LA TERRA TREMA, LA TERRA TRAMA
Recentemente, In Italia la terra troppo trema e troppo trama. Se il primo evento è una accidentalità, il secondo è invece una “occidentalità”, conseguente allo spostamento della principale placca geopolitica atlantica verso il Pacifico, senza che siano diminuite le frizioni con la zolla eurasiatica. Gli Usa mettono in subbuglio l’Europa, la trascinano nei suoi movimenti egemonici e strategici, rimodulano i loro interessi avverso il Celeste Impero e le sue zone d’influenza, rovesciano gli equilibri in Nord Africa ed in Medio Oriente, costringendo il Vecchio Continente a chiudersi ad Est e non preoccupandosi delle conseguenze sociali che ne derivano. Il nostro Paese, da sempre una portaerei naturale tra la grande potenza oceanica e la riemergente potenza russa, nonché ponte del Mediterraneo, ne paga il fio maggiore. Ci è stato impedito di continuare a fare affari e di instaurare proficue collaborazioni internazionali con Mosca e con la Libia (per francesi, inglesi ed americani non vale il motto gli amici degli amici sono nostri amici e così ci hanno sottratto influenza e rapporti con Tripoli), soprattutto attraverso le conglomerate pubbliche dei settori dell’energia e dell’aerospaziale (Eni, Finmeccanica), mentre adesso si attacca la Germania, per mano degli altri membri europei, già allineati ai piani di Washington, con la scusa del deficit e della crisi sistemica globale, quando in verità si vuole soltanto costringere Berlino ad abbandonare le sue velleità indipendentiste e i canali privilegiati, di business e di relazioni, col Cremlino. Ma fortunatamente sono crucchi, non cucchi. Non è l’austerità imposta dalla Merkel che affossa l’Ue ma l’assoluta assenza di prospettive autonome dell’Europa che costringe i tedeschi a tenere duro su tutto. Soprattutto sugli aspetti economici attraverso i quali la speculazione finanziaria s’insinua nelle scelte dei governi condizionandoli a proprio piacimento. In questo contesto caotico e subalterno chi paga le conseguenze più alte delle diatribe in corso è proprio Roma, da sempre ventre molle di tutta l’area. Per essere sicuri di avere il completo controllo su di noi l’amministrazione Obama ha imposto, grazie alla compiacenza di deboli forze politiche e di un Capo di Stato che da “Napolitano vuò fa’ l’amerikano”, lo smantellamento del governo del nano minore ma anche del male minore, almeno fino a quel momento. Nemmeno un oltranzista religioso ed invasato reazionario come Bush si era spinto così avanti, anzi quest’ultimo ci aveva lasciato, per ragioni tattiche, le briglie più sciolte (in questo periodo infatti gli accordi tra Eni e Gazprom per la costruzione del gasdotto South Stream ricevono un’importante accelerazione), in cambio del sostegno alle guerre in Iraq ed Afghanistan, concedendoci qualcosa in più sul piano dei rapporti con Putin. Adesso ci tocca sopportare la dittatura degli Alti papaveri professorali, tecnicamente bravi finchè si mettono in cattedra da soli ma politicamente buoni a nulla di fronte alla realtà, i quali stanno provocando immani sciagure sociali in nome del pareggio di bilancio e di un bilancio disastroso in politica estera, che poi è la politica tout court in fasi storiche come quella corrente. In questo clima pestilenziale, con la Penisola ridotta ad un palcoscenico di periferia dove i nostri governanti recitano la parte dei puri mentre quella dei duri la fanno uomini dal volto indistinguibile, spesso celato dietro una barba finta, o ancora gli sciacalli internazionali e le iene globali, c’è forse da sorprendersi se scoppiano bombe e si gambizzano le persone? Ma è il nostro Stato il vero gambizzato e preso di mira da eventi mondiali che non comprende e non affronta col necessario coraggio. Abbiamo abbattuto un simulacro di democrazia elettorale per affidare le sorti del Paese in mano ad ottimati laureati che da quando si sono insediati non fanno altro che trattarci come somari essendo loro stessi bestie da soma di altri padroni. Ci hanno insultato in ogni maniera, definendoci un popolo di sfigati, di mammoni, di evasori e non ne hanno combinata una giusta dall’alto delle loro scrivanie dottorali e dei loro compensi ancora più elevati, maturati soprattutto dopo anni di tirocinio all’estero, in organismi nominativamente multilaterali ma fattivamente gestiti sempre dagli Usa o in quelle stesse banche che a detta di molti ci hanno mandati sul lastrico. Può chi deve la sua carriera e il suo prestigio alla Goldman Sachs o a JP Morgan o a BancaIntesa mettere la mordacchia al suo ex datore di lavoro, col quale è rimasto in ottimi rapporti e col quale tornerà probabilmente a lavorare, dopo la disavventura di governo? La domanda è retorica la risposta per niente consolatoria. Aspettiamoci giorni peggiori perché siamo solo agli inizi di un devastante terremoto nazionale. Gianfranco La Grassa ha ben illustrato nel suo articolo di ieri quale disegno stiano predisponendo potenti d’oltreatlantico e fetenti nostrani per mortificare ancora l’Italia. Ci attendono anni di fuoco, tra finti pompieri e veri piromani, ma siamo ancora impreparati ad affrontare l’incendio che ci ha circondati.