LIBERALI SEMPRE PIU’ SCIOCCHI
Ricorrono i giorni della rivolta ungherese del ’56 e gli sciocchi anticomunisti liberali fanno a gara, sui quotidiani, a bersagliare il morto e sepolto comunismo sovietico. Un obiettivo facile facile anche per miopi (o persino ciechi) come loro. Questi pavidi necrofili le sparano più grosse dei carrarmati nelle strade di Budapest o di Praga, con ciò credendosi dei fini intellettuali. Il solito coraggio dell’avvoltoio che vola sulla carcassa putrefatta nutrendosi di scarti. Costoro sono dei rimbambiti che non meritano nessuna considerazione se non quella della loro stessa stampa nemmeno buona per il water. Sostituire la valutazione storica con l’indignazione moralistica è l’asso nella manica dei bari che imbrogliano le carte per truccare la partita. Ma qui si tratta di Storia non di gioco da tavola. Gli argomenti di questi bluffatori sono ben noti. Carlo Lottieri su il Giornale: “Se il nazismo è ovunque condannato senza «se» e senza «ma», ben pochi esprimono la medesima riprovazione nei riguardi del socialismo: che pure ha causato un numero di morti innocenti perfino superiore”.
La consueta unilaterale contabilità dei morti che non tiene conto dei delitti liberali, delle stragi del capitalismo e delle sottomissioni colonialistiche avvenute in nome dei merca(n)ti (occidentali); genocidi che per efferatezza, nonché numerosità di episodi sanguinosi e cadaveri sparsi al suolo sono davanti a nazismo e comunismo, di molti secoli e di interi cimiteri.
Oppure, sulla stessa scia di Lottieri, lo storico Giampietro Berti, sempre su Il Giornale: “L’esistenza storica dell’Unione Sovietica deriva, indubitabilmente, dalla giustezza della concezione marxista, con la logica conseguenza che marxismo, comunismo e stalinismo vanno visti come entità intercambiabili, essendo la stessa cosa. Stalin rimanda a Lenin e Lenin rimanda a Marx, per cui, per converso, il marxismo giustifica il leninismo, il leninismo giustifica lo stalinismo. Tutti i veri comunisti non possono che essere stalinisti”.
Una logica del piffero che semmai evidenzia dell’intercambiabilità tra la testa di sotto e quella di sopra di chi scrive simili amenità. Attribuire a Marx le “colpe” dell’Urss, attraverso una catena di rimandi arbitrari, è un pensiero infantile non degno di un accademico. Poveri i nostri giovani che si ritrovano alla cattedra gente che dovrebbe stare dietro alla lavagna. Con un po’ di onestà intellettuale si dovrebbe ammettere che Marx, ovvero la sua scienza, non c’entra proprio nulla con quanto verificatosi in Unione Sovietica, benché i leader sovietici fossero convinti d’ispirarsi a lui. Ma l’ideologizzazione delle teorie del barbuto di Treviri ha portato, semmai, alla revisione e al travisamento della lettera marxiana non alla sua applicazione. Ciò si è verificato per esigenze strategiche e pratiche di un blocco (geo)politico che però, ad un determinato punto, avrebbe dovuto fare i conti con le sue antinomie, divincolandosi da un apparato di principi che non poteva più contenere i suoi reali scopi epocali. Non è successo ed è stato il collasso.
Quella formazione sociale ha avuto il merito di essersi contrapposta per decenni al dominio del polo americano (le cui “bellezze” umanitarie e libertarie si sono viste tutte dopo la caduta dell’acerrimo nemico) assicurando al mondo una certa stabilità e “pace”. Ma il modello di rapporti sociali sovietico (nulla a che fare col comunismo di Marx, ugualmente irrealizzabile) non ha retto alle sue contraddizioni – alla scarsa dinamicità della sua economia e alla rigidità delle sue strutture istituzionali e collettive – ed è crollato tristemente su se stesso, percorrendo una lunga fase di stagnazione, già dagli anni ’50. Ovviamente, il benessere dei cittadini dell’Urss coincideva, più che altro, con la mera sussistenza, ma quasi nessuno faceva la fame e tutti avevano un tetto dove riparare. Era una vita grigia ma non miserabile. Comunque, troppo poco rispetto al regno dell’abbondanza e della massima espressione dell’individualità che il comunismo aveva promesso. Dunque, la gente che anelava all’innalzamento del tenore di vita ed un futuro migliore, per se ed i propri figli, aveva tutto il diritto di pretendere riforme dalla sua classe dirigente. Le riforme, però, non potevano concretizzarsi a scapito della tenuta del sistema politico che avrebbe provocato più gravi tragedie, come quelle cui abbiamo assistito dopo l’89 e il ’91-’92. La politicizzazione estrema della rivolta ungherese e di quella cecoslovacca (avvenuta 12 anni dopo) aveva dietro potenze estere il cui intento era quello, non di abbracciare con i decantati valori di democrazia e di libertà quei poveri popoli, ma di eliminare un concorrente che sbarrava il passo al predominio atlantico (a trazione statunitense) del globo. I drammatici eventi successivi all’implosione del sistema socialistico confermarono ogni precedente sospetto funesto.
I sovietici, con la rivoluzione e la vittoria nella II GM, riuscirono lì dove i nazifascisti avevano fallito. Infatti, nazismo e fascismo non furono reazioni spontanee all’avanzata del bolscevismo, a prescindere dalla loro stessa propaganda di autoconvincimento e di quanto sostenuto dalla pigra storiografia sul tema, ma rappresentarono l’ultimo tentativo delle borghesie europee di non farsi assorbire dal modello capitalistico statunitense. Non a caso, sarà il capitalismo borghese ad estinguersi con l’affermazione del neocapitalismo dei funzionari (privati) del capitale, di matrice americana. Quella tra stati socialisti e nazifascisti sarebbe stata l’alleanza più naturale per respingere gli Usa e cacciarli fuori dal Vecchio Continente (poi questi paesi europei se la sarebbero disputata, anche violentemente, tra loro). Forse, l’unico a capirlo fu proprio Stalin il quale fino all’ultimo non volle credere all’aggressione del Führer (del suo “amico” Hitler) alla Russia.
Perciò è intollerabile quello che ancora affermano, così grossolanamente, i depensatori, più o meno liberali, che affollano media ed editoria. C’è veramente da augurarsi che altri Stalin ed altri Hitler tornino a bastonarli per farli tacere definitivamente. Ma potrebbe non essere sufficiente, i nostri sono tempi che reclamano una spietatezza che nemmeno nazisti e comunisti messi insieme….