F-35: un nodo da sciogliere (di Giovanni Caprara)

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Nei tagli del cuneo fiscale, il Governo Renzi ipotizza la riduzione del numero degli F-35 di cui l’Italia aveva precedentemente deciso l’acquisto. Questo in un quadro più ampio che interesserà la diminuzione degli investimenti per il comparto della Difesa. Il periodo di realizzazione dei tagli è compreso in un arco temporale di tre anni, e per quanto concerne il velivolo, si attende l’ennesima riunione della Commissione Difesa. Nell’incontro bilaterale fra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e lo statunitense Barack Obama, è stata ribadita l’alleanza fra i due paesi, e per la diatriba legata all’F-35 sembrava che fosse stata raggiunta una unità di intenti, dove sostanzialmente era stato confermato l’acquisto del velivolo. Lo stesso Presidente del Consiglio ha soppesato la condizione legata alle spese militari, ponendo il confronto diretto con gli Stati Uniti, i quali investono più del 4,1% del Pil contro il solo 1,2% dell’Europa. Un atteggiamento che sembra distante e difforme da quando Renzi, non ancora Presidente, auspicava un dimezzamento della commessa degli F-35, probabilmente per accogliere consensi finalizzati ad ottenere la carica di Segretario del suo partito. In occasione di una intervista dichiarò espressamente che «ogni Paese ha diritto di scelta sulla difesa da avere», atteggiamento diverso da quello sostenuto con il Presidente statunitense. Variazioni di strategie e dichiarazioni che contribuiscono  a non semplificare la comprensione sulle decisioni dell’Amministrazione di Renzi. L’Italia è Membro dell’Unione Europea, la quale proclama il principio dell’autodifesa: Nel vertice nel dicembre 2013, i Paesi Membri, hanno deliberato la centralità della Difesa e della Sicurezza nelle politiche comuni. I primi provvedimenti per il 2014 saranno i controlli dello spazio virtuale e marittimi, con una strategia che agevoli una elaborazione precisa dei piani di azione. La condivisione delle capacità militari, detta pooling and sharing, è il secondo punto nodale che dovrà essere sciolto entro la fine del 2014. La cooperazione fra gli Stati sarà possibile solo erodendo le sovranità nazionali, superando dunque quel concetto di perdita della centralità nazionale, aspetto che ha ritardato il processo di integrazione in materia di Difesa, a favore di uno Stato Europeo proiettato verso la statualità di superpotenza. Di fatto, il viatico di aggregazione comunitaria dovrebbe sovrastare l’impostazione intergovernativa propria delle sovranità nazionali. Al contrario, si creerebbe uno stallo nelle ambizioni geopolitiche dell’Europa e con essa dell’Italia. Questo è uno dei punti nodali dove il governo italiano potrebbe concentrare l’attenzione per ottenere una risoluzione a quello che oramai è diventato anche un problema mediatico, oltre che economico. A tal proposito, è da precisare che l’industria della difesa italiana, in materia di vendite ed a livello occupazionale, è uno dei comparti produttivi più attivi dell’intero sistema del Paese, infatti annovera quasi 64 mila addetti. L’Italia è al settimo posto nel mondo tra i produttori di sistemi d’arma, sia di seconda fascia che complessi. In questo quadro di insieme si colloca anche l’F-35: Al secondo livello di compartecipazione per lo sviluppo del caccia, si trovano le industrie italiane, un comparto produttivo di 18 gruppi con capitali sociali rilevanti e migliaia di lavoratori impiegati, con investimenti pari ad oltre 2 miliardi di dollari. Ciò vuol significare principalmente la progettazione del cassone alare, di alcuni componenti del motore F136, l’involucro della turbina, l’optronica EOST, il cannone GAU-22/A, il carrello, le ali ed altro ancora. Inoltre, gli accordi con il costruttore statunitense, concernono anche l’assemblaggio di quelli acquistati dall’Italia e questo avverrebbe all’aeroporto di Cameri. Una delle posizioni assunte dal Presidente Renzi, era quella della non convenienza industriale nell’acquisto dell’aeromobile, ma i dati inerenti al settore, sono in netta controtendenza. Infatti, la compartecipazione italiana sia economicamente che tecnicamente è rilevante, e per quanto concerne l’investimento iniziale è da sottolineare che si tratta di una collaborazione trentennale, ossia il ciclo operativo di un aeromobile, dunque le spese si diluirebbero nel tempo risultando più gestibili. Parte di queste rientrerebbero come posti di lavoro, stimati in circa diecimila, anche sotto forma di commesse. In particolare, nel periodo compreso tra il 2007 ed il 2035, le maestranze italiane impiegate nel progetto dell’F-35, saranno oltre 6.300, ai quali vanno sommati gli addetti alle imprese fornitrici e quelli generati dall’indotto. In chiusura dell’incontro con Barack Obama, Renzi ha sostenuto che l’Italia manterrà fede agli impegni presi in materia di Difesa, ma la confusione sembra appartenere anche all’Esecutivo, con il Ministro Mogherini che smentisce tale affermazione.  