L’uscita dall’euro non è un problema prioritario. Prioritaria è la sovranità nazionale ed europea. Di Luigi Longo
L’uscita dall’euro non è un problema prioritario. Prioritaria è la sovranità nazionale ed europea.
Mi fa male che l’Italia, cioè noi, cioè io, abbiamo due milioni di miliardi di debito. Questo lo sappiamo tutti. Ce lo sentiamo ripetere continuamente. Sta cambiando la nostra vita per questo debito che abbiamo.
Ma con chi ce l’abbiamo? A chi li dobbiamo questi soldi? Questo non si sa. Questo non ce lo dicono. No, perché se li dobbiamo a qualcuno che non conta… va be’, gli abbiamo tirato un pacco ed è finita lì. Ma se li dobbiamo a qualcuno che conta…due milioni di miliardi! Prepariamoci a pagare in natura.
Giorgio Gaber*
Generalmente, il caos è il disordine esistente tra l’ultimo ordine di cui si è a conoscenza e l’ordine futuro ancora da realizzarsi. E’ una fase pericolosa e incerta, nella quale ogni elemento di solidità sembra sgretolarsi…Sebbene il caos sia in genere una fase difficile e faticosa, è anche dinamica, una fase di grande creatività e sviluppo.
Sun Tzu*
1. A conclusione di una mia precedente riflessione sulla uscita dall’euro affermavo in maniera dubitativa che l’uscita dell’Europa dall’euro fosse la priorità. In questa mia seconda riflessione sostengo che l’uscita dell’Europa dall’euro non solo non è prioritaria ma porlo come problema è fuorviante per le seguenti ragioni.
Primo. L’uscita dall’euro non è prioritaria per la maggioranza della popolazione perché essa sa fin dal 2002, anno di introduzione formale dell’euro come moneta unica europea, del massacro sociale dell’euro, perché lo ha vissuto sulla propria pelle e continua a viverlo in maniera esponenziale. Perché, quindi, porlo come problema in questa fase? Perché si arriva a considerare con ben 12 anni di ritardo il macello sociale realizzato tramite lo strumento della moneta unica (qui non c’entra niente la hegeliana nottola di Minerva che << inizia il suo volo sul far del crepuscolo >>) ? Cosa sono le politiche europee e nazionali sul patto di bilancio europeo (Fiscal Compact), sul pareggio di bilancio ( messo illegalmente in Costituzione, il segno intangibile del degrado sociale nazionale ed europeo), sulla riduzione del debito pubblico, se non ricadute devastanti sullo sviluppo del Paese, con l’assalto alle ricchezze nazionali (immobili e mobili), la distruzione industriale ( pensiamo solo al forte ridimensionamento di un settore strategico come il siderurgico), il declino dei settori che caratterizzano il cosiddetto made in Italy, il peggioramento di uno stato sociale ormai ridosso all’osso, l’aumento incredibile della disoccupazione ufficiale, eccetera?
Se il denaro in quanto simbolo di relazione reale di sviluppo di un Paese è uno strumento di azione di lotta tra gli agenti strategici sub-dominanti per il potere, si pongono le domande gaberiane: a chi lo dobbiamo restituire? E perché i nostri agenti sub-dominanti hanno accumulato tanto debito pubblico? E per fare che cosa, visto il declino sociale del Paese? Stiamo parlando di un debito reale in relazione ad una economia reale. Se il debito è frutto di una produzione di denaro a mezzo di denaro ( i moderni prodotti finanziari derivati), che è sempre da considerare come strumento di azione di conflitto ( qual’é il ruolo degli artisti degli algoritmi e dei modelli matematici che spostano flussi di investimenti da un affare all’altro), allora la risposta gaberiana è pertinente: tiriamo, a qualcuno che magari non conta molto o conta poco, un pacco e finisce lì! Non sto facendo una riflessione di logica parassitaria e di spreco, ma di subordinazione ad agenti strategici sub-dominanti (europei) e predominanti (USA) e di distruzione di risorse per lo sviluppo del nostro Paese.
Secondo. L’uscita dall’euro presuppone un lavoro di medio-lungo periodo di costruzione di forze politiche e sociali che pongono l’attenzione sulla sovranità nazionale, sulla creazione di una Europa delle nazioni, sul ruolo dell’Europa tra l’Occidente e l’Oriente. Oggi non esistono le forze politiche e sociali capaci di avere una “idea di Italia” e una “idea di Europa”. All’orizzonte non c’è nessun Principe, nessun intellettuale collettivo sessuato, nessuna élite, nessuna avanguardia – insomma nessuno spettro che si aggiri per l’Europa a tormentare i sogni degli agenti strategici sub-dominanti e né può esserci in questa fase storica nazionale ed europea – capace di sognare una società altra ( incominciando a fermare lo smantellamento delle industrie strategiche e smantellare l’insieme delle infrastrutture e comandi USA-NATO, che fanno del nostro Paese e dell’Europa un territorio-base militare, quale futuro centro territoriale dello scontro tra le potenze mondiali…), capace, cioè, di pensare e praticare una uscita dalla società (che per mancanza di conoscenza continuiamo a chiamare capitalistica) e, nello stesso tempo, di condizionare in positivo la fase multipolare in modo da bloccare la fase policentrica della storia mondiale, che, si sa, finisce sempre in grandi tragedie umane per il dominio mondiale.
