Dalli al “tudesc” (2)
Nel novembre scorso sostenevamo che la tesi sbandierata dagli economisti italiani mainstream: “la colpa è dei tedeschi”, nascondesse la loro difficoltà o impossibilità a spiegare la crisi dell’eurozona come riflesso della nuova strategia degli USA obamiani, impegnati a mettere in riga l’area europea, “anche aprendo la competizione fra le nazioni UE più potenti per conquistare una vera e propria delega al ruolo di sub-dominante regionale”.
In effetti gli attacchi alla Merkel sui principali giornali italiani sono continuati da allora ed anzi hanno recentemente subito un’intensificazione, arruolando commentatori autorevoli come G. Ferrara dal Foglio e da Qui radio Londra.
E’ stato messo in luce il contrasto profondo che, dietro i sorrisi di circostanza, dividono A.Merkel da C.Lagarde (il capo “americano” del FMI) e vengono con assillo sottolineate le preoccupazioni del FMI rispetto alla bassa crescita e, quindi, alla tenuta dell’eurozone alla distanza. Sempre dal FMI vengono pubblicate le prospettive da oggi al 2013/15 dell’applicazione dell’accordo denominato fiscal compact in ogni nazione europea, da cui appare palese come solo Germania e la diligentissima Italia potranno esibire a quella data un avanzo primario tale da compensare la quota di deficit a carico del pagamento degli interessi sullo stock di debito accumulato. Tutte le altre nazioni UE non ossequieranno il dogma del pareggio di bilancio complessivo volenti (UK e Repubblica Ceca) o nolenti (gli altri) [vedi Nota 2]
Più banalmente, e perfidamente, R.Brunetta affianca il trend del tasso di interesse dei bund tedeschi dal 2008, sempre in discesa, con quello dei nostri BTP, sempre in ascesa, accusando la DB di palese scorrettezza nei nostri confronti (… strano che non menzioni anche Morgan Stanley e BoA – vedi Nota 1).
Tutte verità che si riducono a spingere i commentatori a chiedere che la Germania sia solidale con i suoi partner indebitati, in particolare accettando l’emissione di Eurobond. Qualcuno si spinge a mettere in discussione la permanenza nell’Euro, cosa di per sé non blasfema, ma irrealistica, in assenza di solidi accordi politici, finanziari e commerciali bilaterali (al di fuori e contro l’elite europeista e USA), a protezione degli inevitabili riflessi negativi nell’economia e nella finanza nazionale.
La finanza internazionale “vota” apparentemente contro il candidato Hollande, fieramente antitedesco in campagna elettorale, in realtà giocando classicamente al “poliziotto cattivo” in modo che insieme al “poliziotto buono” (la sinistra socialdemocratica europea) possa continuare a dominare un’area strategica che, diversamente guidata, potrebbe svegliarsi dal suo torpore ed interferire nei giochi internazionali.
Si vorrebbe insomma una Germania tutta focalizzata e concentrata a curare la “finanza malata” dell’eurozona, stretta nei vincoli dell’ortodossia UE di Maastricht, Lisbona e fiscal compact. Una Germania che tornasse ai tempi duri dell’unificazione con la DDR, su scala molto più grande, con riflessi politici interni non prevedibili, ma inevitabili e non indifferenti.
Tutte verità, dicevamo, ma, a nostro modesto parere, del tutto parziali. Il mosaico finora delineato va completato con altre tessere. Intanto è rimasta significativa l’assenza della Germania dal massacro NATO in Libia, assenza che non possiamo trascurare ancorché difficile da incasellare con certezza. A febbraio Merkel e Nazarbaiev firmano un accordo per assicurare alla Germania l’approvvigionamento di terre rare necessarie all’industria tedesca [Daniele Staino sul Corriere-Economia del 13.2.2012]. Alcune industrie tedesche si danno da fare in proprio per assicurare le esportazioni in Argentina, garantendo un equivalente import di merci in ossequio alle direttive della “protezionista” Kirchner (segnalazione sul blog di WS – vedi anche: http://www.bloomberg.com/news/2011-11-02/porsche-sells-malbec-to-keep-autos-coming-into-argentina-cars.html).