L’Italia ha assunto il criterio di approccio globale civile-militare a supporto delle crisi internazionali per contribuire fattivamente al mantenimento della pace e della sicurezza, difatti tutte le missioni sono state finanziate nuovamente, pertanto se i soldati italiani dovessero affrontare uno scontro di media intensità, sarebbe necessario fornire loro una copertura aerea, la quale senza la Cavour ed i suoi F-35, dovrebbe essere demandata alle aeronautiche alleate. Renzi stesso, ha affermato l’importanza strategica per il prosieguo degli impegni nelle missioni per il ristabilimento della pace ed al recupero dei diritti umani in quelle aree oggetto di crisi, di fatto, un’ennesima contraddizione o meglio un paradosso militare. L’Italia è membro della NATO, e con essa ha degli impegni inderogabili, pena una diminuzione della credibilità del comparto della Difesa e politico. L’ammissione di questo stato di fatto, è stato dichiarato dal Presidente del Consiglio durante la conferenza stampa che ha concluso l’incontro bilaterale con Barack Obama e questo tenderebbe a significare l’assolvere all’acquisizione del velivolo, possibilità che si evince dal rientro al porto di Taranto della Cavour, dove dovrebbe essere interessata ai lavori di adeguamento, concentrati in particolare sul ponte di volo, per ospitare il caccia. In ogni caso, il governo italiano, aveva già definitivamente ordinato i primi 6 dei 90 velivoli da attacco Lightning II. La Lockheed Martin provvederà alla costruzione dei caccia avvalendosi della sua linea di produzione in Italia, la Final Assembly and Check-Out, in corso di completamento sulla base di Cameri, i cui lavori termineranno presumibilmente nel 2014. Questi primi 6 aeromobili appartengono al 6° e 7° Lotto annuali di produzione “a basso rateo”, 71 velivoli in tutto per USA, Italia, Australia, Norvegia e Gran Bretagna, per un ammontare complessivo di 7 miliardi di dollari, propulsori esclusi e subiranno  le modifiche imposte dallo svolgimento dei programmi di collaudo del nuovo aereo da combattimento statunitense, che non si concluderanno prima di quattro anni. L’eventuale decisione di una diminuzione del numero degli F-35, porrebbe l’Italia in una condizione di inferiorità rispetto ai Paesi europei che si doteranno del caccia bombardiere, una condizione tale da ingenerare una flessione del peso del comparto militare con un conseguente arretramento geopolitico. Il costo unitario è di 117 milioni di dollari con una prevista decrescita fino a 85 milioni ipotizzati per il 2019. Perciò l’unico dato da risolvere è il numero effettivo dei velivoli da ordinare. È possibile supporre un compromesso che risolva la sostituzione degli Harrier per la Marina con il quantitativo sufficiente e l’implementazione degli Eurofighter per l’Aeronautica Militare. Il governo, ha in parte basato la sua concezione sull’utilità del velivolo dopo il documento del Gruppo PD presentato alla Commissione Difesa della Camera. Questi è intitolato “Considerazioni conclusive sull’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma”. L’analisi di questa relazione dimostra alcune mancanze generali sia a livello conoscitivo che tecnico: inesattezze terminologiche ne denunciano la scarsa introduzione in materia militare;  poca conoscenza dei sistemi d’arma, infatti è stato avvicinato il caccia Rafale francese all’Eurofighter, aeromobili completamente diversi; si descrivono le malfunzioni dell’F-35 senza precisare che prima dell’entrata in linea di una macchina così complessa queste sono inevitabili, quasi fisiologiche e le prove in volo hanno l’obiettivo di identificarle e migliorarle; si suggerisce una soluzione alternativa al Lightning, ma chi ha fatto tale proposta, non è a conoscenza che l’F35 è l’unico aeromobile sul mercato con le caratteristiche necessarie per essere imbarcato su nave Cavour. Il governo è tornato sull’ipotesi della riduzione per agevolare lo sgravio del cuneo fiscale, dunque una nuova inversione di tendenza successivo alle dichiarazioni a seguito della visita del Presidente Barack Obama. Sembra che il risparmio dovrebbe aggirarsi ad un importo pari a 135 milioni e se questo dato verrà confermato, ciò equivarrebbe a rinunciare ad un solo velivolo. L’oggetto del contendere è la funzionalità pratica dell’aeromobile. L’F-35 ha una serie di incognite sulle quali non è stato fornito un chiarimento; innanzi tutto sembra essere afflitto da una lunga serie di malfunzioni che ne limitano la capacità operativa e questo aggiungerà esborsi per l’upgrading dei software, composto da nove milioni di righe di codice, ma in un quadro di alleanze strategiche e dinamiche economiche a livello globale, l’F-35, benchè pieno di difetti, sembra essere l’unica soluzione per recuperare il terreno perso dall’Aviazione di Marina negli impegni presenti e futuri della nostra compagine militare a garanzia e sostegno della democrazia, della libertà nel mondo, della credibilità e valenza dell’intero sistema Italia.

 

Giovanni Caprara  (Centro Studi Strategici Carlo De Cristoforis)

 

Fonti:

Notizie Geopolitiche

Huffington Post

La Stampa