- Le problematiche che vengono affrontate per l’uscita dall’euro oscillano da i tecnicismi del sistema monetario all’economicismo del rapporto capitale-lavoro; da un keynesismo della domanda ( sorpassato quanto meno a partire dagli anni ’70 del secolo scorso) a un keynesismo di salvataggio ( industrie e banche complementari allo sviluppo e alle strategie dei pre-dominanti USA ); da una concezione neutra, generale ed esterna alle relazioni sociali dello Stato a una visione unitaria dell’Europa; da una assenza di analisi sulla crisi d’epoca mondiale che configura lo scontro tra potenze per l’egemonia mondiale ad una mancanza di analisi su quale ruolo devono svolgere l’Italia e l’Europa in una prospettiva sovranista. Nulla è detto sulla servitù nazionale ed europea ( il declino sociale è nazionale ed europeo) nei confronti della potenza egemone degli Stati Uniti e come essa si esplica sul territorio nazionale ed europeo.
2 L’uscita dall’euro non è un problema prioritario. La priorità è l’autonomia e l’autodeterminazione delle Nazioni e dell’Europa, vale a dire quale ruolo le Nazioni e una Europa delle Nazioni ( che non c’è ed è tutta da costruire) vogliono e possono svolgere nella crisi di grandi trasformazioni e riequilibri mondiali, sia nella fase multipolare sia nella policentrica: se vogliono, cioè, giocare un ruolo da protagoniste per un mondo multipolare, e quindi costruire relazioni con le potenze mondiali che si stanno consolidando e mirano ad un mondo multipolare come la Russia e la Cina. Oggi le Nazioni e l’Europa sono asservite, con diverso grado di servitù, alle strategie della potenza mondiale egemone USA, che ha una visione del mondo unilaterale e di imposizione della propria idea di società. Il terrorismo ( l’ultimo atto in ordine di tempo sono i fatti drammatici accaduti in questi giorni a Parigi) è una delle armi usata dagli USA come testa di ariete nelle strategie del caos per contrastare e ritardare il proprio declino e contemporaneamente ri-lanciare la sfida per una nuova egemonia mondiale. Manlio Dinucci osserva che << I due presunti autori (se le loro biografie sono vere) appartengono a quel mondo sotterraneo creato dai servizi segreti occidentali, compresi quelli francesi, che hanno finanziato, armato e addestrato in Libia nel 2011 gruppi islamici fino a poco prima definiti terroristi, tra cui i primi nuclei del futuro Isis; che li hanno riforniti di armi attraverso una rete organizzata dalla Cia (documentata da un’inchiesta del New York Times nel marzo 2013) quando, dopo aver contribuito a rovesciare Gheddafi, sono passati in Siria per rovesciare Assad e attaccare quindi l’Iraq (nel momento in cui il governo al-Maliki si allontanava dall’Occidente, avvicinandosi a Pechino e a Mosca). L’Isis, nato nel 2013, riceve finanziamenti e vie di transito da Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Turchia, Giordania, stretti alleati degli Usa e delle altre potenze occidentali, tra cui la Francia >> (1).
L’ordine mondiale basato sulla egemonia USA è in fase di inizio declino: la strategia del caos è funzionale agli USA per costruire con ogni mezzo un nuovo ordine mondiale e ri-conquistare e ri-proporre il loro protagonismo assoluto senza condividerlo, in una logica multipolare, con le altre potenze mondiali.
L’inizio del declino non significa che gli Stati Uniti sono sulla strada di dismissione del loro ruolo di potenza mondiale egemone. Ricordo << che sono ancora una nazione con un forte potere politico, economico, scientifico – tecnologico e culturale ( sono i “quattro settori decisivi del potere mondiale”); hanno l’egemonia in tutte le istituzioni mondiali ( le agenzie della governance mondiale: FMI, Banca mondiale, WTO, Nato, eccetera); detengono una indiscutibile supremazia militare mondiale con la quale creano “desolazione e la chiamano pace”; posseggono una agguerrita e spregiudicata classe dirigente dominante ( gli agenti strategici) figlia di quel grande evento che fu la Guerra civile che << […] era stata un fenomeno importantissimo sì, ma non solo americano. La sua portata mondiale nacque dal fatto che essa fu la prima guerra “industriale” dell’età contemporanea, il prodromo mal studiato e incompreso dei due conflitti mondiali in cui naufragò quel“ mondo di nazioni” la cui comparsa aveva segnato l’inizio dell’età moderna.>>; nutrono la convinzione di espandere la pace, la democrazia e la libertà nel mondo ed hanno <<[…] l’arroganza di essere il portatore di una civiltà superiore garantita addirittura da un mandato divino che legittima con la sua elezione inverificabile questa pretesa di superiorità.>> >>.