La Cina diventerà presto il primo partner commerciale della Germania scalzando la Francia. E’ stato accelerato il raddoppio del gasdotto Northstream che pertanto entrerà in funzione a piena capacità alla fine di questo anno.
Una serie di fatti, apparentemente minori, che nell’insieme delineano una Germania attenta a mantenersi la possibilità di ritagliarsi un ruolo sulla scacchiera internazionale, come dice Danilo Staino: “una marcia che ha portato il paese a guardare sempre più verso est, ad aumentare i suoi rapporti economici con l’Europa orientale, ad avere relazioni sempre più strette con la Russia”.
E’ probabile che una Germania politicamente ed economicamente vincolata claustrofobicamente a sostenere i cugini (… perennemente) malati della UE, eliminerebbe, o ridurrebbe la forza, per un certo periodo di tempo, di un possibile giocatore sulla scena internazionale. Ecco perché secondo noi tutte le ricette economiciste che si invocano dover essere prese in considerazione dalla Germania (da parte di FMI ed eurosinistre) in nome della crescita e della solidarietà, sanno di ossequio agli USA obamiani (in difficoltà nel suo paese) più che di autonoma visione europea (velo ammantato per il poppolo).
Propendiamo pertanto verso una conclusione provvisoria, relativamente al contesto europeo, che rappresenti A.Merkel e l’attuale gruppo dirigente tedesco impegnati alla ricerca della possibilità di giocare un ruolo più complesso del semplice (e tradizionale) Cerbero a guardia dell’inflazione, memore (e memento al tempo stesso) del destino disastroso della Repubblica di Weimar, prodromo dell’avvento del “male assoluto” del periodo nazista.
Si vedrà se tutto quanto sopra accennato troverà ulteriori conferme nei prossimi mesi ed in particolare dopo le elezioni politiche tedesche, che sarà opportuno seguire anche da questi punti di vista, considerato che l’eventuale successo, anche relativo, di un partito “lepenista” in Germania non potrebbe essere tollerato dall’elite europeista.
Roma, 23.4.2012
Note:
1) Dunque da quanto sta emergendo, alla fine del primo trimestre le principali banche americane si erano posizionate per guadagnare se i titoli di debito pubblico del gruppo dei Pigs si svalutavano, scommettendo quindi sul peggioramento delle condizioni economiche dei Paesi europei in posizione più debole. Giocare contro il Portogallo, ad esempio, vuol dire fare crollare i prezzi dei titoli pubblici del Paese, ma allo stesso tempo aumentarne i rendimenti. A quel punto entrano in campo i trader delle grandi banche che comprano a prezzi ribassati per poi rivendere gli stessi titoli quando i loro valori risalgono lucrando sul valore. Un gioco semplice se gli operatori in campo sono di dimensioni tali da riuscire a muovere il mercato. Il Sole 24 Ore – http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-04-20/banche-vendono-italia-cessioni-233945.shtml?uuid=Ab2ImKRF
2) Nessun’altra economia avanzata “normale” al mondo nel 2011-2013 riuscirà a generare neanche lontanamente un avanzo primario cumulato pari al 7,8% del Pil come farà l’Italia. Nemmeno la Germania, che si fermerà al 3 per cento. Non lo dice il Def, bensì lo affermano le statistiche dell’Fmi.
… Tra non molto, quando apparirà sempre più chiaro dai numeri che l’Italia sarà l’unica ad aver rispettato gli impegni europei, avremo finalmente recuperato non solo la credibilità ma anche l’autorità necessaria per chiedere alla Germania di fare di più per la crescita e di avviare un progetto continentale per la stessa, magari attraverso quegli eurobond che finora sono stati osteggiati in modo poco lungimirante. – di Marco Fortis – http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-04-22/sacrifici-stanno-salvando-151454.shtml?uuid=Abx5CzRF