Oracolo manuale
La maraviglia della novità è quella, che dà riputazione alle imprese ben intraprese , e ridotte a buon fine . Il giocatore a giuoco scoperto, non è di utile, né di gusto . Il non dichiararsi così subito tiene gl’animi sospesi, e massimamente dove la sublimità dell’impiego porge oggetto alla comune aspettativa. L’accorto mostra d’haver misterio in ogni sua azione, e con la medesima sua secretezza provoca la venerazione. Tal volta, ancor nel farsi intendere, egli è bene sfuggire la sovverchia chiarezza; sì come nel conversare non conviene permettere ad ogn’uno libera entrata nel gabinetto del suo interno. Il cauto silenzio è come un sacrato di franchiggia alla prudenza. La risoluzione dichiarata non fu mai stimata: anzi s’espone alla censura, e se riuscirà zara, sarà due volte infelice. Imiti dunque il proceder divino, per far stare le persone alla mira, e vigilanti.
Non fa il Nume, chi lo indora, mà chi lo adora. Il sagace ama meglio havere, chi abbia necessità di sé, che chi fu grato per grazie ricevute. Nel rubbare alla speranza è cortese: nel fidarsi della gratitudine, villano; imperocché quanto quello è ricordevole, tanto questa è dimenticaticcia. Più si causa dalla dipendenza, che dalla cortesia. Volge tosto le spalle alla fontana, chi sodisfece alla sua sete. E la melarancia spremuta cade dall’oro nel fango. Finita la dipendenza, finisce la corrispondenza, e con essa la stima. Sia dunque lezione, e primaria nella scuola della esperienza, l’andar trattenendo la dipendenza, e non del tutto sodisfarla, mantenendo sempre necessitoso di sé, eziandio il Patrone Coronato: però con tal moderazione, che giammai non s’arrivi all’eccesso del tacere, à fin che erri, ò che il danno altrui si faccia incurabile per cagione del proprio interesse.
Malizia è la vita dell’huomo contro la malizia dell’huomo. Guerreggia la sagacità con strategemmi d’intenzione. Non sa mai quello, che mostra di voler fare. Accenna ad un bianco, non per colpire, ma per abbagliare chi osserva. Getta con destrezza all’aria una voce finta, ed essequisce una realità impensata, intenta sempre mai ad ingannar l’altrui attenzione. Mette fuori una intenzione per assicurarsi dell’emulo, che osserva le sue azioni, e incontinente si volge all’opposto per vincere coll’artificio del non pensato. Però il giudizio dell’altro, che s’inoltra a secreti del cuore, la previene con istar vigilante, la spia con riflessioni, intende sempre il contrario di quello, che vuole s’intenda, e ben presto s’accorge di qualsivoglia suo finto tentativo. Lascia passar tutta la prima intenzione, e star alla posta della seconda e anco della terza. La simulazione in vedendo arrivato il suo giudizio s’assottiglia e pretende ingannare con la medesima verità. Muta giuoco, per mutar inganno e fa artificio fondando la sua astuzia sopra la più fine candidezza. Corre alla difesa, chi osserva, intendendo la emula sottigliezza, e scopre le tenebre vestite di luce, dizifra la intenzione tanto più rimpiatata, quanto in apparenza più schietta. In questa maniera l’astuzia di Pitone combatte con la candidezza de’ penetranti raggi d’Apolline.
Giova la varietà del modo d’operare, per offuscare a vista, di chi ci sta spiando, e massimamente se chi spia è l’emulo. Non sempre operi conforme alla prima intenzione, che gli noteranno la uniformità, e lo preveniranno, e così gli renderanno vani li suoi disegni, e infruttuose le sue fatiche. Agevol cosa è uccidere l’uccello mentre vola, se tiene il volo seguito, non così quello, che lo storce. Né meno sempre operi di seconda intenzione, che al secondo tiro lo intenderanno. La malizia sta alla porta come il cacciatore. Grande sottigliezza è necessaria per ischivar le sue insidie. Il prattico Giuocatore non scarta mai la figura, che l’Avversario presume, e molto meno quella, che desidera.
Ordinaria disgrazia è di tutto, che fu innanzi molto celebrato, il non arrivare dopoi all’altezza del concetto, che s’era fatto. Il vero non pote giammai eguagliar lo immaginato. Il formarsi col pensiero fine le perfezioni, è facil cosa: ma è molto difficultoso è il conseguirle. La immaginazione si marito col desio, e concepisce sempre molto più di quello, che le cose sono. Per grandi, che si siano le più eccellenti, non bastano a soddisfare al Concetto, e come lo trovano ingannato con la esorbitante aspettazione, più tosto gli danno a conoscere il suo inganno, che gli cagionino maraviglia. La speranza è grande falsificatrice della verità, corregala la prudenza, con procurare, che la fruizione sia superiore al desiderio. Alcuni principij di credito servono per risvegliar la curiosità, non per impegnare l’oggetto. Meglio riesce, quando l’effetto eccede il concetto, ed è maggiore di quello, che si credeva. Fallirà questa regola del male, poiché a lui giova la istessa essagerazione, cui con appluso fa apparir buggiarda, e per essa arriva a parere tollerabile quello, che si temette, dover essere un’estremo di malvagità.
Non nel gusto, o gran savio colui, il quale si disgustava, che le cose sue piacessero alla moltitudine! Satollamenti di comunale applauso non sodisfano a’ discreti. Alcuni sono tanti Camaleonti dell’aura popolare, i quali non ripongono il suo godimento ne’ soavissimi Zeffiri d’Apolline, solo nel vanissimo soffio del volgo. Non nell’intelletto, che non s’ha da appagare de’ miracoli, che il volgo fa, che non passano ch’a spaventar ignoranti; perché la sciocchezza comune bene spesso ammira le cose, le quali la singolare avvertenza di chi sa, riconosce di niun valore, e si ride dell’inganno, che abbarbaglia la vista di chi mira, e ammira solo la superficie, e l’oro posticcio
Baldassar Graziano (1601-1658)