QUESTO E’ PRODI
Poche ciance e niente cedimenti. Questo è Prodi, il burocrate dei poteri forti, quelli peggiori ed antinazionali, liquidatori del patrimonio pubblico, che qualcuno vorrebbe mettere sul Colle, in cima agli incubi degli italiani. Persino lo scherzetto tirato a D’Alema dal Corriere (affaire Serravalle), in mano a Bazoli ed ai suoi amici salottieri e finanzieri, aveva l’obiettivo di eliminare un concorrente scomodo per favorire il Professore in bicicletta. Prodi non era l’uomo del KGB, forse un infido interlocutore in qualche circostanza, a meno che non si voglia dar credito all’agente doppio e triplo Litvinenko. Anche quando ha dialogato con l’intelligence dell’est aveva sempre bene in mente chi fossero i suoi mandanti occidentali. Siamo nel campo delle illazioni mentre le uniche certezze, per quanto riguarda Prodi, si chiamano Goldman Sachs (di cui è stato advisor) e Iri in smatellamento (durante la sua reggenza). Inoltre, gli affari si fanno dove si può, e trovandone l’occasione pure in Cina, a patto che si tratti di settori commerciali che non infastidiscono gli statunitensi, gli unici a dettare legge dalle nostre parti. Questo è Prodi, e non è né peggio né meglio di Amato, poichè parliamo di individui che recitano la stessa solfa, a precise ritmiche occidentali. Qualcuno, anche nei cosiddetti ambienti rivoluzionari, è smottato sul punto sostenendo che, tutto sommato, Prodi non sia poi così malvagio per aver avviato un dialogo in Asia, dimenticandosi di tutto il resto e del valore reale di questi striminziti contatti. A costoro o mancano le rotelle o mancano le categorie concettuali per interpretare i nostri tempi. Delle due entrambe? Questo è Prodi e noi non lo vogliamo, travestito o meno da cinese che si presenti.