“O NON CASCHI O CASCHI IN PIEDI”, scritto da GLG, 7 giugno ‘12
1. Un anno fa circa (mi sembra il primo giugno), Berlusconi si avvicinò platealmente durante una riunione internazionale a Obama e si lamentò, con voce sufficientemente alta, della “persecuzione” subita per anni da parte della magistratura. Obama rispose grosso modo come nel titolo di questo pezzo. Non però a voce così alta da farsi intendere; subito dopo, però, lo stesso cav. si premurò di far conoscere la frasetta obamiana, mai smentita dalla Casa Bianca per cui la si può ritenere sufficientemente esatta. Tutti gli sciocchi, in smania ventennale antiberlusconiana, ripeterono in coro la solita litania: “che figura ci fa fare davanti all’estero che ci guarda”. In realtà, la scenetta era ben orchestrata per ottenere davanti a testimoni l’assicurazione di quanto invece stabilito dietro le quinte: mi appoggi visto che io ti ho già garantito in gran segreto che seguirò il “tuo consiglio”, tradirò tutto e tutti e sarò ubbidiente per il futuro.
Questo, spero ci si ricorderà, lo rilevai subito; la risposta obamiana si prestava comunque a più di un’interpretazione. Poteva significare che era ancora incerta la sostituzione di Berlusconi al governo, malgrado si siano svolte poi durante l’estate parecchie manovre per preparare la discesa in campo del grigio Monti (uomo per tutte le stagioni); e non solo manovre concordate tra gli Usa e il Colle poiché ne era coinvolto pure Berlusconi, che infatti appoggiò, con finto storcimento di bocca, la vergognosa aggressione alla Libia e l’uccisione/linciaggio di Gheddafi. Del cambio della guardia tra Berlusconi e Monti si parlò anche, e in modo credo definitivo, il 17 ottobre dell’anno scorso a Todi al Forum delle associazioni cattoliche del lavoro, convegno cui diede particolare rilievo il Card. Bagnasco e cui partecipò, già ministro in pectore, Passera. E’ ovvio che Bagnasco è il leader della corrente oggi vincitrice in Vaticano e che ha effettuato la svolta netta in senso filo-Usa contro il precedente (timido) atteggiamento di riavvicinamento agli ortodossi russi.
Non è tuttavia da escludersi che a giugno il superamento del governo Berlusconi fosse già in programma, per cui la frase obamiana deve essere “aggiustata” nel suo significato: te ne devi comunque andare, ma se servi bene allo scopo non verrai travolto e steso a terra. Le apparenti esitazioni dell’allora premier in autunno, che sembravano tese a ritardare la sua uscita di scena, potrebbero essere state dello stesso tenore delle mal recitate “resistenze” e dei finti “mal di pancia” quando si è trattato di aderire all’azione “Nato” (cioè Usa ma tramite il sicariato di alcuni paesi europei) contro la Libia. “El poer nano” ha probabilmente dato vita alla sua rappresentazione teatrale in accordo con Obama (e Napolitano, dalle cui intromissioni fingeva di essere infastidito). La sua sostituzione, un po’ a singhiozzo e strascicata per un po’ di tempo, era ormai decisa ma con ritmi e modalità tali da renderla più traumatica per la cosiddetta casta politica, già sottoposta ad un bel fuoco di fila da parte dei media e, ancora una volta, della magistratura. Si è voluto dar l’impressione di un qualche ritorno di fiamma di “mani pulite”, ma si è trattato solo di un’opera di complemento svolta dalla “giustizia”. L’opera principale doveva essere compiuta da Napolitano, con la mascherata complicità del Berlusca.
