LA CINA, QUESTA SOPRAVVALUTATA, di GLG
in realtà ci sono stati anche altri periodi di crescita piuttosto bassa, ma molto brevi. Forse questa volta le difficoltà economiche sono più consistenti che in passato. Come al solito ciò viene addebitato a bassi consumi. Per alzarli dovrebbero allora aumentare i salari e stipendi che rappresentano il tipico mezzo per ottenere simili risultati. Checché se ne dica, la Cina non ha in molti settori un avanzamento tecnologico tale da consentire alle imprese del sedicente socialismo di mercato di reggere un aumento dei costi salariali; per cui la misura rischierebbe di essere controproducente.
Il vero fatto è che tutti sono ammaliati dal lato economico delle difficoltà sempre maggiori cui sta andando incontro un mondo a tendenza multipolare, con crescente scoordinamento dell’altrettanto sedicente globalizzazione, pochi anni fa vista (da emeriti cretini, da me reiteratamente indicati come tali) quale apoteosi del capitalismo mondiale. Il problema di fondo è politico, sia per quanto riguarda appunto il disordine internazionale e sia, forse ancor più, per le difficoltà politiche interne cui sta andando incontro il cosiddetto gigante asiatico. Non è mai esistito il socialismo, una società soltanto sognata nel XX secolo da vaste masse, ma che si è rivelata la famosa “araba fenice”, di cui tutti hanno parlato accumulando una serie incredibile di sciocchezze e fandonie.
L’Urss e il “socialismo” europeo orientale ci sono arrivati prima; fra un po’ toccherà pure alla Cina di pagare per un sistema politico-sociale che non regge una volta giunti ad un certo grado di sviluppo. E non per l’altrettanto gigantesca balla raccontata dal liberismo occidentale, quella dello Stato che deve lasciare libero da vincoli il “virtuoso” mercato (di smithiana memoria). Il regolamento giuridico pubblico o privato conta poco in relazione al complessivo orientamento imprenditoriale, che dipende da come si configura il rapporto tra gli agenti della sfera politica e quelli della sfera economica (in particolare quella produttiva). Comunque qui il discorso si farebbe molto lungo perché sarebbe necessario affrontare un tema – fra l’altro ancora troppo poco conosciuto e mal esplorato con impostazione concettuale inadeguata – qual è quello dei motivi profondi del fallimento cui è incorsa una struttura sociale e politica indicata come socialista in modo del tutto ideologico ed errato.
L’importante, al momento, è tenere presente che si sta avvicinando il momento della resa dei conti anche per la Cina. Non è detto che avvengano crolli di tipo sovietico, ma credo si attraverseranno momenti piuttosto duri e che ridimensioneranno la considerazione che di questo paese, ancora definito socialista (per alcuni dementi addirittura comunista), hanno avuto (e in parte ancora hanno) perfino settori liberisti occidentali; per non parlare dei poveri resti di un’accozzaglia informe che ancora si pensa “comunista”. Avremo delle “belle sorprese”; non è detto subito, malgrado le difficoltà cinesi attuali. Comunque, non dovremo aspettare ancora vent’anni. Accadrà molto prima. Ed emergerà con sempre maggiore chiarezza quanto vado sostenendo da quasi un decennio: il vero antagonista degli Usa sarà ancora una volta la Russia, non la Cina. Quest’ultima subirà un ridimensionamento non indifferente; e che tuttavia, alla fin fine, preparerà un nuovo paese con struttura sociale e politica più adeguata a ripresentarsi veramente come potenza in crescita nella futura “corsa” al policentrismo conflittuale acuto, foriero di nuovi veri scontri bellici mondiali.