è oggetto. Gli basta guardare in alto per raggiungere l’estasi.
Ben altro atteggiamento assume quando il suo sguardo è rivolto in basso.
Questo atteggiamento, tipico del tecnocrate, rischia però di rompere l’incantesimo.
Ilvo Diamanti, su questo aspetto, scrive frasi illuminanti su “Repubblica”.
A novembre ha iniziato la sua missione con un appello a sacrificare il presente di adulti ed anziani in nome del futuro dei giovani; nemmeno due mesi dopo, sostenuto da vari ministri, rimbrotta i giovani bamboccioni perché escano dal guscio in cerca di avventura. Per andare dove: i tecnici laureati verso la Silicon Valley, la manovalanza in Cina o dove sono le opportunità.
Il consiglio e l’intimazione di un padre di famiglia disperato, piuttosto che la prospettiva di uno statista in grado di prospettare un futuro al paese; il suicidio assistito di un paese che spende miliardi di euro per la formazione, per consentire il successo di alcuni negli angoli remoti del mondo; il crollo del mito del “pezzo di carta” su cui si sono fondate le speranze di avanzamento sociale di interi strati sociali con l’implicito invito ai ceti medi superstiti di difendere con le unghie le nicchie più o meno precarie con le quali garantire la riproduzione della specie. Precarie per i più, ma decisamente garantite per i rampolli di tecnocrati, funzionari e simili.
Il risultato paradossale di chi vede nelle libertà del mercato l’apoteosi delle virtù e delle possibilità dell’individuo, nelle virtù egualitarie della competizione economica individuale la scomparsa apparente di ogni strategia politica e di prosaica bottega particulare.
In quest’ottica gli strateghi locali, i funzionari devono trovare sostegno e ispirazione altrove.
I funzionari delle aziende strategiche, ma anche quelli delle grandi aziende di settori maturi devono trovare oltreoceano i legami e gli imput necessari alla sopravvivenza; in maniera analoga avviene per i centri decisionali annidati nello stato, nelle amministrazioni, nel sistema mediatico, agevolati in questo da sessant’anni di integrazione subordinata al sistema atlantico.
Il risultato è la riduzione dello stivale all’efficace e semplice surrogato di ben più costose portaerei con il tacco che scalcia i Balcani e la punta i paesi del Nord-Africa nei momenti di crisi bellica; con le maschere regionali (da Arlecchino, a Pulcinella, a Pantalone, a Balanzone, a Edison, a Fiat) le quali offrono le mentite spoglie agli sgherri d’oltralpe e d’oltreoceano.
Un ruolo perfettamente complementare e subordinato il quale comprende, ovviamente, le consumazioni senza invito al banchetto delle libagioni da parte dei vari Don Rodrigo.
Per concludere, Monti ha il compito non solo di distruggere e scompaginare, cosa per altro facile e del tutto in linea con il nuovo corso americano; di costruire, anche, in qualche maniera, un nuovo blocco sociale, di dimensioni più ridotte ma più compatto che sia funzionale a quel disegno e a quel ruolo.
La sua forza attuale consiste nel monopolio assoluto della presenza e della proposta politica su problemi reali; i falsi oppositori si limitano a sperare in qualche passo falso; quelli veri dovranno costruire un progetto alternativo fondato sulla sovranità nazionale e sull’alleanza rispettosa con altri paesi a rischio di collateralismo.
I modelli ispiratori di Monti sono chiari ed evidenti; risalgono soprattutto alla sua formazione americana e anglosassone. Ha dichiarato, del resto apertamente, la sua missione “pedagogica” nei confronti degli italiani; a meno di soprassalti, gli italiani, con un paio di generazioni di ritardo e con le distorsioni legate alla mancanza di alcuni presupposti fondamentali presenti invece nei paesi dominanti, sono destinati a mutuarla ed assimilare le sue lezioncine.
Il rischio maggiore, nell’attuale momento di apoteosi, è che Monti diventi preda della sindrome di Icaro; abbagliato, di avvicinarsi troppo al sole e di liquefarsi; troppo alto da terra, con il rischio di ignorare i particolari e diventare troppo insolente ed approssimativo verso sudditi ancora, tutto sommato, ben disposti nei suoi confronti.
Tra le tante incognite che attraverseranno il paese, un nuovo corollario arricchirà i teoremi che danno un senso al nostro paese: l’ulteriore destabilizzazione dell’iconografia nazionale con l’inserimento a pieno titolo di gran parte del mondo accademico tra le miserie della classe dirigente.
Tanto più che gli artifici della politica e gli equilibrismi della finanza avranno sempre più difficoltà a mascherare i conflitti più aspri e i dissesti economici più radicali; dovranno adeguare il loro trend ad essi se vorranno salvare egemonie politiche e portafogli. Del resto il liberismo è merce ormai demodè; da vendere ormai soltanto nelle estreme periferie.