Il “cascare in piedi” ha significato allora, se tutto ciò è realistico, un progressivo affievolimento delle operazioni giudiziarie nel mentre si andava sviluppando l’operazione dei “tecnici” e Berlusconi si teneva in posizione defilata (continuando a sostenere di essersene andato per il bene del paese sottoposto a bufera finanziaria, ecc.): defilata, ma molto incisiva nel provocare un terremoto dal quale il Pdl è stato scosso e ridotto in frantumi. L’operazione è ancora in pieno svolgimento, anche nell’ultimo pranzo tra l’ex premier e Alfano, in cui si è finto che il secondo abbia fatto presente (così come pure Schifani con una lettera indirizzata al primo) il disagio di una parte ormai maggioritaria del partito, completamente allo sbando. E come continua ad operare “el poer nano”? Dà un colpo (piccolo) alla botte, con maldestri malumori per le misure economiche “folli” del governo, ormai sottoposto a critiche perfino dall’estero, ma soprattutto dalla Banca d’Italia, dalla Corte dei Conti e altri organi della nostra amministrazione statale, in specie di tipo contabile; e un altro colpo (molto più deciso e sostanzioso) al cerchio, sostenendo che non si può cambiare questo governo perché la crisi è ancora troppo forte, ecc. ecc. Il che, a rigor di logica, dovrebbe significare che bisogna tenerselo per anni perché la vera crisi (reale) durerà molto a lungo.
Di fronte a questa pantomima, alcuni hanno senz’altro mangiato la foglia e cominciano a dire qualcosina di vero, ma sempre a metà. Essendo stato rivelato che Monti, in quanto importante membro della Moody’s, potrebbe aver contribuito alla crisi finanziaria italiana costringendo quindi Berlusconi alla resa, si mena scandalo perché in definitiva l’attuale premier avrebbe agito artatamente per fini di proprio interesse. Su Libero (6 giugno), De Dominicis giunge perfino ad avere il “coraggio” di scrivere che sarebbe riconducibile a Monti “il disegno internazionale che, partito dagli Stati Uniti, sede delle tre sorelle (le agenzie di rating) è stato completato a Roma a novembre scorso. E l’obiettivo….è stato centrato: fare fuori Berlusconi facendo leva proprio sulla pressione dei mercati internazionali. Tutto (o quasi) pure grazie a Monti che per un certo periodo ha fatto parte di un alto organismo di Moody’s. Come dire che stava con i nemici”.
Tipico esempio di come citare alcuni “fatti” apparentemente incontrovertibili risponda all’interesse di giornalisti acquietati sotto i poteri di qualcuno. Prima di tutto gli Stati Uniti sono certo sede delle “tre sorelle”, ma soprattutto dell’Amministrazione Obama che sta mettendo a soqquadro il mondo con finte rivoluzioni, assassinii, invio di truppe speciali segretamente, ecc. In secondo luogo, Monti ha la sola colpa di essere un grigio esecutore dei progetti di vari gruppi di pressione: sia in ambito accademico (quando, ad es., era Rettore della Bocconi) come sul piano politico, ecc. a seconda delle occorrenze. Non c’entra nulla che fosse in un importante organismo della Moody’s; ben altre sono le relazioni (di servizio diligente) che egli intrattiene con i poteri statunitensi e i loro sicari europei e italiani, fra i quali è reclutato pure Berlusconi, la presunta vittima delle trame delle agenzie di rating coadiuvate da Monti. La finanza è servita a spaventare e disorientare la popolazione italiana (con la piena connivenza di tanti critici del sistema politico italiano, della Casta, ecc.), ma è solo uno strumento, molto appariscente e di sicuro effetto emotivo per chi non vede al di là del proprio naso. Ben altre sono le batterie messe in moto per ottenere cambiamenti politici sostanziali e connivenze determinanti a tal fine. Ecco come notizie apparentemente vere (perché i “fatti” si sono svolti anche così) servono a pervertire la verità: gli Stati Uniti ci stanno asservendo e la “vittima” è tra i loro sicari, in piena combutta con quelli contro cui finge di provare malcontento o dubbi e perplessità.
2. Malgrado quanto ho appena scritto, non penso che oggi sia in atto un disegno preciso per quanto concerne le sorti del nostro paese. Esiste uno schizzo di progetto (o forse anche più d’uno), alcune linee direttrici, forse nemmeno tutte perfettamente coerenti o convergenti, comunque non tracciate con mano sicura, proprio per lasciare aperte alcune possibilità nelle quali inserirsi di volta in volta. Vediamo se è possibile comprendere almeno alcuni fra i “tratti di penna” con cui si è cercato di comporre lo schizzo (o gli schizzi).
