LA TERZA GUERRA MONDIALE. SUI GIORNALI.
L’agente Drago 6 del Corriere, con licenza di far ridere, ha gettato nel ridicolo se stesso ed il giornale per cui scrive. Aver paventato la III Guerra mondiale, perché in Russia si accumulano scorte di grano e si scavano bunker anti-atomici (notizia tutta da verificare), non segnala il conflitto imminente ma semmai l’isteria collettiva che, ad est come ad ovest, si va diffondendo per il crescere degli attriti internazionali. Purtroppo, la comprensione del processo storico è una fatica intellettuale che molti commentatori evitano, o perché sono giornalisti, quindi per definizione somari, o perché lavorano coscientemente per diffondere una certa propaganda catastrofista, adatta a nascondere meglio determinate manovre politiche. C’è da dire che tanti filorussi o amici di Mosca non si sottraggono alle stesse stupidaggini e blaterano di apocalisse alle porte, mettendosi al medesimo livello dei russofobi. Mi viene il dubbio che costoro fingano simpatie per la Russia ma, in realtà, lavorino mascheratamente per i suoi nemici. Tante volte abbiamo cercato di spiegare che siamo in una fase di squilibrio geopolitico, molto simile a quella che iniziò a metà ottocento circa. All’epoca si trattava del declino inglese mentre si andavano affermando nuove potenze concorrenti, in primis gli Usa che uscivano, dopo il conflitto civile del 1861-65, con le idee più chiare sul loro futuro. Nel 1871 la Germania raggiunge l’unificazione e si candida a diventare potenza regionale europea. Sono anche gli anni della seconda rivoluzione industriale in settori che diventeranno presto fondamentali, dai trasporti su rotaia alla chimica. Nonostante ciò, a partire dal 1873, inizia una lunga fase di stagnazione economica che durerà almeno fino alla fine del secolo e si ripresenterà con più vigore dopo la I GM (il famigerato ’29). Eppure, la tecnologia e le sue applicazioni tecniche nei processi produttivi, in questo periodo, faranno ancora passi da gigante. Comunicazioni, motore a scoppio, miglior sfruttamento delle fonti energetiche accendono il faro su sorti magnifiche e progressive per la civiltà. Ma l’economia traballa, per fattori ad essa esogeni. Come scrive G. La Grassa: “Tra fine ottocento e prima guerra mondiale si profila una superiorità statunitense, ma in embrione e ben lungi dall’essersi consolidata. Come in tutti i periodi di intenso sviluppo produttivo, si verifica la crescita più che proporzionale degli apparati finanziari, con credito facile ai nuovi settori dove si guadagnano enormi profitti. Si creano allora le cosiddette “bolle finanziarie” che poi esplodono; e ciò avvenne appunto nel 1907. L’epicentro, come detto, fu negli Usa, ma la prima stretta creditizia di fronte all’eccesso di esposizione delle banche partì dalla Banca d’Inghilterra, con riflessi sul sistema finanziario inglese che si adeguò e mise così in difficoltà i flussi diretti negli Usa; e fu appunto dalla Borsa di New York che prese avvio il crack. Fin qui siamo tuttavia al “terremoto”, ma per il momento non approfondiamo il problema. Interessa rilevare che dopo il 1907 la ripresa fu sostanzialmente stentata e si basò soprattutto sul riarmo delle diverse potenze”. Dunque, se si rileva la crisi, se cresce l’instabilità, se i pilastri della diplomazia vacillano, se aumentano le diatribe tra paesi, è perché si va aprendo un vuoto di potenza nel quale molti attori cercano d’insinuarsi, per occupare posizioni migliori rispetto al passato. Rammentiamo che il lungo percorso di spodestamento di Londra, che perderà la sua centralità nel contesto globale, si concluderà solo dopo il 45, con la sconfitta dei player europei nel confronto bellico (anche di quelli che canteranno vittoria) e l’emersione di un bipolarismo imperfetto ma relativamente stabile tra Usa e URSS.
Mutatis mutandis, possiamo dire che siamo all’imbocco di un’altra transizione multipolare (fase in cui si livelleranno i gap d’influenza tra le aree geografiche) la quale sfocerà poi in acceso policentrismo (epoca di un vero regolamento di conti tra potenze che farà risaltare, infine, una nuova nazione predominante) con la possibilità di guerre che non è detto siano mondiali come quelle già viste. Soffriremo e moriremo molto ma per ora c’è tempo. Preoccupiamoci piuttosto di contribuire a far uscire l’Italia da un’alleanza con gli Usa che la sta devastando nella sua sovranità e nel suo benessere sociale. Diamo insomma un calcio in culo a chi la pensa come l’agente Drago 6 e non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.