SA(N)REMO SCEMI? (dato che è domenica cazzeggiamo…)
Scritto per tiscali.it
Non tutti lo sanno ma nel ’56 una mia concittadina vinse il festival di Sanremo. Nel mio paese le hanno dedicato una targa in piazza ed intitolato una via (http://it.wikipedia.org/wiki/Franca_Raimondi; http://www.youtube.com/watch?v=1FAXoRPeC3Q) . Forse un po’ troppo, ma ognuno si attacca a quel che fornisce la storia o, meglio, la storiella minuta del borgo natio che deve essere ingigantita perché altrimenti non si sa a cos’altro votarsi per affermare la grandeur della bottega. A Polignano a Mare, circa 6 km da Monopoli, c’è poi il monumento a Domenico Modugno, nato proprio lì, un mastodonte di tre metri in bronzo che non assomiglia per niente al cantante pugliese. La statua dà le spalle al mare e sembra voler riabbracciare quella città dalla quale Mimmo era stato respinto in vita perché non abbastanza strapaesano.
(http://it.wikipedia.org/wiki/File:Statua_modugno_polignano_a_mare.jpg).
Diciamo però che, in questo frangente, parliamo davvero di un gigante della musica nonché di un poliedrico uomo di spettacolo, anche attore e presentatore, che la cittadinanza polignanese ha voluto risarcire dopo l’ostracismo impostogli per aver rinnegato le sue radici ed essersi impunemente spacciato per siciliano e napoletano. Mr. Volare volava alto artisticamente ma basso identitariamente, come spesso capita a chi non è affetto da provincialismo. Da come descrive Il Quotidiano della Basilicata gli eventi di questa manifestazione sanremese è possibile che tutta la toponomastica lucana possa cambiare. Avremo via Pippa, eroe di Sanremo e martire dei testi (musica e parole di topo Gigio) e corso PapaLeo I, pontefice frugale che alla cupola preferì il campanile. E’ possibile che spuntino pure alcune statuette in gesso di costoro nei giardini pubblici dove ormai i nanetti sono demodé. Il direttore de Il Quotidiano fai poi notare che finalmente la cosiddetta California del sud è stata oscurata dalla Basilicata in questa competizione a chi diventa più ridicolo. Non è un primato del quale ci si debba vantare, e penso che così come i pugliesi siano stanchi di essere accostati a Checcozalone o Leone di Lernia, così i lucani lo siano di essere approssimati a Papaleo o Arisa. Se poi costoro fanno anche le alleanze regionali nei film l’effetto è persino devastante (Checcozalone e Papaleo “Che bella giornata” (http://it.wikipedia.org/wiki/Che_bella_giornata). Sia inteso che preferisco tali pellicole senza pretese moralistiche ed introspettive alla sbobba politically correct nazionale che narra di amorini, amorucci e a-moretti o impegnucci politici per uomini piccini piccini. Purtroppo, i nostri sono tempi di disimpegno nel senso che il cinema, in particolare, ed il mondo della cultura (musica inclusa), in generale, sono finiti nel disimpegno in fondo a destra, dove occupano lo spazio Nanni Moretti, il quale crede di essere un vero regista e Federico Moccia, versione perbenista di Riccardo Schicchi. La colonna sonora di ogni cosa non è di Morricone ma dello sciacquone. Eppure ci fu un periodo in cui i pugliesi (e per vicinanza e fratellanza anche i lucani) preferivano “chi appariva alla Madonna”, come Carmelo Bene, a chi ci fa apparire tutti rinchiusi in stupidi cliché stracittadini. Tuttavia, vorrei ricordare al Direttore de Il Quotidiano che, fortunatamente per i lucani, nella palta di questo Festival si è piazzata comunque prima la povera Puglia, poiché l’inascoltabile ed inguardabile Celentano, più che il re degli ignoranti il sovrano dei qualunquisti, mattatore “scemissimo” della kermesse canora, pur essendo nato a Milano è figlio di foggiani. Mi si permetta quindi di sgravare i miei amici lucani da colpe che solo minimamente possono ricadere su di loro. Infine, Il Direttore de Il Quotidiano cita Debord a capocchia, come se il filosofo francese, in fondo, potesse essere avvicinato a tali oscenità che non entrano in nessuna delle sue categorie filosofiche. Solo scempio e degrado, sublimazione del trash in giacca e cravatta. Quest’ultimo ha criticato la società dello spettacolo, ma a Sanremo non c’erano nè l’una né l’altro. A meno che non si vogliano considerare società le colonie di foche inturgidite e di farfalle duplicate vicino alle farfalline e spettacolo gli sproloqui, senza ritmo e sostanza, del molleggiato al quale si sono svitate le molle nel cervello.