Intanto, non esiste un progetto, nemmeno in schizzo, che riguardi in modo del tutto specifico e particolare l’Italia; esso(i) sembra(no) invece inserito(i) nel più vasto ripensamento tattico-strategico statunitense. Bisognerebbe meglio afferrarlo. Di alcuni aspetti di tale ripensamento abbiamo più volte parlato; anche in un prossimo futuro continueremo a discuterne. Se alcune questioni relative alla nuova strategia appaiono chiare e una serie di mosse sono già state compiute – dalla svolta in Irak, di cui è stato interprete Petraeus e il cui successo ha condizionato poi la sua estensione in ambito più globale, alla messa in secondo piano (non eliminazione totale) della lotta al terrorismo islamico (Al Qaeda) con gesto simbolico nell’assassinio di Bin Laden (in finta diretta TV e con il grottesco e indecente “wow” della Clinton), al tentativo sempre più pressante di sganciamento in Afghanistan i cui contorni sono però ancora fluidi, ecc. – non tutto sembra risolto compiutamente. La rielezione di Obama è in pratica certa, ma più per demerito degli avversari (assai insicuri e limitati) piuttosto che per un grande entusiasmo di tipo “rooseveltiano” o “kennediano”. Non siamo certo alla “nuova frontiera”.
Gli Stati Uniti, comunque, appaiono in netta riflessione autocritica e in grado di recepire l’inesistenza di una situazione monocentrica (“imperiale”, non “imperialistica” o policentrica) per cui stanno tentando una ridefinizione della disposizione delle loro forze nel campo della “sfida globale”, un campo che, secondo la mia opinione, è sempre la stabilizzante costruzione di una struttura di interrelazioni tra contendenti effettuata da determinati centri strategici (a volte con idee differenziate fra loro) per meglio svolgere le “battaglie” di cui consterà la “guerra” per una lunga serie di anni; non si pensa certamente ai mesi o anni futuri, ma al lungo periodo, pur sapendo che sarà necessario, di tempo in tempo, ri-effettuare la costruzione della struttura costituente il campo e ripensare le mosse del conflitto in esso, rivedendo pure a volte la rilevanza degli attori (avversari) in conflitto e dunque la loro posizione nel campo.
Ripeto che dovremo riparlarne spesso perché non esiste una situazione dell’Italia presa in se stessa, avulsa dal contesto globale; soprattutto fintantoché il nostro paese sarà ridotto a semplice pedina di strategie altrui. E’ proprio la necessità di piegare l’Italia – ancora uno dei principali paesi industrializzati del mondo – a “soldatino obbediente” di chi effettua le mosse sulla scacchiera globale che richiede oggi una sua “docilità” superiore a quella del ventennio passato. All’inizio degli anni ‘90, con l’escamotage della falsa operazione di “giustizia” fu annientato un regime ormai non più adatto alla bisogna dopo il crollo del mondo bipolare e la fine della posizione italiana al “confine” con il polo opposto (detto impropriamente socialistico). Viene a termine adesso anche la funzione svolta dall’Italia in una scacchiera europea nel periodo (1991-2001), in cui gli Usa erano convinti di poter affermare una loro posizione (centrale) del tipo di quella inglese tra il 1815 e la seconda metà del XIX secolo. Non si ripeterà l’operazione (giudiziaria) di vent’anni fa; chi lo fa credere ha interesse a che non si comprenda la nuova situazione creatasi, per affrontare la quale è stato brutalmente disperso anche il più flebile vagito di un minimo indipendentismo italiano nei confronti della Russia o della Libia o verso qualsiasi altro “orizzonte”.
