SULLA CINA E DINTORNI, di GLG
Sarà seccante per voi, ma lo è anche per me; e anche di più, tenendo conto che nessuno mi ascolta e poi, quando si verifica ciò che (pre)dico da anni, ci sono i cialtroncelli con accesso privilegiato ai media che si accaparrano il merito di averlo detto e scritto. A partire dalla previsione della rottura tra Urss e Cina e dell’involuzione definitiva del “socialismo reale” fino a che cos’era la crisi iniziata nel 2008 e alla nascosta complicità di Berlusconi con Napolitano (e gli Usa), ho “indovinato” decine e decine di eventi, di tipologia assai differente, poi verificatisi. E mai rivelati per intero; sempre con opportune mezze verità, quindi sostanziali falsificazioni.
Adesso si scopre che non era tutto oro quel che riluceva in Cina. Da quanto tempo lo sostengo: dieci anni o anche più? Adesso molti lo asseriscono e discettano nel solito modo superficiale che li aveva portati fino a poco tempo fa a ritenere la Cina in procinto d’essere la potenza dominante del XXI secolo; e comunque la più acerrima antagonista degli Usa fin da adesso. Perfetti banaloni che adesso troveranno complici nei loro simili per nascondere che hanno diffuso per anni e decenni una visione distorta dei rapporti internazionali.
Intanto diciamo subito che ci sono gli increduli che obiettano: ma la Cina si sviluppa ancora al 7% di crescita del Pil, il più alto nel mondo. Altri sciocchi patentati. A parte che la Cina è stata abituata per vent’anni almeno a tassi di crescita di oltre il 10% (comunque già scesi sotto tale livello da qualche anno). Ma non è questo il problema. I dati statistici, i numeretti dietro cui ottusi economisti nascondono la loro crassa ignoranza delle più semplici questioni sociali e politiche, non sono l’esatta rappresentazione nemmeno dell’andamento economico. Basta mutare qualche metodologia nei calcoli da fare e subito cambiano anche i numeri. In ogni caso questi ultimi dicono poco. Vanno considerati certamente, ma solo se messi subito al passo con ben altre considerazioni assai più rilevanti. Lasciate agli economisti, i più rozzi tra tutti gli “scienziati” sociali, di bearsi solo di numeri e grafici e tabelle, e soprattutto formule; e delle conclusioni che da tutto ciò essi traggono con sicumera smentita in un paio d’anni o poco più (ma purtroppo oggi la memoria dei fessacchiotti che li leggono è ancora più corta, arriva si e no al mese; ma che dico, forse una settimana).
Invece farò una digressione abbastanza breve su quanto accadde più di ottant’anni fa, all’epoca della crisi dell’ottobre 1929. E’ “la crisi” per antonomasia e colpì con estrema virulenza proprio gli Stati Uniti. Il New Deal del ’33 risollevò per poco tempo l’economia e il Pil restò comunque nettamente al di sotto di quello del ’29. Ancora nel 1940, dopo un anno di seconda guerra mondiale, il Pil americano era al di sotto del livello di prima della crisi. Solo a partire dall’entrata in guerra degli Usa dopo la batosta di Pearl Harbor (“preparata” e quindi inferiore a quanto si è favoleggiato con il solito intento imbroglione dei politici, con giornalisti e storici e anche cinematografari al seguito) si ebbe un netto balzo all’insù della crescita. E tuttavia, fin da subito, fin dall’inizio, il paese così “duramente” colpito dalla crisi mostrò d’essere ormai la maggiore potenza bellica del mondo. E la forza militare non dipende solo da aerei, carri armati e quant’altro; e nemmeno solo dalla bravura dei generali. Occorre una solidità sociale e politica superiore a quella degli altri. E la nuova formazione capitalistica americana – quella dei “funzionari del capitale” – venne mostrando la sua superiorità rispetto al capitalismo “borghese”, di fatto già al crepuscolo con la prima guerra mondiale. La nuova formazione “socialista” (che tale non era se non nell’ideologia) manifestò aspetti di validità ed efficacia, ma si arenò nei quaranta e passa anni successivi.
Comunque lasciamo perdere. La crisi cinese attuale non è ancora la vera crisi che aspetta quel paese al varco. E’ il suo prodromo nei soliti “terremoti”, in quanto tremori del suolo in superficie che soltanto rivelano la presenza di profonde “frizioni tettoniche”, pronte a produrre ben altri scossoni; se non si trova il sistema di “iniettare” in quelle “profondità” del “materiale stabilizzante”. Non credo che il sistema politico cinese – ancora “galleggiante” su una struttura sociale cambiata assai velocemente e profondamente, con grande aumento dei cosiddetti “ceti medi” e avanzata di forti gruppi imprenditoriali per il momento “fedeli” (per convenienza) al Partito-Stato, ma che faranno vedere in tempi non lunghissimi i “sorci verdi” – reggerà ancora troppo a lungo. A voler essere ottimisti già nei prossimi cinque anni assisteremo a sommovimenti non indifferenti; e nel giro di dieci (sempre con ottimismo massimo) si assisterà a qualche “ribaltone”.
La dirigenza cinese ne ha qualcosa più che semplice sentore e si arrabatta non a caso con l’economia – sia nella produzione, di cui si nota il non strepitoso avanzamento tecnologico (come continuano a sostenere i superficiali di cui detto sopra) e sia nella finanza (dove sempre gli scemotti sono rimasti affascinati perché i cinesi possiedono una parte consistente del debito americano) – sintomo preciso della debolezza politica, con in profondità gli incontrollati movimenti di struttura sociale, del grande paese asiatico. L’unico paese “socialista” (finzione caduta da ormai un quarto di secolo), che ha passato un grosso sconvolgimento e adesso, almeno si spera, sia in fase di riassestamento, è la Russia. Ad essa il compito di contrastare nei prossimi anni gli Usa, le cui strategie attuali (“obamiane”) non sono un fallimento, altro leitmotiv dei superficiali. La Cina diventerà un “gigante”? Credo di sì, fra una ventina d’anni o giù di lì, se saprà rinnovare le sue strutture politiche e riassestare quelle sociali. Oggi è la Russia che deve attrezzarsi sempre meglio; altrimenti rischiamo veramente almeno un mezzo secolo statunitense.
Mi scuso per il linguaggio certo un po’ offensivo. Ma capitemi. Ho previsto con vent’anni d’anticipo – certo con la buona scuola del mio Maestro francese Bettelheim e non nei precisi tempi e modalità – l’indebolimento e fine del “campo socialista”; e la precisa funzione del gorbaciovismo in tal senso (e su questo, devo dirlo, ho contraddetto e “battuto” anche il Maestro di cui sopra). Ho previsto che la crisi del 2008 sarebbe stata non un nuovo ’29, ma qualcosa di più simile alla crisi di fine ‘800 (con anche tutte le giravolte politiche internazionali d’allora). Ho previsto, con dieci anni circa d’anticipo, che la Cina non era “così vicina” (a diventare la potenza dominante del globo). E dopo tutto questo, per l’ennesima volta, saranno quei buffoni e saltimbanchi che si fingono “critici di sistema” a vantarsi d’aver visto ciò di cui invece non avevano capito un c….. di nulla. E volete che non sia rabbioso? Beh, adesso non scaldiamoci. La Cina non è finita. Non era il futuro dominus del XXI secolo; non è diventata una Cenerentola adesso. La storia si fa via via più interessante. Siamo ad un degrado veramente sorprendente e secondo me mai visto prima, ma comunque il tutto si è messo in movimento.