RINVIATA IN VIA DEFINITIVA L’ACQUISIZIONE DEGLI F-35 di G. Caprara
Il ministro Pinotti, ha ridisegnato il complicato e contraddittorio viatico sull’acquisto degli F-35 rimandando la decisione finale dopo la stesura del Libro Bianco della Difesa, nel quale sarà specificato quali saranno i sistemi d’arma utili alla difesa e sicurezza dell’Italia. Dunque sono stati confermati solo i lotti 6 e 7, precedentemente ordinati, per un totale di 6 velivoli. L’argomento di maggiore interesse è nell’affermazione della Pinotti, dove ammette che tale decisione «implica tuttavia oneri non trascurabili e, soprattutto, prospetta il rischio di causare effetti particolarmente negativi in termini di sostenibilità industriale». Il programma JSF nacque con il preciso presupposto di una partnership fra il costruttore principale, la statunitense Lockheed Martin, ed altri paesi tecnologicamente avanzati, specificando in 3 livelli le possibili cooperazioni. Al secondo livello si collocano le industrie italiane con investimenti pari ad oltre 2 miliardi di dollari. La negatività sulla sostenibilità industriale accennata dalla Pinotti, è rivolta alle 18 aziende italiane coinvolte nello sviluppo: dall’Alenia aeronautica, alla Piaggio, passando per la Selex-Marconi, la Gemelli e finendo alla OtoMelara. Un comparto produttivo con capitali sociali rilevanti e migliaia di lavoratori impiegati, la sola Alenia ne conta oltre 11.000. Principalmente la compartecipazione italiana concerne la progettazione del cassone alare, componenti del motore F136, l’involucro della turbina, l’optronica EOST, il cannone GAU-22/A, il carrello, le ali ed altro ancora. La scelta sulla collaborazione, originò dall’esigenza di sostituire i vetusti AV-8 Harrier imbarcati sulle Cavour e Garibaldi. Benchè la compartecipazione italiana sia economicamente e tecnicamente rilevante, il progetto rimane saldamente agli statunitensi, pertanto per gli aggiornamenti o la semplice manutenzione, si renderebbe necessario ricorrere al costruttore principale con un ulteriore aggravio dei costi. La motivazione di questo presumibile esborso deriva del contratto di partnership, dove l’Italia si colloca unicamente come fornitrice. È da sottolineare che si tratta di una collaborazione trentennale, ossia il ciclo operativo di un aeromobile, dunque le spese si diluirebbero nel tempo risultando più gestibili. Parte di queste rientrerebbero come posti di lavoro, stimati in circa diecimila, sotto forma di commesse. Gli accordi di partnership concernono anche l’assemblaggio degli aeromobili acquistati dall’Italia e questo avverrebbe all’aeroporto di Cameri. Il ministro, nella sua dichiarazione, torna proprio su questo sito dove: «si stanno attraversando, in questi mesi, fasi assolutamente cruciali per il buon esito dell’intero progetto, giacché l’avvio della fase produttiva significa anche l’avvio di quella curva di apprendimento che, nel tempo ed in proporzione coi carichi di lavoro, permette al sistema produttivo di imparare a fare, nei tempi e nei costi richiesti dalla competizione internazionale. Qualora le attività produttive relative ai lotti successivi rispetto al numero 6 e 7 non dovessero essere avviate, si determinerebbe una interruzione della citata ‘curva di apprendimento’ e, quindi, un peggioramento sostanziale della competitività dell’intero sito produttivo». Questo determinerebbe: «come diretta e immediata conseguenza, che le commesse internazionali provenienti dagli altri Paesi che hanno deciso di acquisire l’F35 sarebbero inesorabilmente dirottate verso lo stabilimento statunitense. L’Italia, ha sostenuto la Pinotti, è l’unico altro Paese al mondo ad avere un sito produttivo al di fuori degli Usa; altri Paesi, in Asia ed in Europa, stanno però investendo risorse per acquisire una certa capacità produttiva. Noi siamo partiti per primi ed, al momento, abbiamo un vantaggio temporale non indifferente, che deve però tradursi in un vantaggio competitivo». Questa affermazione è una decisa ammissione, nella quale sostanzialmente si può leggere che: «se ci fermiamo ora, gli altri potranno sorpassarci ed, a quel punto, sarà molto difficile domani riconquistare il terreno perduto». Per evitare tutto ciò, il ministro ha concluso con l’impegno di chiedere la collaborazione delle autorità USA, in modo da incrementare nel breve termine il carico di lavoro per lo stabilimento di Cameri, così da compensare la riduzione delle attività produttive connesse con le esigenze italiane.
Giovanni Caprara
Fonte
Il Sole 24 Ore