Proprio per questo, sarebbe bene per i nostri dominatori che l’Italia ritrovasse comunque un apparato politico dotato della capacità di agire con una certa efficacia, sia pure agli ordini di “generali esterni”. E’ necessaria una specie di operazione di “resettaggio” generale del campo politico occupato per tanto tempo da gruppi del tutto inetti. Li si fa passare ancora una volta per corrotti, ma la corruzione è qualcosa che ha sempre accompagnato la politica. Venirci a raccontare che si può ottenere pulizia in tal senso è la più sporca delle menzogne, tuttavia utile a spazzare via un personale indecente per incapacità e improntitudine, privo della più pallida idea di che cosa significhi fare politica. Anche in un “Protettorato semicoloniale” (detto all’ingrosso), l’amministrazione dello Stato deve avere una sua efficienza. Pur quando la politica estera sia dettata dai “generali esterni”, è indispensabile l’esistenza di gruppi di esecutori, interni al “Protettorato”, dotati di autorità sufficiente e quindi in grado di godere almeno in parte della stima della popolazione.
Fa ridere assistere oggi alla levata di scudi contro la politica quando è proprio questa che è mancata nei vent’anni trascorsi, in cui gruppi pseudo-politici e mediatici ignobili hanno creato il Mostro (el poer nano) affinché si sviluppasse un puro confronto, privo di una qualsiasi idea, solo pro o contro di esso. Non di anti-politica abbiamo bisogno, ma proprio del contrario. Chi sta manovrando con quello “schizzo di disegno”, di cui si è detto, lo sa bene; per questo il suo gioco alimenta la totale distruzione dell’esistente, ormai un inutile fardello, in modo da lasciare solo macerie sul terreno di una “politica” mai stata tale dopo il 1992-3. A tale scopo agiscono scientemente in combutta con lo straniero (Usa) tutte le più alte cariche del nostro Stato e anche il Complice n. 1, il Mostro di un tempo. L’operazione di “reset” non può apportare subito pulizia: prima si formerà un ammasso di macerie, poi si eseguirà la progressiva rimozione delle stesse. In questa seconda fase, soltanto, si capiranno meglio le finalità – al momento, salvo nostri errori di interpretazione, imprecise e fluide, aperte a più prospettive – di coloro che di fatto stanno tirando le fila.
Preoccupante è il susseguirsi delle “scosse telluriche” provocate dai “generali esterni” e dai loro sicari interni, con accumulazione di quantità crescenti di detriti. Si utilizzano manovre spesso divergenti, che creano continuo disorientamento, timori incessanti, rabbia per lo più impotente, disgusto crescente per la politica, l’unica veramente assente da anni e che dovrebbe invece essere considerata l’ancora di salvataggio. Questo è già, a suo modo, un disegno pur se fondato sulla montante disaffezione per ogni professione di sensatezza e mirante ad ostacolare l’individuazione di chi compie simili torbide mene. E’ del tutto evidente (ma per pochi) chi viene salvaguardato: il centro promotore del disordine mondiale, coinvolgente pure l’Italia. Il nuovo gioco strategico Usa attribuisce ancora una volta rilievo speciale all’area europea (e dunque al patto militare atlantico). In tale contesto, il nostro paese diventa pedina non indifferente in una precisa area mondiale; deve però soltanto obbedire e non avere più nessun atout da giocare in funzione di una pur minima autonomia.
Non vedo settori, nemmeno alcuni che a parole si proclamano sovranisti, sottrarsi al gioco perverso di nascondimento dei propositi dei “generali esterni”, gli Usa obamiani, in piena azione di completo nostro asservimento. Tutti coloro che tacciono o accennano a condizionamenti esterni in modo contorto e distorto (ho fatto sopra l’esempio di Libero) sono responsabili di tale situazione. Bisogna smascherare l’attuale strategia Usa, e i suoi sicari interni ai vari paesi, seguendo da vicino i disegni, pur fluidi e mutevoli, dei nuovi aspiranti dominatori del mondo. Sarebbe indispensabile che in Italia venissero alla ribalta alcuni ambienti dotati di mezzi atti a creare le condizioni mediatiche minimali per lo smascheramento in oggetto. Non si avvertono movimenti in tale direzione; si ascoltano tante chiacchiere, anche alcune affermazioni di notevole lucidità, ma di promotori di una nuova politica di autonomia e sovranità si vede per il momento solo l’ombra.