E’ per queste ragioni che condivido il giudizio critico forte di Giellegi quando dichiara che << oggi, il nemico assoluto dell’intera umanità sono gli Stati Uniti. Bisogna unirsi per resistere alla loro nefasta azione criminale in tutto il mondo >> (2).
Costanzo Preve scriveva che occorre << Un’Europa delle nazioni, e nello stesso tempo delle nazioni eguali, ed in più delle nazioni amiche della Russia e della Cina, e infine disposte anche ad essere amiche degli Stati Uniti, se questi ultimi rinunceranno saggiamente alla pretesa di impero universale basato su di un dominio militare soverchiante e sull’imposizione di un’unica cultura linguistica anglosassone […] Oggi un vero europeismo può svilupparsi soltanto in simbiosi con l’euroasiatismo >> (3).
- L’uscita dall’euro va inquadrata in una strategia per una sovranità nazionale ed europea, altrimenti possiamo uscire dall’euro, possiamo abbattere il debito pubblico, possiamo riequilibrare i conti esteri, possiamo avere un sistema monetario con più equilibrio dinamico, possiamo << ripristinare e mantenere una moneta onesta >> (4), eccetera, ma il problema resta sempre la sovranità nazionale ed europea e, quale ruolo l’Europa deve avere nelle relazioni reali sociali e territoriali mondiali per sviluppare una società mondiale multipolare fondata sull’autodeterminazione dei popoli e sul libero confronto tra i Paesi.
Il problema monetario, allora, è importante ma non fondamentale per l’uscita dell’Italia e dell’Europa dalla servitù volontaria agli Stati Uniti e alle sue strategie di egemonia mondiale nelle fasi multipolare e policentrica. Gli agenti strategici degli USA determineranno l’esistenza o meno dell’euro e lo useranno come strumento di divisione e di subordinazione dell’Europa, ma, soprattutto, come vettore per rompere qualsiasi relazione con l’Eurasia (il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTPI, va in questa direzione).
L’Italia non è una nazione sovrana. Il suo sviluppo in tutte le sfere sociali ( economica, politica, culturale, istituzionale, territoriale, eccetera) è subordinato e complementare a quello dei pre-dominanti USA e a quello dei sub-dominanti europei ( Germania). L’Italia è un Paese fondamentale nella strategia USA, sia per dividere un eventuale disegno di una Europa autodeterminata, sia per utilizzarla come testa di ponte ( le infrastrutture NATO-USA presenti sul territorio sono di grande rilevanza strategica militare) nell’area Mediterranea e del Vicino e Medio Oriente, per il suo dominio mondiale nella avviata fase multipolare. En passant, quale è stato, al riguardo, in questi anni, il ruolo del nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano?
L’Europa delle nazioni non esiste. Storicamente (dalle invasioni “barbariche” ad oggi) l’Europa non è mai riuscita ad essere un’area geografica unitaria capace di esprimere un progetto di << Idea d’Europa >> e, per dirla con Jacques Le Goff, di <<…trovare un equilibrio tra le nazioni che ne fanno parte…e un potere sovranazionale che, in una forma più o meno federativa ( ma diversa da quella attuata negli Stati Uniti, data la differenza delle nostre rispettive tradizioni), consenta realmente all’Europa di esprimersi, di decidere, di avanzare in modo unanime e compatto.>> (5).
*Le citazioni scelte come epigrafi sono tratte da:
Giorgio Gaber, Sandro Luporini, Mi fa male il mondo, Edizioni Curci, Milano 1994;
Sun Tzu, L’arte della guerra, Mondadori, Milano, 2003, pp. 92-93.
NOTE
- Manlio Dinucci, La firma dei killer, noti alla polizia e ai servizi segreti, in il Manifesto del 8 gennaio 2015;
- Giellegi, Basta mascheramenti, www.conflittiestrategie.it, 10 gennaio 2015;
- Costanzo Preve, Filosofia e geopolitica, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2005, pag. 82;
- Gertrude M. Coogan, I creatori di moneta, edizioni di Ar, Padova, 1998;
- Jacques Le Goff, L’Europa raccontata ai ragazzi, Laterza, Roma-Bari, 1996, pp. 128-129.