QUALCHE VOLTA SCAPPA LA (MEZZA) VERITA’; scritto da GLG 28 luglio 12

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I giornalisti, che si paludano da esperti di economia e sono solo dei banaloni liberisti d’antan (altro che il veteromarxismo!), talvolta si lasciano sfuggire piccoli “segnali” di verità. Sul Giornale d’oggi, nell’editoriale, Porro scrive, in mezzo a tante altre “piacevolezze”: “Marchionne, come Draghi, ha una forte sponda negli Stati Uniti [sottolineatura mia]. Per i suoi successi a Detroit, dove ha salvato Chrysler dal crac e per il gran favore reso a Obama [sempre mia la sottolineatura] togliendogli la spina nel fianco di un fallimento dell’auto made in Usa, che solo pochi anni fa era cosa assai probabile. Draghi, dal canto suo, ha guidato il Financial stability forum nel pieno della crisi finanziaria americana, e la sua linea da presidente della Bce è molto simile a quella della Fed [idem]: per questi motivi oggi è visto con sospetto dai circoli più ortodossi del purismo anti inflattivo di Francoforte”.

Poco più sopra però sta scritto che Marchionne vorrebbe un accordo fra i produttori d’auto (tipico accordo tra oligopolisti, quello tanto inviso, a parole, ai neoliberisti) per ridurre la produzione e tenere alti i prezzi (ecco da dove nascerebbero le tendenze inflattive tanto invise ai “circoli tedeschi”) anche a costo di chiudere stabilimenti e licenziare mano d’opera con ulteriore aggravamento della crisi, che gli stolti giornalisti e politici italiani (ma non solo) continuano a trattare da finanziaria, con condimento di Borse e spread, magari poi raccontando, senza nemmeno provare vergogna, come Draghi abbia sconfitto la speculazione (evidentemente, per questi ribaldi, esiste solo quella al ribasso, mentre lo speculatore guadagna proprio “facendo altalena”, seguito dal povero gregge di pecore dei sedicenti piccoli risparmiatori).

A bocca storta, e senza le solite sparate enfatiche sul “libero mercato”, Porro dice che i tedeschi nemmeno intendono intavolare dialoghi sulla proposta di Marchionne perché hanno un vasto mercato in Cina (infatti, lo ricordo io, hanno accresciuto, e non di poco, i loro utili pur in un periodo di crisi e avendo ribassato i prezzi; un liberista dovrebbe essere felice di un simile risultato, se non lo fosse invece soltanto per il suo utile che, anch’esso, cresce in periodo di crisi quando si può raccontare con maggiore impudenza un cumulo di idiozie e/o bugie o mezze verità). E così Porro cade in un’altra mezza verità: “l’americana Chrysler [quella che la Fiat avrebbe salvato dal fallimento! ndr] sta tenendo in piedi il gruppo torinese e, anche se non si può definire la Cina della Fiat [ma va là, poteva esserci qualche sospetto che lo fosse? ndr], certamente è la sua lussuosa bombola d’ossigeno [idem]. E Marchionne, come la sua dileggiata Italia, si scontra contro le rigidità tedesche”.

Intanto, notiamo subito come siano da ringraziare queste rigidità tedesche, che invece i nostri sciocchi, appiattiti sulle posizioni degli Stati Uniti, condannano e vogliono far passare per il motivo principale della crisi; iniziata quattro anni fa, imbroglioni che non siete altro, e da allora non avete mai criticato i tedeschi fino a pochi mesi or sono! Vorrei ricordare quanto scrivemmo subito, non appena ci fu il presunto acquisto della Chrysler da parte della Fiat. L’azienda torinese – quella che ha fatto ridere qualsiasi persona di buon senso (quindi non certo un liberista, il più troglodita fra tutti gli ideologi che infestano questo mondo di “folli”) per il (ri)lancio della “grande innovazione di prodotto”, la nuova 500 – non si è minimamente distinta per innovazioni tecnologiche e ammodernamenti dell’organizzazione produttiva, affidandosi esclusivamente a manager finanziari e al massimo di marketing, buoni nel vecchio periodo del mondo bipolare in cui il campo capitalistico era centrato e regolato dagli Usa, ma oggi semplici arnesi arrugginiti. La Volkswagen non ha invaso la Cina con semplici pratiche di mercato e finanziarie. Si è giovata della politica di uno Stato forse un po’ meno asservito del nostro; e di effettive innovazioni che hanno aumentato la produttività del lavoro. Altro che prezzi “stracciati”, con i quali, guarda un po’, ha guadagnato utili.

