La strategia della Nato

giornalismo

giornalismo

Ritagli di Giornale – 05.07.2016

Sul Sole 24 ore del 04.07.2016 Paolo Migliavacca parla del prossimo vertice biennale dei ministri della Difesa della Nato che si terrà a Varsavia l’8 e il 9 luglio. L’incontro sarà incentrato, ovviamente, sulle strategie da tenere nelle due “scacchiere” decisive: quella orientale – che ruoterebbe intorno al binomio deterrenza-dialogo, nel confronto apertosi con la Russia sulla crisi ucraina, iniziata oltre due anni or sono – e quella meridionale – incentrata sui problemi posti dal terrorismo islamico, la guerra civile siriana e la conseguente crisi migratoria, riguardo ai quali sono forti le  richieste nei confronti della  Nato perché intervenga ad assicurare stabilità. Migliavacca definisce, però, letteralmente <<aspetti forse poco “strategici”>> tutti quelli riguardanti l’area “meridionale”. Considerando soprattutto il grande rilievo, che risulta abbastanza comprensibile,  dato ai recenti attentati,  attribuiti all’Isis, dagli organi di informazione e dai vari mass media questa frase sembrerebbe di difficile lettura. Tra l’altro viene ricordato dall’autore che Italia e Turchia nutrono grande preoccupazione per le possibili estensioni delle iniziative  terroristiche in Paesi come Iraq, Egitto e Libia e per questo chiedono anche azioni tese a

<< rafforzare quelli ancora poco coinvolti (Tunisia) o indenni (Giordania), il cui sovrano, non a caso, sarà presente a Varsavia come ospite d’onore>>.

Nonostante questo sembra accertato che le preoccupazioni maggiori dell’Alleanza e le decisioni più importanti del prossimo vertice riguarderanno i rapporti con la Russia. Secondo Migliavacca sulla base degli “accordi di Minsk”, risalenti ad oltre un anno fa, diversi paesi membri proporranno, infatti, di portare avanti l’ipotesi a suo tempo ventilata della

<<creazione di uno Stato federale decentrato, un’ampia autonomia per i distretti filo-russi, che dovrebbero rinunciare alla secessione, e la ritrovata unità statuale sotto il governo di Kiev. In realtà, entrambe le parti attendono che sia il “nemico” a fare la prima mossa e ciò ha portato al mero congelamento dello status quo raggiunto sul campo e a una guerra strisciante “a bassa intensità”. Intanto gran parte dell’Europa occidentale spera che la soluzione (finora vana) del conflitto fermi le sanzioni economiche comminate alla Russia, che pesano duramente sui bilanci europei (tra 40 e 50 miliardi di euro), ma quasi nulla su quelli Usa (circa un miliardo)>>.

Gli Stati Uniti, questo lo aggiungo io, probabilmente sosterranno le richieste di parte dell’Europa centro-orientale (soprattutto la Polonia e i Paesi baltici) che

<<chiedono da tempo la creazione di basi militari permanenti sul loro territorio, in cui la Nato schieri truppe e mezzi aero-terrestri sempre più numerosi. L’Alleanza ha in parte accolto questa domanda organizzando, in base al “Readiness Action Plan” del 2014, esercitazioni militari sempre più vaste e frequenti, presenti anche forze della neutrale Svezia, l’ultima delle quali, denominata “Anaconda 16” e svoltasi poco più di un mese fa in Polonia e Lituania, con il coinvolgimento di 31mila uomini provenienti da 24 Paesi diversi (Italia compresa), è stata la più grande mai effettuata dalla Nato>>.

Come non bastasse, a dispetto dell’ Atto costitutivo dei rapporti Nato-Russia del 1997, è probabile che venga deciso di far  stazionare  un battaglione multinazionale (circa 500 uomini) dell’Alleanza, a rotazione, in ognuno dei Paesi confinanti con la Russia. La partita decisiva, poi, come osserva l’autore dell’articolo, si muove attorno al

<<nuovo sistema di difesa anti-missili a cui la Nato lavora alacremente da anni [e che] è  in pieno dispiegamento. Il 13 maggio il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha inaugurato a Desevelu, in Romania, la prima base operativa e il giorno dopo a Radzikowo, in Polonia, ha avviato i lavori per la seconda, che sarà completata entro un biennio>>.

La Russia a questo proposito, da sempre, si appella al trattato che vieta a Mosca e Washington di detenere missili nucleari a raggio intermedio e soprattutto protesta per le dichiarazioni che suonano a dir poco fasulle degli Usa

<<secondo cui il nuovo sistema serve solo a difendere Stati Uniti e alleati europei dai missili dell’Iran e della Corea del Nord. Il primo Paese, infatti, è impegnato in una fase di grande apertura all’Occidente, dopo l’accordo raggiunto un anno fa sul controllo delle sue attività nucleari civili, e non pare aver motivo e interesse per minacciare l’Europa. E prima che la Corea del Nord sia in grado di metterci nel suo mirino potrebbero passare altri venti o trent’anni>>.

L’ipotesi più gettonata è che a questo punto la Russia decida di muoversi avanzando verso ovest altri sistemi missilistici Iskander (con una portata di 500 chilometri), in grado di minacciare dall’enclave russa di Kaliningrad tutta la Polonia, i Paesi baltici e buona parte della Svezia. A questo punto la tensione tra gli Stati Uniti – che manovrano la Nato e gli alleati come un  burattinaio – e la Russia aumenterebbe fortemente e potrebbe portare ad una spinta in direzione del rafforzamento degli armamenti convenzionali e ad una radicale rimessa in discussione del trattato INF (1). Come probabile conseguenza si può ipotizzare che la situazione di stallo che sembrava si fosse instaurata in Ucraina, in questa nuova situazione, difficilmente potrebbe continuare a mantenersi.

(1)Il trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) venne siglato a Washington DC l’8 dicembre 1987 da Ronald Reagan e Michail Gorbačëv, a seguito del vertice di Reykjavík (11 ottobre 1986) tenutosi tra i due Capi di Stato di USA e URSS. Il trattato pose fine alla vicenda degli euromissili, ovvero missili nucleari a raggio intermedio installati da USA e URSS sul territorio europeo: prima, gli SS-20 sovietici e, in seguito alla cosiddetta doppia decisione della NATO del 1979, i missili americani IRBM Pershing-2 e quelli cruise da crociera BGM-109 Tomahawk. (Da Wikipedia)