INTERVISTA AD UN BLOGGER ITALIANO CHE SI TROVA NELLE ZONE DI CONFLITTO IN UCRAINA
Il Presidente Petro Poroshenko si è rimangiato la parola data e con essa il piano di pace sventolato alla Comunità Internazionale. Da ieri sera ha ricominciato a colpire i civili dell’Est Ucraina. Le pressioni degli estremisti della Guardia Nazionale e dei pravysektor (gruppo d’ispirazione nazista), unite agli ”incoraggiamenti” che non si possono rifiutare dell’Amministrazione Usa, hanno convinto Poroshenko a riprendere le ostilità. Il Presidente, dopo aver ammesso che questa è una guerra fratricida, si è rimesso in riga per paura di ritorsioni nei suoi confronti. Nulla però lo giustifica, poiché il suo comportamento porterà il Paese sull’orlo del baratro. Ne abbiamo parlato con un blogger italiano, Christian Malaparte, che si trova a Kramatorsk, uno dei principali teatri delle sanguinose battaglie di questi mesi.
Christian, com’è la situazione, sono ricominciati i bombardamenti?
Sì, ieri sera è iniziato un attacco alle 22.25, con colpi di mortaio piovuti in centro. Io ero nella mia stanza al 7 piano e i muri dellhanno tremato. Non immaginavo che avrebbero colpito cosi vicino. Il fotografo, Patrick Lancaster, mi ha chiamato al cellulare dicendomi che si erano rifugiati tutti nello scantinato. Sono uscito dalla stanza e c’erano tre donne in preda al panico che non sapevano cosa fare. Siamo scesi usando le scale, l’ascensore non sarebbe stato sicuro.
Nei giorni scorsi il cessate il fuoco aveva retto?
No, anche se nei giorni precedenti i bombardamenti interessavano soltanto la zona dell’aeroporto.
Ieri con che frequenza i militari di Kiev hanno attaccato?
Ci sono state due ondate di colpi di mortaio, che hanno bersagliato un’area molto ristretta del centro della città, quindi non hanno neppure aggiustato il tiro, era chiaro dove volevano colpire. Dopo la seconda ondata abbiamo sentito 3 colpi più lontani. Poi silenzio, ma un silenzio che fa sempre più paura. Io e il fotografo americano che è con me ci siamo occupati anche di sistemare i materassi per far dormire le donne più anziane.
Qual è il bilancio dei bombardamenti, ci sono feriti o morti?
Alle 6.45 siamo usciti per verificare i danni: spaventoso, numerosi gli edifici colpiti, la scuola resa impraticabile, con il muro di mattoni al primo piano sfondato, e ci sono stati tre feriti (di cui non so le condizioni) nei pressi della stessa, tronchi letteralmente rotti in più parti, terrazze fatte a pezzi, vetri ovunque sulla strada, buche enormi a pochi passi dalle abitazioni. Due fotografi ucraini paralizzati dalla scena sotto i loro occhi, non sapevano se fare il loro lavoro o mettersi a piangere. Uno dei due, il più anziano, è riuscito giusto a dirmi: “ Questa non è un’operazione antiterrorismo…”, prima di voltarsi e allontanarsi. Donne che piangevano, che ci avvicinavano chiedendoci il perché di tanta violenza. Miliziani con le facce tesissime, preoccupate. Il loro quartier generale non è stato colpito, pur trovandosi vicinissimo. Ad un certo punto, abbiamo sentito il fischio che precede l’arrivo del colpo di mortaio. La gente ha iniziato nuovamente a gridare e correre in tutte le direzioni. Guardando verso l’alto, ho visto che c’erano degli ammassi nebulosi bianchi in cielo e ho pensato subito al fosforo bianco. Siamo rientrati immediatamente nella cantina.
E poi?
Non è successo altro. Più tardi è arrivata la notizia che un aereo ha colpito un minibus (marshrutka), in città, uccidendo 5 persone. La sirena ha suonato ancora una volta circa un’ora fa, ma non è seguito niente. Non sappiamo se la citta è circondata, come per Slavyansk. L’altro ieri abbiamo visto una lunga colonna di carri armati e ACV ucraini passare nelle campagne circostanti. Ieri c’è stata la battaglia di Mykalievka, di cui ancora non ho notizie. Per il momento non riesco a mettermi in contatto con nessuno a Slavyansk. E’ appena passata un’ambulanza che ha svoltato nelle vie del centro…
Cosa ti ha spinto ad andare a vedere di persona le atrocità di questa guerra?
Io conosco questo paese da anni, ci ho abitato e lavorato. L’ho visto crescere e poi schiantarsi (da dicembre in qua). Qui ho ancora la mia rete di affetti e mi sentivo a casa, almeno prima di Euromaidan.