I GIOCHI POLITICI NON SONO QUELLO CHE APPAIONO, di GLG
Tutti, anche giornalisti in gamba e onesti (che sono pochissimi), hanno avuto negli ultimi tempi espressioni di grande stima e ammirazione per la Russia di Putin, in specie per il comportamento (“responsabile”) tenuto in Siria, dove avrebbe mostrato particolare intelligenza e prudente fermezza, vincendo nella partita (indiretta) con gli Usa di Obama e preparandosi adesso ad un ritiro parziale (perché alcune aree di influenza non verranno certo abbandonate nemmeno militarmente). Credo si stia compiendo un errore di ingenuità considerevole.
Gli Usa, già a partire dal 2011, hanno preso in considerazione la necessità di abbandonare i “vecchi pilastri” di un tempo – e di ammorbidire il loro appoggio a Israele – per attuare una politica più flessibile nei confronti dei movimenti arabi, in modo da sfruttare a fondo le contraddizioni esistenti al loro interno, in particolare tra sunniti e sciiti. Fatta questa scelta, non si sono più opposti frontalmente all’Iran (subpotenza di particolare aiuto per gli sciiti, ivi compresi gli hezbollah), ma nemmeno hanno voluto scontentare troppo la Turchia, subpotenza che si situa dall’altra parte. Per ottenere simile risultato, hanno anche alimentato movimenti detti “terroristici” (tipo Isis), soprattutto con armamenti e altre “alimentazioni” fornite tramite paesi “amici” quali Arabia Saudita e Qatar.
Ho detto più volte che l’Isis rappresenta il “Male”, poi combattuto in nome del “Bene” onde ingraziarsi il favore delle popolazioni (del tutto inconsapevoli di simili giochi); in particolare quelle europee dove circolano “fremiti euroscettici”. Faccio qui una digressione. Abbiamo saputo fin dal 2000 – notizia ripresa qualche mese fa e ancora una volta messa in sordina per cui sono certo che i “popoli” continuano a non saperne pressoché nulla – che la UE è stata messa in piedi con finanziamenti degli Stati Uniti (anche ai “padri fondatori” dell’Europa), cosicché essa è puro strumento nelle loro mani malgrado il sedicente “super Draghi” alla BCE, che è sempre stato un personaggio filo-Usa fin da quando era Direttore Generale del Tesoro (e fu uno degli artefici della vendita della statale Telecom ai privati Gnutti e Colaninno durante il governo di D’Alema, che li definì i “capitani coraggiosi”), poi passato per la Goldman Sachs (ben noto crocevia di importanti agenti delle strategie americane), poi ancora Governatore della Banca d’Italia (al posto di Fazio) e infine approdato all’attuale direzione della Banca europea. Oggi, di fronte al montante euroscetticismo, gli Stati Uniti hanno trovato un altro adepto in Varoufakis, che mette in piedi un movimento per “rifondare” l’Europa. Che fantasia, non è vero?!
Riprendiamo il discorso interrotto. Il “Male” viene allora combattuto tramite il “Bene” rappresentato da alcuni bombardamenti effettuati dagli Stati Uniti (e “alleati”, in specie i soliti francesi, sicari prediletti anche per l’abbattimento di Gheddafi) ai danni dell’Isis; misure prese con molta prudenza e del tutto di facciata, perché non si poteva certo distruggere ciò che era stato messo in piedi tramite l’interessamento dei paesi arabi “amici” già sopra nominati. A questo punto interviene la Russia; la Turchia è particolarmente irritata, ma non può fare nulla più che abbattere un aereo russo e poco altro. Non dico che ci siano stati veri colloqui tra Obama e Putin (o forse magari pure); e tuttavia la Russia cava le castagne dal fuoco agli Usa, che così non prendono troppo di petto gli “alleati” arabi (quelli sunniti). Essi sono anche obbligati a fare la voce grossa circa la cacciata di Assad in Siria, perché tale misura è prediletta dai suddetti “alleati”; mentre stipulano l’accordo sul nucleare con l’Iran, paese favorevole alla permanenza del presunto “dittatore” siriano.
Si può essere sicuri che gli Stati Uniti non avevano alcuna pretesa di un vero e proprio esautoramento completo di Assad. Dovevano essere rigidi (e anche adesso non possono farsi vedere molto concilianti) per il solito motivo di non urtare troppo i loro “alleati” (e sicari) arabi. Credo comunque che il potere del presidente siriano verrà ridotto e non sarà più quello di prima. Si formeranno, in modo coperto o scoperto non so, aree d’influenza abbastanza diverse. E tuttavia il porto di Tartus e la base aerea di Hemeimeem (zona di Latakia, degli alawiti di cui fa parte Assad) resteranno saldamente in mano russa con tacito accordo americano. Il leader siriano, in risposta all’annuncio del ritiro (parziale) russo, si è detto pronto a iniziare un nuovo processo politico, di cui si discuterà sicuramente anche a Ginevra. E si può essere quasi sicuri – salvo intralci al momento non prevedibili – circa un suo ridimensionamento di potere; aperto o mascherato, lo ribadisco.
Insomma, non sono per nulla convinto che la Russia abbia agito in completo disaccordo con gli Stati Uniti; credo ad una commedia ben recitata, anche se – lo ripeto – non è detto che si siano presi accordi verbali precisi in merito allo svolgimento delle vicende siriane. Non c’è vittoria russa e sconfitta degli Usa o almeno dell’Amministrazione Obama. Ci sono aggiustamenti che hanno impegnato la Russia e hanno sicuramente stabilito rapporti “moderati” tra le due potenze; e hanno anche costretto la Russia a iniziative che, contrariamente a quanto sembra alla luce del Sole, potrebbero averne ritardato lo sviluppo in quanto maggiore antagonista degli Stati Uniti nel tendenziale multipolarismo in atto. Secondo me, ci sarà multipolarismo e la Russia diventerà, “oggettivamente” e indipendentemente dalla volontà e scelte dei suoi dirigenti attuali, l’antagonista principale della potenza d’oltreatlantico. Tuttavia, quello che abbiamo visto negli ultimi mesi non è, lo ripeto, una sfolgorante vittoria russa e una cocente sconfitta americana. Tutto il contrario; il multipolarismo, e l’antagonismo russo, ne vengono un tantino ritardati. Credo si debbano capire un po’ meglio i giochi di politica internazionale che si stanno sviluppando.