L’UE come avamposto contro la Russia
Che cos’è l’Unione Europea? Un avamposto contro i russi. Oggi l’Europa non vive una vita propria ma è mero strumento degli americani, i quali vogliono impedire a competitori “orientali”, in accordo con alcuni Stati Europei che ancora non hanno abbassato del tutto la cresta, di insidiare la loro egemonia globale.
Questa funzione dell’Europa è evidentissima ai suoi confini. Gli Stati Uniti hanno fatto della cosiddetta Nuova Europa, quella sottratta all’ex impero Sovietico ed annessa alla Nato o alla stessa Ue, il bastione avanzato dei loro interessi in occidente ma anche un elemento di perturbazione degli equilibri generali all’interno del continente. Tutti i tentativi russi di ristabilire un minimo di relazioni cordiali con i satelliti della precedente epoca vanno in malora perché si mettono immediatamente di mezzo gli yankee. E Bruxelles non ha nemmeno la forza di provare qualche mediazione o compromesso per togliere a Washington l’esercizio di questo strapotere sul suo territorio.
Come scrive l’analista Sergey Rekeda, la Russia prova in tutti i modi a superare la diffidenza dei vicini ma i suoi approcci amichevoli vengono vanificati dai pregiudizi delle classi dirigenti di queste nazioni sotto controllo statunitense. La Russia promette investimenti economici? E’ occupazione economica. Vuole costruire un gasdotto? E’ dipendenza energetica. Si sforza di intavolare un dialogo politico? E’ propaganda o tentativo d’infiltrazione di agenti del Cremlino. Le medesime proposte fatte dalla Casa Bianca, a questi membri giovani e sprovveduti dell’Unione, vengono invece accolte senza alcuna discussione. Sono come i consigli che non si possono rifiutare di Don Corleone. Così è stato per il dispiegamento di uomini in armi della Nato che hanno preso il posto delle truppe sovietiche nel Baltico o tra gli ex aderenti al Patto di Varsavia. Cambiano i nemici esterni dai quali occorre farsi difendere ma l’occupazione reale è sempre dei sedicenti amici.
Al momento, Europa e Russia sono avversarie ma potrebbero presto diventare persino più ostili allorquando gli Usa decideranno di affrontare sul serio le velleità concorrenziali del Cremlino al suo dominio. Questa ostilità è, tuttavia, ingiustificata perché non sono i russi il suo problema ma gli americani. Se Bruxelles si pensasse come centro indipendente della politica mondiale (passare dall’ombrello della Nato al colbacco cosacco non rappresenta un’alternativa) troverebbe come principale ostacolo alla sue aspirazioni Washington e non Mosca. Il recupero della sovranità europea non può avvenire che a scapito di chi oggi la comprime. Non mi pare sia il Cremlino ad impedirle di sviluppare maggiore autonomia decisionale. Anzi, esso tende una mano alle Cancellerie europee al fine agevolare il multipolarismo e rompere la gabbia unipolare statunitense sul mondo. Non lo fa certo per benevolenza nei confronti dell’Europa ma per trovare un alleato che gli copra il fianco nella sua battaglia volta a ricreare una più ampia area d’influenza. Chi trova un amico indebolisce il nemico o rende più difficili le sue manovre tese a a fare altrettanto. Purtroppo, chi governa l’Europa si fa dettare la linea da oltre oceano pregiudicando le sue possibilità. La recente dottrina strategica europea lo testimonia. In quest’ultima si stabilisce che la deterrenza è l’unico modo per approcciarsi al grande vicino slavo e si assecondano le paure dei suoi confinanti che trovano ulteriori pretesti per spillare quattrini alla Comunità o invocare la sicurezza Atlantica. E’ una maniera suicida di affrontare le problematiche in corso che ci separerà da Mosca sui dossier decisivi della fase, lasciandoci alla mercé dei diktat americani.
Pagheremo severamente questa arrendevolezza perché le dinamiche in atto continueranno a produrre effetti destabilizzanti a livello geopolitico, anche in opposizione ai nostri sforzi di ritrovare la stabilità, in un panorama internazionale consuetudinario. I processi storici stanno ineluttabilmente cambiando il quadro delle relazioni globali, mettendo in gioco la sopravvivenza di intere zone geografiche. Gli europei sembrano ignorarlo ed hanno ancora la testa rivolta all’indietro, convinti che il loro ruolo possa preservarsi inalterato. Sono l’emblema di una conservazione ormai impossibile. Però il passato non torna anche se, evidentemente, “frastorna”.