La Fiat non aveva affatto “soldi” per acquistare una qualsiasi altra impresa. Gli sono stati forniti, evidentemente non in modo scoperto, dagli Usa di Obama. Questi finanziamenti (a fondo perduto) potevano magari essere impiegati per salvare direttamente la Chrysler, ma, agendo in modo più contorto, si sono presi due piccioni…. ecc. La Fiat è divenuta pedina degli Usa in alcuni altri paesi, e soprattutto in Italia, sulla cui rilevanza per la nuova strategia statunitense, nell’area mediterranea e medio-orientale, noi abbiamo idee ancora poco precise; ma le hanno ben più chiare, credo, gli ambienti statunitensi all’opera su scala mondiale. Intendiamoci bene, non va sopravvalutata la mossa compiuta con “l’acquisto” – perché tale è stato, malgrado la “forma di manifestazione” del tutto opposta – della “pedina Fiat”. E’ ovvio che assai più rilevante, nell’ottenimento dei notevoli risultati acquisiti dagli Usa in Italia a partire dalla fine del 2010, è stato il totale cedimento di Berlusconi, che ha tradito Gheddafi, ha lasciato scoperti i russi in qualche ambito, si è reso complice di tutte le malefatte compiute dal nuovo Governo e dal suo Protettore italiano, colui che già dagli anni ’70 aveva iniziato a “confabulare” con gli americani (di ambienti democratici) per portare il Pci e l’“eurocomunismo” nell’area di stretta osservanza atlantica.

Tuttavia, è stata utilizzata pure la pedina Fiat. Quest’ultima ha impiegato il “metodo Monti”, precedendolo però: ha cioè attuato incessantemente il “terrorismo” con notizie ondivaghe e con effettive smobilitazioni produttive. In ogni caso, non ha compiuto alcuna mossa da vera impresa industriale, solo giochi di ricercata (per null’affatto inconsapevole) miopia, con il solito appoggio dei media dei nostri “cotonieri”, all’interno dei quali l’azienda (ex) torinese ha del resto portato un qualche scompiglio onde spostare viepiù gli equilibri in favore di una sempre più accentuata “semicolonizzazione” italiana (uso il termine in senso non proprio, ma spero se ne capisca il significato comunque autentico di ignobile servaggio).

Questo paese è ormai una cloaca a cielo aperto; con un popolo disorientato, demotivato, incapace di comprendere qualcosa in fatto di politica. Quest’ultima è condotta da inetti, meschini, privi ormai di qualsiasi identità minimamente nazionale. Sono furfantelli da quattro soldi, ma sono quelli adeguati ad una classe che si pretende dirigente e non sa fare nulla di positivo; e ad un presidente del tipo Obama, che rappresenta un paese sceso molto in basso quanto a visione politica globale, cui sopperisce solo, in questa fase storica, con l’ancora superiore potenza militare e, tramite questa, con la capacità di ricatto e la minaccia di procedere ad aggressioni massacratrici (vedi Libia e tentativi in Siria) e ad omicidi mirati (vedi Bin Laden). Siamo veramente in un tornante storico che ha dell’incredibile, assomiglia ormai ad un lungo incubo. L’importante sarebbe che fosse realmente un tornante. Per il momento sembra quasi un’autostrada che affonda nella sabbia di un imperscrutabile deserto.