QUANTO TEMPO ANCORA QUESTI IMBROGLIONI?, di GLG
QUANTO TEMPO ANCORA QUESTI IMBROGLIONI? di GLG 29 giugno ‘13
http://www.ilgiornale.it/news/interni/disoccupazione-letta-dallue-15-miliardi-litalia-931284.html
Adesso questo premier non è soltanto Pinocchietto, ma anche un saltimbanco da sagra. Non sono in grado di calcolare l’entità della somma in relazione ai bisogni; nemmeno conosco con quali modalità e criteri verranno concessi (e con quali formalità burocratiche da espletare). Capisco solo, in generale, che un imprenditore assumerà nuovi lavoratori (o stabilizzerà i precari) se ci sono prospettive reali di ripresa e di nuovo slancio produttivo. Gli incentivi finiscono ad un certo punto e i lavoratori rimangono; e chi si prenderà fin d’ora l’impegno di pagarli (a tempo indeterminato) se non s’intravvede ripresa? E questa non ci sarà se si continua a pestare sull’economia italiana, e soprattutto se si mettono in crescente difficoltà i nostri settori strategici, cioè quelli che fanno sempre da avanguardia in senso economico come politico (delle “sfere di influenza”). La bassa crescita continuerà ancora, lo è dappertutto (perfino in Cina gli alti tassi di aumento del Pil sono un po’ ridimensionati; e non parliamo degli Usa della presunta ripresa, e degli altri paesi avanzati); in paesi come l’Italia e altri vi è addirittura decrescita. E si pensa che bastino gli incentivi per il lavoro in assenza di un autentico rilancio produttivo?
Siamo nella stessa zona di menzogne ed imbrogli – avallati dal complice Berlusconi e dalla sua “corte” – in merito alla favola circa lo slancio impresso all’economia dal rinvio dell’Imu sulla prima casa e dell’aumento dell’Iva. Se simili decisioni non si dichiarano decadute, punto e basta, nessuno azzarderà spese e accrescimento dei consumi, poiché terrà conto di ciò che potrà accadere quando si arriverà alla scadenza della proroga. Di conseguenza, ben difficilmente i “mercati” (il miraggio di questi sciocchi) si allargheranno nel prossimo futuro.
E’ intanto necessario fornire la “droga” della liquidità, lasciando fra le altre cose perdere la diminuzione della spesa pubblica, semmai “razionalizzandola” se se ne è politicamente capaci. Basta, dunque, con questa commedia del rigido rapporto deficit/Pil. L’effetto della “droga”, però, dura poco tempo (due-tre anni? O un po’ di più?). Serve intanto da stimolo, ma poi ci si deve attrezzare con un vistoso aumento di competitività. Che non dipende direttamente dall’occupazione (un effetto, non una causa) ma dall’avanzamento tecnologico, dall’impulso dato all’industria più recente, a quella strategica (compresa l’energetica, e senza smanie ecosistemiche basate su calcoli di pochi anni dove magari occorrerebbe un’esperienza secolare). E infine, e sopra tutto, diventa necessaria una politica estera di maggiore indipendenza, di variabilità ed elasticità massime nelle alleanze internazionali allo scopo di ampliare il sedicente mercato per i nostri prodotti. In realtà, il mitico mercato dei retrogradi liberisti (ideologi dei “cotonieri” al servizio degli Usa) dipende appunto strettamente da accordi di politica estera, da favori e controfavori con questo o con quello a seconda dei diversi andamenti dei rapporti di forza, che saranno d’ora in poi assai variabili; e specialmente cangianti ora in quest’area mondiale, ora in quell’altra. E’ necessario essere pronti di riflessi come i surfisti, sapendo sfruttare il mutevole presentarsi delle onde.
Con simili falsari al governo, con gente dell’Aspen Institute, con cervelli fossilizzati sul “yes Obama”, non si combina nulla. E’ indispensabile rispedirli a casa e metterli definitivamente in condizioni di non nuocere più. E basta raccontare balle: questa crisi durerà, è crisi d’epoca multipolare; ma in essa ci si sistema o meglio o peggio a seconda che si sia in mano a servi inetti e striscianti oppure a governanti capaci e con la schiena dritta. A chi non l’ha dritta, gliela si spezzi definitivamente. Togliamoci dai piedi questo impaccio e cerchiamo di andare infine avanti senza piegarci ad ordini tossici per i quattro quinti della nostra popolazione. Pochi si avvantaggiano di questo servaggio; e noi li lasciamo fare e disfare a loro piacimento ed eseguendo ordini dall’estero, da oltreatlantico.