CAMERE CON VISTA SUL DESERTO POLITICO
Il Parlamento ha nominato i suoi Presidenti, a Montecitorio Laura Boldrini, madrina dei diritti umani e dei “dritti disumani” dell’ONU, quelli che estraggono i dittatori dal cilindro facendosi guidare la mano dalla Nato e da Washington, e a Palazzo Madama l’ex magistrato Pietro Grasso, padrino del diritto, talmente “dritto” da smottare prima a destra (ricordate come incensò il Governo Berlusconi per gli arresti di latitanti eccellenti?) e poi a sinistra, con la quale è stato eletto alle ultime elezioni. Un grande procuratore, ma ormai solo di se stesso.
Individualità di profilo civico ma con una dubbia esperienza politica. Più che un salto di qualità delle Camere, un ennesimo capitombolo dei partiti costretti ancora a cercare al di fuori dei propri ranghi personalità terze, la cui immagine pubblica non risulti compromessa da vent’anni di cattiva gestione negli affari di Stato.
Ma veniamo ai fatti più interessanti. La Boldrini si è distinta in molte missioni cosiddette di pace e di aiuti alle popolazioni svantaggiate, prendendo volentieri posizione contro i satrapi e le oligarchie tiranniche sparse per il mondo. Peccato che quasi tutte le sue convinzioni fossero sbagliate, ideologiche e faziose. Come nel 1999, quando l’Alleanza atlantica decise di sbarazzarsi dell’ingombrante Milosevic, accusandolo di genocidio in Kosovo. La Boldrini sposò anche questa causa di giustizia che si rivelò una colossale ingiustizia. Infatti, dopo pochi mesi dal bombardamento di Belgrado e dalla caduta del regime serbo, complice attivo il nostro esecutivo “beffardo e baffino” che offrì le sue basi ed i suoi raid per colpire un fratello europeo, l’Ocse emanò un rapporto nel quale si contestavano le cifre della pulizia etnica. A dir la verità, quest’ultima non si era mai verificata, ma il dado era tratto come il dadaismo umanitario della Boldrini.
Insomma, eravamo in presenza di un’altra guerra d’aggressione sotto mentite spoglie pacifistiche, con l’intento di liberarsi dei vertici non graditi di uno Stato recalcitrante a sottomettersi al nuovo ordine mondiale.
La Boldrini fece atto di contrizione e imparò la lezione? Macché, proseguì imperterrita per la sua strada lastricata di buone intenzioni e di cattive azioni, nonostante media e stampa facciano al momento girare e rigirare commoventi foto con suoi abbracci a bambini piangenti e denutriti. Per Lei, dalla Libia di Gheddafi alla Siria di Assad sono tutti dittatori, come da dettatura Atlantica. Poco importa che le cose non stiano in tali termini, perché non è la realtà che conta ma come quella realtà la si racconta, ad uso, consumo e abuso dei più forti e prepotenti, i quali hanno la democrazia in bocca, la nostra libertà in mano, la verità in tasca e l’onestà sotto il sedere.
Pietro Grasso, invece, alcuni meriti professionale li ha. Glieli riconobbe pure Giovanni Falcone che lo volle, nel 1991, al suo fianco al Ministero di Giustizia, quale esperto di criminalità organizzata. La sua fama toccherà l’apice, da procuratore nazionale antimafia, con l’arresto del boss Provenzano, datosi alla macchia sin dal 1963. E’ un peccato che una lunga e onorevole carriera vada sprecata in questa fase politica indegna. Grasso, mettendosi in lizza alle legislative ha dilapidato la sua autonomia togata, ed ora, prestandosi anche al maquillage dei partiti che provano a rifarsi una verginità a sue spese, dà adito ai sospetti di chi da tempo va denunciando il settarismo dei giudici.
Infine, dopo l’investitura di Grasso si è registrata la prima frattura all’interno del M5S al senato, infatti alcuni esponenti pentastellati hanno trasgredito statuto e ordini di scuderia votando per il togato siciliano, per non farla spuntare a Renato Schifani. I ragazzi mancano di disciplina di partito che è il primo ingrediente per non finire fagocitati dagli avversari, i quali hanno argomentazioni e mezzi per farli implodere. Sono impreparati e lo abbiamo riscontrato. La troppa coscienza civile mal tagliata con l’incoscienza politica manderà in overdose i grullini, il cui stato confusionale è ormai evidente. Le iniezioni di fiducia popolare che hanno prodotto in loro visioni di cambiamento cominciano a dimostrarsi mere allucinazioni extraparlamentari, pronte ad infrangersi sulla realpolitik. Adesso che sono parte integrante del meccanismo parlamentare rischiano di cedere alla sua omologazione ipnotica. Prevedo una impietosa slavina.